L’albero della vergogna




Recensione di Anna Sonatore


Autore: Ramiro Pinilla

Traduzione: Raul Schenardi

Editore: Fazi Editore

Genere: Narrativa

Pagine: 280

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. All’indomani della vittoria di Franco, il piccolo paesino di Gexto, nei Paesi Baschi, è un luogo paralizzato dalla paura: rappresaglie ed esecuzioni da parte di “quelli della Falange” sono all’ordine del giorno, e poco a poco gli uomini stanno scomparendo: alcuni sono caduti in guerra, altri vengono portati via in passeggiate dalle quali non si fa più ritorno, oppure fucilati di fronte alle loro famiglie, fra le grida delle loro donne. Ma chi c’è dall’altra parte? Altri uomini. Questa è la storia di Rogelio Cerón, uno di loro, un falangista ventenne che fa quello che fa senza sapere bene perché. Un giorno uccide un maestro repubblicano sotto lo sguardo del figlio, un bambino di dieci anni; per lui niente sarà mai più lo stesso, quegli occhi gli rimarranno impressi nella memoria per sempre: occhi fissi, freddi, che non piangono, ma che promettono vendetta.

Trent’anni dopo, gli abitanti del paesino si chiederanno quale mistero si celi dietro la figura solitaria del “pover’uomo della baracca”, che da molto tempo conduce una vita da eremita prendendosi cura di un albero di fico, sopportando in silenzio l’assedio di un vicino convinto che sotto la pianta ci sia un tesoro. Cosa si nasconde, realmente, sotto quell’albero? Qual è il suo significato?
Per la prima volta nelle librerie italiane questo memorabile romanzo di Ramiro Pinilla, autore di culto del Novecento spagnolo riscoperto grazie a Fernando Aramburu. Un romanzo magistrale sulla vendetta e sul perdono, sulle sconfitte e le umiliazioni, sulla memoria di un popolo, le ferite di un’intera generazione e la forza dirompente della Storia, che entra nella quotidianità e la stravolge.

Recensione

Riusciamo a sopravvivere alla sventura solo se comprendiamo che è falsa quanto la verità”

Ramiro Pinilla ci porta nei paesi baschi, la storia ha inizio nel 37’.

La paura regna in tutto il paese. Falangisti a caccia di “traditori”. Basta un niente per essere giustiziati. Rogelio Cèlon è un falangista convito, onorato dei suoi compagni e del loro obiettivo di “ripulire” la Spagna dai rossi. Uccidere in nome del suo Paese è giusto, non è un crimine se uccidi per la Spagna. Cosa vuoi che sia togliere ad una famiglia un padre ad una figlia, un figlio ad una madre. È solo giustizia, crede…

Saranno gli occhi di un bambino a metterlo in difficoltà, a farlo vacillare. Il piccolo Gabino assiste in silenzio mentre Rogelio e i suoi amici falangisti, portano via il padre e il fratello di 16 anni. Rogelio, non può fare altro che sostenere il suo sguardo. Fuori, all’apparenza, resta calmo ma nella sua testa prega che lui smetta di fissarlo.

Con quello sguardo mi sta condannando a morte.”

Sradicati dalla loro casa, e accompagnati verso una morte certa. Una scia di dolore e paura lasciavano dietro le loro spalle. Nessuno ricordava più chi fosse prima della guerra, la paura era l’unica prova, la paura era l’unica cosa a farli sentire ancora vivi.

Era il terrore, forse l’unico appiglio per sopravvivere.”

Da qui inizierà un lento mutamento nell’anima di Rogelio. Di notte il suo compito, con gli altri falangisti, è quello di purificare il paese. Uccidere chi è stato segnalato. Ma dopo quella notte, dopo aver sentito gli occhi del piccolo Gabino su di lui, dopo aver visto lo sguardo di un adulto severo, sul volto di un bambino di dieci anni, inizierà a disertare le ronde. Una febbre fantasma sarà il suo alibi. Ma perché farlo? Perché evitare di compiere il proprio dovere? Perché quel bambino l’ha sconvolto a tal punto?

