L’altare della paura




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Jean Christophe Grangé

Traduzione: Doriana Comerlati

Editore: Garzanti

Genere: thriller

Pagine: 312

Anno di pubblicazione: 2021

 

 

 

 

 

Sinossi. Nella cappella alsaziana di Saint-Ambroise si riesce ancora a udire il fragore che ha accompagnato il crollo improvviso della cupola e la morte del vescovo Samuel, il cui corpo giace ormai senza vita sotto le macerie. A un primo sguardo, parrebbe trattarsi di un semplice incidente. Ma da alcuni dettagli non è possibile escludere l’ipotesi di un omicidio. È questo che pensano il detective Pierre Niémans e il suo braccio destro, Ivana Bogdanović, non appena visitano la scena del disastro. E scoprono che il luogo appartiene a una piccola comunità anabattista chiusa al resto del mondo. I suoi membri si fanno chiamare «vendemmiatori di Dio» perché vivono dei soli proventi di un vasto vigneto e si considerano gli unici emissari di un messaggio divino di purezza e integrità religiosa. Eppure, dietro una facciata di rettitudine e devozione, si cela una storia di rapporti coercitivi e malsani. Di promesse e giuramenti che non lasciano scampo. Di sacrifici che vanno oltre l’immaginabile e trovano la loro origine in un’interpretazione promiscua delle Scritture. Più Niémans e Bogdanović entrano in questa realtà fuori dal tempo, più si rendono conto di quanto sia difficile stabilire un confine tra bene e male, tra fede e fanatismo. Ma i due detective sono disposti a tutto pur di scoprire la verità. Anche a offrirsi come vittime sacrificali se serve a risparmiare vite innocenti ed evitare ulteriori spargimenti di sangue.

 

Recensione

Jean-Christophe Grangé è un autore che crea dipendenza. Grande narratore, dotato di immensa immaginazione e di una sensibilità fuori dal comune, costruisce trame ad alta intensità emotiva con la costanza di un martello su un chiodo. Grangé insinua la sua ipnotica scrittura dentro ad ambientazioni particolari, in nicchie in cui rimbombano le eco di storie che si attorcigliano al lettore e si rifiutano di lasciarlo andare.

Con mia grande sorpresa, ho ritrovato, in questo suo nuovo lavoro, due personaggi che ho particolarmente apprezzato nel suo precedente romanzo “L’ultima caccia”. Mi riferisco a Pierre  Niémans e a Ivana Bogdanovic.

Lui, che ha visto giorni migliori e che adesso guida una squadra che si occupa dei crimini di sangue. Passato tormentato, cuore solitario, sensibile al fascino femminile, lievemente sessista e assolutamente acuto e determinato.

Una scorza dura sotto la quale freme un animo tenero. Ed è proprio lei, Ivana, la sua piccola slava, 43 chili di nervi e muscoli scattanti, la creatura che indolenzisce il suo cuore indurito dal tempo. Per lei potrebbe fare qualsiasi cosa e per lei ha fatto molto, in passato, togliendola dalla strada e dandole un futuro grazie alla scuola di polizia.

Insieme si troveranno ad indagare su alcune morti sospette accadute in seno ad una comunità di eccentrici seguaci dell’Antico Testamento, che vivono isolati, dentro a regole che si scontrano spesso con la legge. Degli esaltati che rifiutano il progresso, vestono abiti fuori moda e coltivano dei vitigni particolari che vendemmiamo tardivamente per trarne un vino ricercatissimo e prelibato.

Ivana si infiltrerà tra i lavoranti stagionali reclutati per la vendemmia. Niémens indagherà dall’esterno, coadiuvato da una gendarme dalle affascinanti curve.

La vicenda ruota interamente attorno agli Emissari e al loro mondo ottuso e quasi irreale. Un mondo conturbante, che appare estremamente misterioso. Un mondo chiuso in se stesso, dove si coltiva la purezza come vicinanza alla natura divina. Gli eventi prenderanno una piega tragica e si avviteranno su se stessi come una girandola di fuoco e di orrore. Niémans dovrà mettere in pista tutti i suoi sensi e la sua sagacia per agguantare il bandolo di una matassa che giorno dopo giorno si fa sempre più intricata. E anche Ivana correrà i suoi rischi, intrappolata in una spirale di follia sempre più stretta. Anche separati sapranno connettere i propri pensieri e arrivare, ognuno per proprio conto, alla resa dei conti finale, rafforzando il loro essere una cosa sola, quando si tratta di sciogliere un mistero.

La scrittura di Grangé si conferma all’altezza delle aspettative. Un gorgo di mistero e di sangue in cui i due protagonisti non faticano ad emergere e a padroneggiare. Lui, con la sua ironia pungente e la sua proverbiale irritabilità. Lei, impavida e incosciente, acuta e energica, che sa guardare dentro alle persone e sa come tenere Niémans al guinzaglio, frenando i suoi eccessi e stimolando le sue intuizioni. Grangé è maestro nel tratteggiare il lato psicologico dei suoi personaggi, superlativo nel dare loro una voce, che sa modularsi a seconda delle circostanze.
Si freme, nei romanzi di Grangé, si soffre, si riflette. E si sorride, perché anche nel mezzo all’indagine più sanguinosa l’ironia non manca mai e fa capolino nei fraseggi e negli atteggiamenti dei personaggi, a rendere brillante e piacevole la lettura.

Alla fine, ogni volta, l’autore ci lascia con l’amaro in bocca. I suoi cattivi non lo sono mai completamente, poiché sono spinti da motivazioni superiori che li assimilano a vittime di un ingranaggio avverso e malvagio. E così anche in “L’altare della paura” l’epilogo sarà agrodolce, a condire sapientemente una storia davvero ben congeniata e ottimamente costruita.

Che dire, quindi, se non arrivederci Niémans e Ivana? Spero davvero di ritrovarvi entrambi molto presto!

 

 

 

Jean-Christophe Grangé


Jean-Christophe Grangé è autore di romanzi di grandissimo successo che hanno ampliato i confini del thriller tradizionale. I suoi libri, tradotti in tutto il mondo e venduti in milioni di copie, sono pubblicati in Italia da Garzanti. Spesso sono stati portati sul grande schermo, e I fiumi di porpora ha vinto il premio Grinzane Cinema 2007 per il miglior libro da cui è stato tratto un film.

 

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