La ricamatrice di Winchester




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Tracy Chevalier

Editore: Neri Pozza

Traduzione: Massimo Ortelio

Pagine: 288

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Winchester, 1932. A trentotto anni Violet Speedwell sembra ormai inesorabilmente destinata a un’esistenza da zitella. La Grande Guerra ha preteso il suo tributo: il suo fidanzato, Laurence, è caduto a Passchendaele insieme a migliaia di altri soldati, e ora le «donne in eccedenza» come lei, donne rimaste nubili e con scarse probabilità di convolare a nozze, sono ritenute una minaccia, se non una vera e propria tragedia per una società basata sul matrimonio. Dopo essersi lasciata alle spalle la casa di famiglia di Southampton, e le lamentele della sua soffocante madre, ferma all’idea che dovere di una figlia non sposata sia quello di servire e riverire i genitori, Violet è più che mai intenzionata a vivere contando sulle proprie forze. A Winchester riesce in breve tempo a trovare lavoro come dattilografa per una compagnia di assicurazione, e ad aver accesso a un’istituzione rinomata in città: l’associazione delle ricamatrici della cattedrale. Fondata dalla signorina Louisa Pesel e diretta con pugno di ferro dall’implacabile signora Biggins, l’associazione, ispirata a una gilda medievale, si richiama a un’antica tradizione: il ricamo di cuscini per i fedeli, vere e proprie opere d’arte destinate a durare nei secoli. Sebbene la Grande Guerra abbia mostrato a Violet come ogni cosa sia effimera, l’idea di creare con le proprie mani qualcosa che sopravviva allo scorrere del tempo rappresenta, per lei, una tentazione irresistibile. Mentre impara la difficile arte del ricamo, Violet stringe amicizia con l’esuberante Gilda, i capelli tagliati alla maschietta, la parlantina svelta e un segreto ben celato dietro i modi affabili, e fa la conoscenza di Arthur, il campanaro dagli occhi azzurri e luminosi come schegge di vetro. Due incontri capaci di risvegliare in lei la consapevolezza che ogni destino può essere sovvertito se si ha il coraggio di sfidare i pregiudizi del tempo. Due incontri che insegnano anche che basta a volte un solo filo per cambiare l’intera trama di una vita. A vent’anni dalla pubblicazione de La ragazza con l’orecchino di perla, Tracy Chevalier torna con un impeccabile romanzo, capace di evocare meravigliosamente l’atmosfera dell’Inghilterra degli anni Trenta e di offrire al lettore una storia senza tempo che «renderebbe orgogliosa Jane Austen» (USA Today).

Recensione. “A volte basta un filo a cambiare la trama.”

Un solo filo – talvolta un unico, singolo punto – è sufficiente per dare un nuovo senso a un intero arazzo o, al contrario, a ingarbugliare l’ordito senza possibilità di ritorno.

Violet Speedwell, trentotto anni, un amore perduto e un destino già (forse) segnato, lo sa: la Grande Guerra ne ha recisi tanti, di fili, implacabile come Atropo, una Parca figlia unica di una ferocia mai vista prima; e una fibra tagliata innesca reazioni a catena, falciando sogni e speranze, ridisegnando la tela con i colori più cupi.

Con energia pari e opposta, tuttavia, se si taglia il cordone ombelicale divenuto più simile a un cappio, è possibile tenere saldamente tra le dita l’ago della propria vita, scegliere un altro filo, più sgargiante, da infilare nella cruna e sperimentare una modalità di cucito inedita, che permetta di correre senza impedimenti sulla stoffa che si dipana davanti e di lasciare un segno vivace e ostinato.

A Winchester Violet vive di stenti ed espedienti, deperisce nel corpo – non è facile permettersi qualcosa di più di pane e pasta d’acciughe con uno stipendio da dattilografa! – ma inizia a sbocciare dentro, perde peso e pesi, le zavorre dei preconcetti di un’epoca tragica e di transizione, si muove leggera, cammina osservando ciò che la circonda con occhi più consapevoli – si sé e del mondo – e lungimiranti.

Al suo filo se ne intrecciano altri: una storia e tante storie calate nella Storia – quella che odora ancora di trincea e già puzza di camere a gas del Novecento – che si allacciano in un’unica trama. E sono proprio i nodi a dare spessore, a stringere Violet in un abbraccio e a mostrarle orizzonti più ampi e possibilità inaspettate.

quando qualcosa ci turba non c’è niente di più rilassante che prendere ago e filo”

dichiara LouisaPesel, fondatrice, realmente esistita, dell’associazione delle ricamatrici della cattedrale di Winchester: è non è forse quello che, in fondo, facciamo tutti? Cimentarsi in un’impresa – si tratti di imparare il punto occhiello, provare una ricetta di alta cucina, realizzare un quadro, un romanzo, aprirsi a un sentimento ed esplorarlo completamente – può essere destabilizzante, sovversivo, perfino scandaloso… ma quanto si distendono i sensi e lo spirito e la carne, quando finalmente diamo spazio a ciò che amiamo e ci fa star bene, infischiandocene delle etichette e degli sguardi?

Ne La ricamatrice di Winchester si sono appena spenti i fuochi della Prima Guerra Mondiale, le ferite pulsano ancora e già si avvertono i venti di un nuovo, terribile conflitto: cosa ne sarà di Violet, di Gilda, di Dorothy, di Arthur, delle matasse blu e delle campiture giallo senape?

Non possiamo e non dobbiamo saperlo: anche se talvolta fa male, i personaggi, i luoghi in cui si muovono, gli oggetti che sfiorano e le vicissitudini che attraversano vanno lasciati andare, vanno lasciati vivere. Liberi, lontani da noi lettori, eppure vicini al cuore e ai pensieri come il suono delle campane, che non si protrae nel tempo, ma persiste nella memoria.

Tracy Chevalier, ancora una volta, impugna i “ferri” del mestiere e li usa con maestria, cucendo un romanzo con punti minuti, precisi, ricamando frasi e immagini setose e resistenti, destinate a durare come e più dei cuscini da preghiera. Prendendo in prestito le parole del Wall Street Journal, “non sbaglia un colpo” (come Neri Pozza, del resto), ma nemmeno perde… il filo. E noi non possiamo che goderci lo spettacolo.

A cura di Francesca Mogavero

Tracy Chevalier


Tracy Chevalier è nata a Washington nel 1962. Nel 1984 si è trasferita in Inghilterra, dove ha lavorato a lungo come editor. Il suo primo romanzo è La Vergine azzurra (Neri Pozza, 2004, BEAT 2011, 2015). Con La ragazza con l’orecchino di perla (Neri Pozza, 2000, 2013) ha ottenuto, nei numerosi paesi in cui il libro è apparso, un grandissimo successo di pubblico e di critica. Bestseller internazionali sono stati anche i suoi romanzi successivi: Quando cadono gli angeli (Neri Pozza, 2002, BEAT 2012), La dama e l’unicorno (Neri Pozza, 2003, BEAT, 2014), L’innocenza (Neri Pozza, 2007, 2015), Strane creature(Neri Pozza, 2009, 2014) e L’ultima fuggitiva (Neri Pozza, 2013, 2014).

 

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