Perché mi sono ricordato i suoi occhi se ho bisogno di dimenticare?”

L’istinto lo porterà nel luogo dell’esecuzione. Dove resterà per tutta la sua vita. Il piccolo Gabino ha provveduto da solo a sotterrare i corpi dei suoi cari, come abbia fatto, non si sa. C’è un ramoscello su quel cumulo di terra, non una croce, un ramoscello. Senza scambiarsi una parola, Rogelio capisce che il suo compito è di prendersene cura. Innaffiarlo ogni notte sarà il primo passo per espiare i suoi peccati. Un appuntamento fisso, nel pieno silenzio, ed è nel totale silenzio che verrà suggellato il loro patto. Una promessa mai pronunciata. A dimostrazione della superfluità delle parole. Ci sono legami che vengono sigillati senza saperlo, e ne prendiamo coscienza solo con il passare del tempo.

Nell’arco di poco, si diffonde la voce di quest’uomo che vive di niente. Iniziano pellegrinaggi, lo vedono come un eremita, un santone. Lui e il suo ramoscello che con gran sacrificio diventerà un bellissimo albero di fico. Insieme al pellegrinaggio, aumentano anche le mille supposizioni sul perché si sia isolato dal mondo, donando tutte la sua vita alla cura di un albero. Nasconde un tesoro? Perché scaccia chi ci si avvicina troppo? Tenteranno con ogni mezzo di sottrargli quel piccolo spazio. Ogni rifiuto, sarà il carburante che alimenterà lentamente, ma in modo in arrestabile, rabbia e risentimento. A Rogelio questo non importa, lui ha promesso, lui resterà!

Ramiro Pinilla ci mostra la forza del rimorso e del perdono. Una storia incentrata non sulle vittime, bensì sul carnefice. Un carnefice che a sua volta diventerà vittima di se stesso e della sua vecchia vita. Accendendo i riflettori sull’importanza della memoria, su chi vuol dimenticare ed è capace di qualsiasi cosa pur di farlo. Una scrittura semplice e ipnotizzante. Per il lettore è facile immergersi nella vita di Rogelio, al punto tale che si percepisce in modo intenso tutto quello che gli accade intorno.

Un romanzo dal retrogusto molto amaro. Vite perseguitate dal passato, legate da ricordi e dal rammarico, che li porterà ad un orrido e inevitabile finale. L’intera esistenza di Rogelioè stata un sacrificio costante e nella sua solitudine un solo legame è stato essenziale per andare avanti. Una sola anima resterà legata a lui. Il piccolo Gabino e i suoi occhi, che diedero inizio a tutta questa fantastica e straziante storia.

Io e lui abbiamo vissuto una relazione indimenticabile, la migliore delle relazioni che due persone possono stabilire. Non me lo sarei mai immaginato. Chi o che cosa ha compiuto simile miracolo?”

 

 

 

Ramiro Pinilla


Ramiro Pinilla: Nato a Bilbao, è considerato uno dei migliori narratori in lingua spagnola del Novecento. Paragonato in patria a Faulkner e García Márquez, ha scritto molti romanzi e racconti e ha vinto numerosi premi nazionali fra i più prestigiosi. La sua è una storia atipica. Ha svolto i mestieri più disparati, mentre viveva una vita parallela di scrittore: pagine e pagine scritte nei ritagli di tempo, quasi di nascosto, che negli anni Sessanta lo hanno però portato alla pubblicazione e ai primi riconoscimenti importanti. Ha poi deciso di ritirarsi dalla scena letteraria e vivere in solitudine, continuando a scrivere silenziosamente. Così ha fatto per trent’anni, finché non è tornato alla ribalta ormai ottantenne dopo che il suo lavoro è stato consigliato all’editore spagnolo Tusquetsda Fernando Aramburu ed è immediatamente diventato un caso letterario. Da L’albero della vergogna è stato tratto il film La higuera de los bastardos.

 

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