La traccia del pescatore




Recensione di Matteo Maggio


Autore: Roberta Castelli

Editore: Golem Edizioni

Collana: Le vespe

Genere: Giallo

Pagine: 200

Anno di pubblicazione: 2020

 

 

 

 

 

Sinossi. Lo splendido e immaginario paese di Lachea fa da sfondo alle avventure del commissario Vanedda, un uomo controcorrente che ha deciso di sfidare pregiudizi e diffidenze e fare il poliziotto in Sicilia, nonostante la sua omosessualità. In questa prima indagine si trova a confrontarsi con un omicidio e con la quasi contemporanea scomparsa di una giovane ragazza. Tra intrighi, misteri e reticenze avrà modo di mostrare tutto il proprio intuito e le proprie capacità all’interno di un commissariato corale e vitale, ricco di personaggi che presto entreranno nel cuore del lettore.

 

Recensione

La tradizione italiana, quanto la amiamo. Nelle sue sfumature più marcate: cibo, luoghi d’interesse, usanze, ecc ecc. A questa categoria, che potrebbe andare avanti con tante altre cose, non è da meno il dialetto locale. Una cosa che personalmente adoro e che spesso e volentieri mi fa strappare qualche sorriso. Ne “La traccia del pescatore” di tradizione se ne percepisce davvero tanta, il tutto impreziosito dai numerosi termini siciliani che Roberta Castelli ci sciorina con assoluta maestrìa e con un tempismo tale da non stancare il lettore.

Il commissario Angelo Vanedda debutta in questo primo romanzo dal sapore mediterraneo, di quella Sicilia terra dalle mille sfacettature ma che in alcuni casi è ancora poco incline ad alcuni aspetti della vita. Già, perché l’irascibile commissario è un omosessuale dichiarato, cosa che nella cittadina immaginaria di Lachea, è ancora accolta con scetticismo e reticenza.

Non lo aiuta di certo il suo compagno e convivente Gerlando che invece vorrebbe scappare dalla vita di paese per iniziarne una nuova altrove, in una grande città, lontano da quelle malelingue e quegli sguardi spesso pregni di indifferenza e cattiveria. Un Gerlando che giocherà un brutto scherzo a Vanedda proprio nel bel mezzo del racconto.

La Castelli imbastisce un ottimo racconto, molto fluido ed a tratti divertente dove una serie di protagonisti quanto meno bizzarri dà vita ad un giallo appassionante dove non si vede l’ora di scoprire il colpevole. Ed il mistero si infittisce sin da subito dato che parallelamente ad un omicidio scompare nel nulla uno dei protagonisti.

Toccherà quindi al commissario Vanedda ed al suo gruppo di colleghi fuori dal comune sbrogliare la matassa. Il suo personaggio viene caratterizzato ottimamente dalla Castelli senza mai uscire dalla vicenda e quindi, sin da questo primo racconto, abbiamo già un’idea molto chiara del protagonista.

Non viene risparmiata neanche qualche parolaccia che il commissario non esita a rivolgere ai suoi fedeli colleghi nonché alla povera Cammela, l’infaticabile donna delle pulizie del commissariato.

Molto apprezzato anche l’uso di un luogo immaginario (anche se si comprende di essere alle pendici dell’Etna e quindi nella provincia di Catania) che può dar spazio alla fantasia della Castelli per i futuri racconti senza essere particolarmente legata a nomi, luoghi e monumenti.

Ottimo davvero il debutto del commissario Vanedda e, se come si suol dire l’appetito vien mangiando, in futuro (si spera) ci sarà da fare una bella banchettata con i racconti della scrittrice siciliana.

 

 

 

Roberta Castelli


nasce nel 1978 in provincia di Torino ma cresce in Sicilia, una terra che ama profondamente. La scrittura è la sua grande passione da sempre e nel 2019, dopo una lunga esperienza come blogger, scrive due racconti che le fanno vincere una menzione speciale e una pubblicazione. Il suo racconto “La macchia rossa”, con protagonista il commissario Vanedda, fa parte dell’antologia Il tallone di Achille (Golem Edizioni). La traccia del pescatore è il suo primo romanzo.

 

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