La traversata notturna




 LA TRAVERSATA

NOTTURNA

di Andrea Canobbio

La nave di Teseo 2023

Narrativa , pag. 528

Sinossi. Mosso dal desiderio di liberarsi dei ricordi che non smettono di tormentarlo, il narratore di questo libro decide di compiere un viaggio nella sua città, trasformata per l’occasione in un grande teatro della memoria. E come in ogni avventura che si rispetti, si dota delle armi magiche necessarie all’impresa: una mappa quadrata di ottantuno caselle, una raccolta di lettere d’amore e alcune vecchie agende fitte di appunti. La città è Torino, la storia è quella di una coppia italiana del dopoguerra, del loro innamorarsi, sposarsi e vivere prima felici e contenti, e poi infelici e scontenti. S’incontrano nel 1943: lui, ufficiale del Genio e futuro ingegnere, è appena tornato dalla Russia; lei ama la musica e la poesia. Si sposano nel 1946, mettono su famiglia. Gli anni della ricostruzione diventano presto gli anni del miracolo economico, che diventano presto gli anni della contestazione e della crisi. L’ingegnere, soccombendo alla melanconia, scava un tunnel personale dove rimane intrappolato, intrappolando anche la moglie e i figli. Disseminati i frammenti del tempo nello spazio della città, il narratore indaga i motivi misteriosi della depressione del padre. Alla fine, però, nessuna ragione gli sembra sufficiente a spiegare trent’anni di tristezza irrimediabile. Capisce che sono proprio i ricordi più dolorosi quelli che gli permettono di non interrompere il dialogo con i genitori – che, dopotutto, non vuole far scomparire dalla propria vita. In questa Traversata, il lettore sceglierà se indugiare nei luoghi del romanzo familiare o avventurarsi su sentieri più imprevedibili e nascosti. Qui incontrerà case stregate, martiri e reliquie, monumenti equestri, bilance svizzere, papiri egizi, antropologi e architetti; e poi cavalli bianchi, volpi pallide, pesci siluro e molti altri animali. Ma giunto alle ultime pagine riconoscerà le voci che risuonano nitide tra le righe: quelle di chi se ne è andato e offre un’ultima occasione di incontro a chi è rimasto.


La traversata notturna

A cura di Giulia Manna


 Recensione di Giulia Manna

La traversata notturna è un viaggio nella mente e nei ricordi dell’autoreche con la stessa potenza di un fiume in piena ripercorre la storia della sua famiglia. Allo stesso tempo è anche una perlustrazione paziente e mirata coadiuvata da mille pensieri, parti di lettere che i suoi genitori si scambiarono durante la seconda guerra mondiale, foto, profonda conoscenza di Torino,  luogo in cui buona parte di questo racconto si svolge e di un’ottima istruzione dell’autore che riesce ad inserire citazioni e racconti nel punto giusto della narrazione rendendo speciale quella che alla fine non è altro che la ricerca di se stessi.

Da una prima lettura della trama potrebbe sembrare una storia personale e di alcun interesse per il pubblico. Sicuramente non è la storia di un’infanzia comune. I genitori erano due persone per bene come lui stesso li definisce. Si amarono molto, ebbero la prima figlia e solo dopo diversi anni arrivarono anche la sorella minore e infine Andrea-delle-nuvole, lo stesso autore. Quando ancora Andrea era un bambino, il padre cadde in depressione senza averne un reale motivo agli occhi della famiglia, o meglio ancora, come lo definì sua madre, cadde in uno stato di melanconia. Sentite che bella parola che usa e quanto è adatta al tema? Melanconia. Non cela l’asprezza, ma fa la differenza. 

Andrea Canobbio non riesce a tenere a freno i suoi pensieri e questo è semplicemente stupendo. 

Funziona così questo venire in mente delle cose che giungono senza essere invitate, “quando vogliono loro” come diceva il filosofo Nietzsche citando Rosseau. I pensieri vanno e vengono, indifferenti alle nostre attenzioni, attaccati l’uno all’altro come anelli di una catena che quasi mai si spezza, ma talvolta può allungarsi…”.

La loro irrefrenabile corsa trasmette al lettore un autentico senso liberatorio, permettendo a questo libro di scavalcare il confine della storia famigliare personale. Un’impresa che lo rende ai miei occhi un piccolo capolavoro.

Non c’è nulla che cambierei di questo libro. Sicuramente non è una lettura adatta a tutti. Il linguaggio è curatissimo e di una bellezza pura. Ogni parola è al punto giusto ed ha il giusto significato. 

Impossibile non ammirare la madre di Andrea Canobbio, punto di forza della famiglia.

“Mia madre non era autoritaria e non era soffocante, non era nemmeno particolarmente severa, non ne aveva bisogno”. E poi ancora: “il suo occhio onnisciente puntato su di noi, tanto intenso quanto assente era quello di nostro padre”.

Una donna da ammirare. Si ritrova a crescere tre figli ed un marito. 

Che altro dire? 

