La variabile Rachel





DETTAGLI:

Traduttore: Chiara Manfrinato

Editore: Editore: NN Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 336

Anno edizione: 2024

Sinossi. Rachel vive a Cork, in Irlanda, ha vent’anni e si paga gli studi lavorando in libreria; è alta e un po’ goffa, ma brillante e piena di risorse. Diventa coinquilina di James, sfrontato e intelligente, e tra loro nasce un’amicizia intensa e totale come un colpo di fulmine. Finché Rachel non rivela a James di avere una cotta per il suo professore di Letteratura, Fred Byrne. L’amico la aiuta a elaborare un piano per sedurlo, ma le cose non vanno come previsto: il professore si innamora di James, e allo stesso tempo Rachel inizia uno stage nella casa editrice di Deenie, l’ignara moglie di Byrne. Rachel fa di tutto per coprire la relazione dei due amanti e non ne parla nemmeno con Carey, il suo primo vero amore, ma il castello di bugie diventa troppo grande e la situazione le sfugge di mano, mettendo in pericolo la sua reputazione, il suo lavoro e il suo futuro. Caroline O’Donoghue dà vita a una moderna Bridget Jones, e racconta la vertigine che si prova scegliendo di restare leali alle persone che amiamo senza per questo tradire le nostre aspirazioni. Costruito come una commedia degli equivoci, La variabile Rachel è un’ode alle scelte folli ed eroiche dei vent’anni e all’amicizia più pura, capace di annullare ogni egoismo e di far sbocciare la migliore versione di sé. Questo libro è per chi ha trovato la felicità nel freddo di una casa studentesca, per chi ha imparato da Dolly Alderton tutto quello che sa, per chi affronta ogni istante come la scena di una serie tv, e per chi, in preda alla malinconica follia oceanica, sa di avere una persona speciale a cui affidarsi per tornare sulla terraferma.

 Recensione di Francesca Mogavero


I vent’anni sono un’età feroce, letteralmente superlativa: i sentimenti sono fortissimi, le delusioni cocentissime, i sogni potentissimi.

I sensi sono amplificati, odori e sapori incendiano il naso e la lingua, gli accenti e i colori sono indelebili, il contatto con un’altra pelle va più a fondo dell’inchiostro di un tatuaggio.

Amplificati. Non esagerati, tantomeno finti o ingannevoli. 

Anzi, forse è proprio a vent’anni che vedi le cose per come sono davvero – e a volte devi arrivare a sbatterci contro il muso – nelle loro sfumature psichedeliche, fluide, tumultuose.

Poi, quando si cresce – che è qualcosa di diverso dal maturare, e saggi possono esserlo anche i bimbi – capita che lo smalto si faccia opaco, sbiadito, e l’acrilico diventi pastello. E ci si può convincere che la vera sostanza dei desideri, delle emozioni, del creato sia sempre stata questa. Era la giovinezza ingenua a illuminare, a travisare.

Quando gli episodi si cristallizzano in ricordi, li si guarda con condiscendenza, con tenera superiorità.

Com’ero naïf, com’eravamo avventati, sconsiderati, beatamente inconsapevoli.

Per fortuna, niente di tutto questo succede in La variabile Rachel di Caroline O’Donoghue.

Per quanto, appunto, variabile imponderabile in un’equazione complessa, Rachel è sempre lei, nel leggendario, epico, spartiacque 2010 e nel 2022: è sempre la sua voce che confessa fantasie torbide (“zozze”, direbbe lei) e che prende posizione sui temi più importanti per le donne irlandesi (e non solo loro); è sempre il suo sguardo a fissare e ad analizzare, ponendosi ora troppo vicino – è il naso appiccicato alla vetrina di una pasticceria – fino a cancellare i contorni, ora a una certa distanza, quando i giochi sono ormai fatti e per completare il puzzle restano solo poche tessere. 

Ed è tutto realistico, vivido… Vero, verrebbe da dire. 

Perché Rachel, James, Carey e gli altri sono personaggi e sono chi legge, anche se quel qualcuno ha un bagaglio differente. Sono un’idea tangibile di amicizia totale, simbiotica, in cui le paranoie, i film mentali, le felicità piccole e grandi, i vissuti appartengono all’uno e all’altro, generando un unico, articolato corpo che pulsa, brama, si eccita, rigetta, recide il cordone ma tiene sempre insieme le sue parti, con fiducia e affetto.

Perché in mezzo a certi legami si infilano chilometri, fusi orari e progetti segreti, ma orecchie, cuori e braccia si tendono come corde di chitarra pur di far sentire il proprio supporto… E non si spezzano, ma restano elastici, vivaci e sfolgoranti, senza perdere l’autenticità dei vent’anni, ma trovando solo parole nuove per raccontare e raccontarsi.

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Caroline O’Donoghue


è una scrittrice e giornalista irlandese. Suoi articoli sono apparsi tra gli altri su The Times, The Guardian, The Irish Times e Vice. È autrice di due podcast di grande successo: Sentimental Garbage, che tratta di cultura e narrativa femminile, e Sentimental In The City, che conduce insieme a Dolly Alderton. Nel 2020 ha esordito nella narrativa per ragazzi, con Il giorno in cui ho scoperto di avere un dono (Garzanti 2021).