La ragazza




che giocava a scacchi ad Auschwitz


Recensione di Patrizia Vigiani


Autore: Gabriella Saab

Traduzione: Paola Vitale

Editore: Newton Compton

Genere: narrativa storica

Pagine: 472

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Maria fa parte della resistenza clandestina polacca nella Varsavia occupata dai nazisti. Per questo motivo, una volta scoperta, viene arrestata dalla Gestapo e deportata ad Auschwitz come prigioniera politica, mentre la sua famiglia viene giustiziata. Il destino di Maria sembrerebbe segnato, ma quando lo spietato vicecomandante del campo, Karl Fritzsch, viene a sapere del suo straordinario talento negli scacchi, decide di intrattenere i soldati del campo sfidandola a un estenuante e sadico torneo. E la posta in palio è la sua vita. Così, una mossa dopo l’altra, mentre gioca per salvarsi la vita, nonostante la mente sia affollata da pensieri di morte, rabbia e terrore, la ragazza comincia ad architettare un piano per vendicarsi del suo aguzzino. E proprio come in una complessa partita a scacchi, deve fare affidamento su sangue freddo e capacità di prevedere le reazioni dell’avversario, se vorrà riuscire a dare scacco matto all’uomo che ha sterminato la sua famiglia.

Recensione

L’incipit di questo romanzo è l’apertura di una partita a scacchi. Ma la voce narrante, una prima persona femminile, ci rivela subito che la scena non si svolge in un luogo qualsiasi. I contendenti si sono dati appuntamento nel posto in cui si sono conosciuti: il campo di sterminio di Auschwitz, ormai abbandonato dai nazisti. Ad una data in cui lei non è più la prigioniera, lui non è più il suo crudele aguzzino. La guerra è finita.

Non sappiamo quale sia la posta in gioco della partita. Sappiamo soltanto che la protagonista esegue le proprie mosse tenendo l’altra mano su una pistola.

Inizia quindi il primo dei flashback che costituiscono il montaggio parallelo della storia: a ciascuna mossa sulla scacchiera si alterna la narrazione dei quattro anni di prigionia della protagonista.

Con una messa in scena vivida, in grado di trasportare il lettore nei luoghi dell’accaduto, la voce narrante ci riporta dapprima ai giorni in cui Maria Florkowska conduce un’esistenza felice a Varsavia, nel bell’appartamento di una famiglia istruita, dove ha imparato a giocare a scacchi. Ma la madre fa parte della resistenza polacca e anche Maria, benché appena adolescente, si occupa di recapitare documenti clandestini. Dopo un’operazione andata male tutta la famiglia viene costretta a salire su un treno della morte, per fare la fine a cui sono destinati non soltanto gli ebrei, ma anche gli oppositori politici.

Appena arrivata ad Auschwitz, Maria viene separata dalla famiglia. Un ufficiale delle SS di nome Fritzsch si è accorto che la ragazza sa giocare a scacchi e, invece di mandarla a morte, la adibisce al proprio divertimento, sfidandola a una partita ogni giorno.
Segue il racconto di come Maria riesca, attraverso varie vicissitudini, a sopravvivere al lager: un racconto pieno di eventi raccapriccianti, ma anche rischiarato dall’amicizia che la lega prima a padre Kolbe, un religioso che finirà come martire, poi a Hania, prigioniera ebrea piena di risorse, e infine a Irena, coraggiosa infiltrata della resistenza.

Nonostante l’ambientazione, questo non è un romanzo storico sugli orrori del nazismo o sulla resistenza polacca. È piuttosto la storia di una resilienza tutta femminile.

Lo stile è introspettivo, le vicende sono narrate dal punto di vista limitato di Maria. Un punto di vista che si spinge soltanto fino al confine di poche baracche e per esempio non riesce mai a vedere il settore in cui i prigionieri vengono portati alle camere a gas. Nella postfazione l’autrice spiega di avere volutamente privilegiato la focalizzazione interna sulla protagonista, a scapito della realtà storica.
Ciò ha il pregio di fare emergere la voce della protagonista in modo potente. È una voce tenace e definita, in grado di avvicinare anche un lettore contemporaneo a vicende da cui lo separano almeno due generazioni. Maria Florkowska ci è subito simpatica, anche perché all’inizio è quasi una bambina e la accompagniamo passo passo attraverso le fasi della sua maturazione, della sua trasformazione in eroina.

Gli eroi di questa storia sono declinati al femminile. Sono le donne, che alla fine si manifesteranno come madri, a portare in sé il germe della sopravvivenza. In questo tema si nasconde anche l’ispirazione religiosa evocata dal personaggio di padre Kolbe e dal simbolo onnipresente del rosario, che Maria stringe fra le mani ogni volta che gli eventi stanno per precipitare. Un’ispirazione religiosa che l’autrice confessa nella postfazione.

La narrazione è avvincente, in primo luogo perché si sviluppa su due piani temporali: il racconto dei quattro anni passati nel lager è intercalato a capitoli in cui la protagonista gioca l’ultima partita a scacchi con l’aguzzino Fritzsch. La narrazione del passato di Maria e delle sue amiche al campo di sterminio si arresta sul più bello, per passare al presente dell’ultima partita a scacchi, che a sua volta si interrompe ogni volta prima della mossa decisiva.

Ciò che inoltre ci tiene incollati alle pagine è la capacità dell’autrice di trasportare il lettore nella testa della protagonista: la narratrice si denuda dei suoi pensieri, dei suoi ricordi, delle sue emozioni, fino a destare nel lettore un’empatia irresistibile.

L’esito della storia è scandito, come in un conto alla rovescia, dalle date preposte a ciascun capitolo: un lettore non digiuno di storia saprà quanto manca al momento della liberazione. Eppure la sopravvivenza della protagonista non è scontata: appena si accende un barlume di speranza, ecco presentarsi l’ennesimo ostacolo insormontabile. Fino alla fine non sappiamo con quali menomazioni fisiche o psichiche Maria rimarrà viva, e se la morte sarà risparmiata anche alle sue amiche.

In definitiva una lettura coinvolgente, in compagnia di un’eroina per la quale le lettrici e i lettori proveranno compassione, ma faranno anche il tifo, affinché infligga il giusto scacco matto all’avversario.

A cura di Patrizia Vigiani

http://www.club-der-progressiven.de/

 

Gabriella Saab


Gabriella Saab si è laureata in Marketing alla Mississippi State University e vive in Alabama nella sua città natale, Mobile. La ragazza che giocava a scacchi ad Auschwitz è il suo primo romanzo, e per documentarsi sull’ambientazione ha viaggiato a lungo a Varsavia e nei luoghi intorno al campo di concentramento nazista più tristemente noto. Grazie al suo lavoro di ricerca e alle preziose testimonianze recuperate, è riuscita a dar vita a una storia straordinaria, commovente e dolorosa.

 

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