La traversata notturna è uno dei 12 finalisti del Premio Strega 2023. 

Buona lettura.

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INTERVISTA

Buongiorno Andrea e grazie per la disponibilità 

Qualche anno fa, in un testo intitolato “Presentimentohai scritto una frase lapidaria che per te è la madre di tutte le frasi lapidarie, come poi spieghi, perché è bugiarda: Non intendo raccontare la storia della mia famiglia. Poi aggiungi: Da quel giorno divenne unossessione. Ed eccoci qua a parlare di “La traversata notturna”. Sinceramente, mi ha fatto sorridere parecchio. 

Sì, quando dico che la scrittura è un sintomo, prima di essere un’intenzione o un progetto, intendo proprio questo. Sapevo confusamente che in quel groviglio di storie familiari passavano tutti i fili delle storie che raccontavo, ma avevo paura ad affrontarle direttamente, avevo paura di sciogliere i nodi, di ritrovare quei ricordi, di rientrare in quelle stanze. E quindi negavo di voler raccontare quello che morivo dalla voglia di raccontare.

Per tutta la lettura ho adorato tua madre. Come dici “mia madre non era autoritaria e non era soffocante, non era nemmeno particolarmente severa, non ne aveva bisogno”. Donna da ammirare perché forte, ma anche molto intelligente. Oserei definirla una donna brillante soprattutto quando dice: “La malattia di papà”, disse dopo una pausa, “è la melanconia”. Seppur non celi l’asprezza della situazione, credo che non ci sia nulla di più perfetto di questo termine per definire il problema di tuo padre anche davanti ai figli.

Quando ho iniziato a lavorare al libro non mi sarei mai aspettato che nel racconto affiorasse un risentimento verso mia madre, eppure era lì, nelle parole che scrivevo, nel sarcasmo e nell’ironia che ogni tanto saltavano fuori. Razionalmente mi dicevo: e cosa avrebbe dovuto fare? Come si sarebbe dovuta comportare trovandosi con un marito in quelle condizioni? Ha reagito come le avevano insegnato a reagire con le persone fragili, come se la depressione di mio padre fosse una debolezza di carattere, una mancanza di forza di volontà. Ho cercato di capire le sue ragioni, ho anche scoperto un segreto di famiglia che potrebbe spiegare questo suo atteggiamento. E comunque lei per me resta la “persona che mia ha salvato la vita”, la “persona che mi ha insegnato ad amare”, come ho sempre pensato fin da ragazzo. Ho soltanto imparato ad accettare quella sua severità un po’ stoica, che rendeva per noi figli difficile se non impossibile somigliarle e imitarla. Ho cercato di vederla un po’ meno perfetta e un po’ più umana.

E poi ancora: “il suo occhio onnisciente puntato su di noi, tanto intenso quanto assente era quello di nostro padre”. La forza di questo libro è tua madre, ma il fulcro è l’assenza di tuo padre.  Sei d’accordo? 

Assente perché il mondo per lui era solo fonte di ansia, e apparentemente non sembrava più importargli di nulla e di nessuno; ma in realtà molto presente nella vita familiare, tanto da guastarla, e rendere tutti infelici. Mio padre era malato. Per tornare alla tua domanda precedente, il termine “melanconia” è molto bello e molto letterario, ma è fuorviante. La depressione endogena non è il temperamento melanconico degli antichi, la bile nera della teoria dei quattro umori. Mia madre usava quel termine così bello e denso di storia per negare la malattia. 

Scrivere La traversata notturna come è stato? Liberatorio?  O è come il fantasma della casa della collina che lo si affronta, ma non ci si libera mai dei propri fantasmi. Al massimo li si può addomesticare?

Scrivere è insieme sintomo e farmaco di una ferita. In questo senso non ci si libera dei fantasmi. Il senso dello schema quadrato di 81 caselle con cui ho costruito il libro, la scacchiera sovrapposta alla pianta di Torino, è anche questo: una specie di schedario, di mobile pieno di cassetti e cassettini, in cui infilare i propri ricordi per liberare lo spazio intorno, almeno provvisoriamente. Mettere a soqquadro per fare ordine.

La tua è una storia molto personale. A prima vista chi s’imbatte nel tuo libro, leggendo la sola trama potrebbe erroneamente pensare: “cosa me ne frega a me dell’infanzia di Andrea Canobbio” e lasciarlo lì. Lo hai scritto, ma anche pubblicato, quindi devi aver ritenuto questo libro utile anche per noi lettori. 

Tu non sai quante volte l’ho pensato anch’io, a chi vuoi che possa importare della tua infanzia, mi dicevo. E un po’ lo penso ancora. Penso che dell’infanzia degli altri non ci importi granché, ma del modo in cui la raccontano ci può importare. Perché raccontandola in un modo piuttosto che in un altro, ci possono trasmettere un sentimento, l’esperienza di un sentire in cui ritroviamo qualcosa di nostro.

