L’abbaglio del tempo




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Ermanna Montanari

Editore: La Nave di Teseo

Genere: narrativa

Pagine: 224

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. “Nel casolare in cui vivevo da bambina c’era una stanza al pianterreno che si teneva sempre chiusa, chiamata ‘la câmbra da rizévar’, la camera da ricevere, che per comprarla il nonno vendette la più preziosa mucca da latte della sua stalla. La camera si apriva solo due volte l’anno, a Pasqua e a Natale, per accogliere i parenti, tutti abbigliati nei loro goffi vestiti della domenica. Ci si sedeva sulle sedie ancora ricoperte col nylon e si stava a occhi bassi per il pudore di guardarsi nelle specchiere. La camera da ricevere era un luogo ostinatamente cieco e fantasticamente seducente per la mia curiosità infantile. Quella camera era la cassa di risonanza, il risucchio di tutte le voci della natura, di tutti gli attraversamenti del giorno che la stanza trasformava in notte: le cantilene dei braccianti nei campi, il mugghiare delle mucche nelle stalle e il continuo rimestare di vivande. La camera da ricevere era diventata il nascondiglio dove, senza essere vista, potevo confidare le mie avventure canterine e i miei travestimenti, che da lì iniziarono a prendere forma. A vent’anni mi sposai con Marco, lasciai Campiano, cominciai a fare teatro. Ho abbandonato la grande famiglia patriarcale, la mia infanzia di figlia con nome da maschio, la loro idea di bellezza. Niente di più falso. Ho creduto di abbandonare. Campiano mi ha attanagliato con la sua potenza ogni volta che soffiavo una parola, che facevo un gesto, e con questo fastidio sono iniziati i miei lavori. Campiano è quella luce che mi devasta. Per quanto non voglia averci a che fare, ogni volta resuscita e trova un buco dove infilarsi.” L’abbaglio del tempo è il romanzo vero che racconta “la bellezza affettiva d’un luogo inventato”, il libro dei segreti con cui Ermanna Montanari svela il suo, il nostro, luogo dell’anima.

Recensione


La stessa autrice. Ermanna Montanari, definisce i racconti che compongono questa raccolta delle miniature. Ed è proprio così. Racconti brevi, immagini, ricordi, abbagli di una infanzia sospesa tra le acredini e la crudezza della vita in una campagna avara e gelida e i sogni, le impressioni e i voli di una ragazzina, tutta ossa e fantasia, che cresce a stento, come un fiore inaridito. Che non assomiglia alla sua stirpe contadina, gente carismatica, dura, dal portamento regale e dalla fisicità imponente ed elegante al tempo stesso.

Ermanna porta il nome di uno zio morto ventenne, di una morte quasi scandalosa. Morto mentre si divertiva, mentre i Montanari muoiono in guerra o sul lavoro. Ermanna, con un nome da maschio ma con una femminilità latente, pronta ad esplodere. Ermanna, che da piccola viene mandata a vivere dai nonni paterni. Un esilio, vissuto come una festa. Perché lei svilupperà un’intesa quasi perfetta con il nonno Montanari, uno che ha portato un gran fardello sulla schiena ma è uscito vincente dalla sfida con la vita. Un uomo illetterato, che non parla neanche l’italiano.  Ma che racchiude la saggezza e l’orgoglio contadino in una sintesi senza difetti.

Ai tempi della sua infanzia Ermanna non conosce alcun agio. Ma si adatta alla durezza della vita contadina, sviluppando un sesto senso che la fa assomigliare ad una piccola strega. Avviluppata ai suoi sogni viscosi e irrisolti, fatica non poco a scrollarsi l’infanzia di dosso. La sua ancora è la scuola, che la apre alla vita vera, anche se spesso la fa sentire un pesce fuor d’acqua. Ma Ermanna è tosta e resiste. Cresce, si indurisce, si fortifica e lascia il nido.

Senza scrollarsi di dosso gli echi e gli odori della terra natia, arida e fredda. Eppure meravigliosa, onirica, piena di suggestioni e popolata da donne e uomini dalle dita grosse, dalla pelle callosa, abituati alla fatica e all’avarizia della vita in campagna.

Con una scrittura senza pecche, bella da leggere, evocativa e piena di volute e ricami poetici, Ermanna Montanari incanta il lettore, porgendogli un affaccio privilegiato e suggestivo sul passato, quando la vita era uno scontro con gli elementi e l’amore un privilegio difficile da conquistare.

Una raccolta che trasuda bellezza stilistica e meraviglia narrativa. Una vita che assomiglia ad un debole filo d’erba, che ignora la sua precaria condizione, si ostina a bucare il terreno e finisce per crescere forte in mezzo al campo. Un mare di ricordi, che affiorano veloci e potenti in quel mare impetuoso che è la nostra esistenza. Senza poter essere taciuti, indimenticabili e indimenticati.

 

 

Ermanna Montanari


attrice, autrice, scenografa e fondatrice insieme a Marco Martinelli del Teatro delle Albe, conduce un personale percorso di ricerca vocale all’interno della compagnia per il quale ha ricevuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui sette premi Ubu, il Golden Laurel al Mess di Sarajevo, il premio Lo Straniero dedicato “alla memoria di Carmelo Bene”, il premio Eleonora Duse, il premio dell’Associazione Nazionale Critici e dell’International Fadjir Festival di Teheran. Nel 2011 ha assunto la direzione artistica del Festival Internazionale di Santarcangelo. Ha realizzato vari cd musicali insieme al compositore Luigi Ceccarelli, tra cui nel 2020 Fedeli d’Amore edito da Stradivarius. Nel 2021 ha fondato la scuola di vocalità MALAGOLA, insieme a Enrico Pitozzi. Ha pubblicato su riviste come “Lapis”, “Riga”, “Il semplice”, “The Open Page”, “Lo Straniero”, “Culture teatrali”, “doppiozero”, “Teatro e Storia”. Tra i suoi libri, ricordiamo Jarry 2000, Suburbia. Molti Ubu in giro per il pianeta, Primavera eretica, Rosvita, Miniature campianesi, Cellula.

 

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