La tredicesima cattedra




Recensione di Francesca Mogavero


Autore: Franco Cordero

Editore: La nave di Teseo

Pagine: 364

Genere: Narrativa

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Un professore di filosofia in scadenza di contratto riceve una proposta irrinunciabile: dovrà tenere sette lezioni nel prestigioso ateneo della Rocca di Monteferro per aspirare all’assegnazione di un seggio vacante, la tredicesima cattedra del Collegio. La sede è molto ambita perché Monteferro è un’oasi intellettuale votata allo studio e alla ricerca, un paradiso per i selezionati docenti che vi vengono ammessi. Per ottenere la cattedra, il professore dovrà conquistare la fiducia dei colleghi e vincere l’opposizione di una misteriosa società che vuole imporre il proprio controllo sull’ateneo. Nel tempo libero che gli concedono la scrittura del suo romanzo storico e la frequentazione degli altri accademici – ciascuno una pedina fondamentale sulla scacchiera di Monteferro – il professore si rilassa nella libreria di Tibaldo, dove può appagare la sua bibliofilia. Tra gli scaffali di un sapere universale che abbraccia la storia dei Templari e quella del Terzo Reich, l’Apocalisse di Giovanni e la biografia di Edgar Allan Poe, sotto lo sguardo mite di un libraio artista, il professore metterà a punto la sua strategia per conquistare la tredicesima cattedra. Franco Cordero costruisce un romanzo che attraversa i labirinti della storia e del pensiero, nella tradizione di Borges ed Eco, in cui la scrittura ironica e avvolgente guida il lettore come un invisibile filo di Arianna.

Recensione

“Nei giorni feriali stavo sui libri, se togliamo le corse, gl’interni del Club, Tibaldo, tre serate presso i notabili, due escursioni con David: a tempo perso vagavo in varie storie; ho anche imbastito le avventure d’un chierico…”

Queste, in sintesi, le occupazioni di Viator nelle settimane trascorse a Monteferro in attesa del verdetto. Sarà davvero lui il detentore della tredicesima cattedra o i servitori dell’Astrea avranno la meglio?

Ma il viaggio – che è già insito nel nome – dell’“irrispettoso cultore d’idee” non è così lineare né semplice da riepilogare e raccontare. E pare un controsenso, visto che, a parte qualche uscita nella natura e nei dintorni della Rocca, le giornate del professore si svolgono perlopiù tra le aule dell’ateneo e le pagine di libri preziosi, che saziano la sua fame (da bibliofilo) meglio del pane nero appena sfornato e del tè aromatizzato. Nessuna peregrinazione da ulisside, né sortite all’Inferno, nelle sale d’attesa del Purgatorio o nella gloria del Paradiso, né tantomeno tornei più o meno cortesi, mitiche cerche, operazioni belliche.

Pare un controsenso, infatti. Perché, come già avevano compreso i Minoici con il loro labirinto unicursale, il vero viaggio, talvolta quello più lungo e periglioso, è quello dentro di sé, e quando si riemerge dalle tortuosità dei propri demoni, ricordi, letture, studi ed esperienze, non si è più gli stessi di prima.

Tuffarsi nelle antiche scritture e nei commentari, vagabondare tra saggi storici per poi far visita a Tristano e Isotta, ripercorrere l’esistenza visionaria di Edgar Allan Poe portano Viator più lontano di qualunque biglietto aereo: avverte attorno a sé, forse non del tutto cosciente, i segni dell’Apocalisse, si nutre di piani segreti per sciogliere intrighi nuovi e non così diversi, impara a dar di spada assieme a Galaad e Lancillotto, ma con le parole e l’acume, vanifica le malie di tante Morgane, controlla il delirium tremens che non viene dall’alcol, ma da una droga segreta, tutta interiore, chiamata dubbio. Non solo: si documenta, prende spunti, immagini e parole per creare qualcosa di inedito, ma già antico; Viator legge e scrive, è autore e protagonista della medesima storia – la sua voce e quella di Alessio, suo figlio di carta, si sovrappongono e confondono – gioca al demiurgo, crea, distrugge, trasforma e continua a imparare.

Noi apprendiamo con e grazie a lui e ci rendiamo conto che quelle pagine di dotti latini e medievali, di biografi, artisti e santi, pagine riportate quasi alla lettera, come per salvarle dall’oblio e stiparle nel capiente armadio della mente, per poi riproporle nella giusta stagione, al momento opportuno, sono solo in apparenza uno zibaldone, un passatempo tra una lezione universitaria e l’altra: sono finte digressioni che conducono alla meta stabilita fin dall’inizio… ma quanto è stato più avventuroso, intrigante e gustoso arrivarci!

Franco Cordero costruisce un’opera monumentale e complessa, affascinante e originale, dimostrandoci che i libri, scritti, perduti, inventati o soltanto imbastiti, sono una fonte inesauribile e sempre fresca, un treno di sola andata (perché il ritorno non è scontato) per un viaggio attorno ai mondi e ai tempi… e i lettori, di dissetarsi di storie e paesaggi, non sono mai stanchi.

A cura di Francesca Mogavero

 

Franco Cordero


è stato professore emerito di Procedura penale presso l’Università La Sapienza di Roma e tra i più insigni giuristi italiani. Autore di numerosi testi scientifici, tra cui un manuale di Procedura penale costantemente ristampato, ha esordito nella narrativa con Genus (premio Viareggio opera prima 1969). Nella sua ampia produzione letteraria, che include romanzi, saggi e pamphlet, ricordiamo Le strane regole del signor B. (2003, premio Bagutta 2004), Fiabe d’entropia (premio Brancati 2005), Savonarola (2009), Morbo italico (2013), Bellum civile (2017).

 

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