Io non lo ritengo solo utile, ma anche un piccolo capolavoro. Del resto se è uno dei finalisti dell’ambito Premio Strega 2023 vuol dire che non è piaciuto solo a me! Come dico nella mia recensione, riesci a scavalcare brillantemente quella che poteva essere una barriera, ovvero una storia famigliare personale grazie ad un mix di tante perfezioni come la tua abilità narrativa, le lettere ritrovate, le foto, l’ottima conoscenza della città di Torino, le tante citazioni e argomentazioni che tiri fuori come un fiume in piena liberando la mente e tanto altro ancora. Ecco, secondo me, tutto questo ha fatto si che io abbia sentito sulla mia pelle ogni tua singola riflessione nonostante la diversa esperienza famigliare. E tu? Quale pensi sia il punto di forza di La traversata notturna e cosa eventualmente invece non sei riuscito a trasmetterci? 

Intanto grazie per queste parole.

Non è che non voglia rispondere alla tua domanda… ma forse, anche se l’ho finito da più di un anno, sono ancora troppo dentro il libro. Solo per darti un’idea: non passa giorno che non mi venga in mente che avrei dovuto scriverlo in un modo diverso!

Da una lettera di tuo padre: “Com’è il nostro amore? Asintotico…, e poi: Amore che non potrà mai avere una sosta, unesitazione ma che sempre aumenterà, e tenderà a quel massimo non computabile che si riscontra solo fra le grandezze infinite e poi: Ho un desiderio grandissimo di riabbracciarti e di darti dei bacini”. Sono parole dolci nella loro ingenuità e semplicità. Provano una capacità di amare che ha commosso me che sono un’estranea. Deve essere stata dura leggere queste lettere, oltre che catalogarle per il libro. Un lavoraccio sotto ogni punto di vista? 

No, in realtà per me la lettura delle lettere è stata una rivelazione e un’avventura entusiasmante. Se ho iniziato a scrivere, vincendo tutte le resistenze, e se ho continuato, nonostante i tentativi di autosabotaggio, è stato perché ho letto le lettere. Io sapevo che i miei si volevano bene, nonostante la malattia di mio padre, sapevo quanto erano innamorati da giovani, ma leggere le loro parole è stato liberatorio. Mi sono riappropriato di una parte di felicità familiare che non avevo vissuto.

Oltre alle lettere, ai liberi pensieri, citazioni e tante storie, ci sono delle splendide foto dell’epoca che aiutano il lettore ad entrare nella tua famiglia. Un’ottima scelta, oserei. 

Mi piace molto lavorare con le immagini. Adesso sto scrivendo un racconto lungo partendo proprio da alcuni album di vecchie fotografie. Sto anche usando Instagram per archiviare le immagini che non ho usato nel libro, ma che mi sono servite durante la scrittura, le puoi vedere qui: @la.traversata.notturna

Curiosità, se posso chiedere, i tuoi stretti famigliari come ad esempio le tue sorelle, come hanno reagito alla pubblicazione della vostra storia di famiglia? 

Bene, anche se mi hanno detto che ricordano molte cose in modo diverso. Mi colpisce, soprattutto, che le mie sorelle ricordino molti dettagli che io non ho registrato. Vorrei capire se è successo soltanto perché ero più piccolo, o se è stata una forma di autodifesa. Comunque, anche senza quei dettagli i ricordi sono sopravvissuti in modo intenso e meticoloso.

Andrea-nelle-nuvole. Questo era il tuo soprannome. Andrea adesso com’è? E’ ancora nelle nuvole?

Invecchiando è difficile mantenere la capacità di sognare a occhi aperti. Ma la distrazione sì, essere distratto è ormai il mio modo d’essere. Chi mi conosce non si offende più se dopo un po’ che mi parla si accorge che sto pensando ad altro…

Sarebbero davvero tante le cose che vorrei approfondire, però rischierei di rivelare troppo a chi non ha ancora avuto il piacere di leggerlo. Ne approfitto per ringraziarti per il libro, per l’intervista ed augurarti un grosso in bocca al lupo per il Premio Strega 2023. Spero a presto. 

Grazie a te.

Giulia Manna

Andrea Canobbio


Laureato in Economia e commercio all’università di Torino, dopo aver lavorato presso la casa editrice Bompiani (1989-91) è passato all’Einaudi (dal 1991) dove si occupa del settore dedicato alla narrativa straniera. Ha fatto il suo esordio nel 1986 nell’antologia Giovani blues. Under 25 curata da Pier Vittorio Tondelli, con il racconto Diario del centro. Tra i suoi libri: Vasi cinesi (Einaudi 1989), Traslochi (Einaudi 1992), Padri di padri (Einaudi 1997), Indivisibili (Rizzoli 2000), Il naturale disordine delle cose (Einaudi 2004), Presentimento (Nottetempo 2007), Mostrarsi (Nottetempo 2011), Tre anni luce (Feltrinelli 2013). Nel 2022 esce per La Nave di Teseo, La traversata notturna, libro candidato al Premio Strega 2023.