L’animale più pericoloso




Recensione di Laura Salvadori


Autore: Luca D’Andrea

Editore: Einaudi

Genere: noir

Pagine: 232

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Dora Holler ha tredici anni e le idee chiare su ciò che non va nel mondo. Adesso si è data una missione: salvare il nido di una lince. Perciò scappa di casa con Gert, uno che ha conosciuto su Internet. Solo che Gert è un adulto e, soprattutto, il movimento ecologista di cui dice di far parte non esiste. Gert le ha mentito; mente sempre, perfino a sé stesso. Una fuga che doveva essere un viaggio iniziatico si trasforma in un incubo, impigliandosi nelle maglie di un disegno spaventoso che parte da molto lontano. La ricerca di Dora scatena volontari armati di fucile, teste calde e lotte di potere. Per salvarla serve qualcuno che ha conosciuto da vicino l’essenza piu pura dell’orrore, un uomo «secco come un colpo di manganello e dallo sguardo come filo spinato». Il capitano dei carabinieri Viktor Martini, quello che in un’altra vita, a Roma, ha catturato lo Squartatore di Testaccio. E da allora non è piu lo stesso.

Recensione

Luca D’Andrea è uno scrittore che ha indubbiamente un suo stile inimitabile. I suoi romanzi prendono le mosse da trame intriganti e coinvolgenti, che sembrano aver tracciato un percorso ben definito.

Poi, inaspettatamente, il percorso si inerpica in luoghi inesplorati. Una deviazione decisa e il lettore si trova impantanato in qualcosa di inaspettato. E lì rimane, inerme, a subire l’imprevedibile, quasi attonito, ma sicuramente soggiogato da ciò che in seguito si percepisce essere il cuore del romanzo.

L’animale più pericoloso non fa eccezione.

Partendo dalla fuga di una ragazzina inquieta e idealista, una sorta di Greta Tumberg altoatesina, munita anch’essa di capelli biondi pettinati in due trecce arruffate, passando da una tumultuosa caccia all’uomo e finendo per attribuire il ruolo del cattivo al primo malcapitato che ne incarni il ruolo, il lettore finisce invischiato in una storia di umanità tradita, di violenza e di orrore, che poco ha a che spartire con quello che pareva essere l’anima del romanzo.

Il passaggio avviene impercettibilmente, senza dolore alcuno. E ciò che ne viene alla luce è un male vecchio come il mondo, partorito dall’avidità, motivato anche dal desiderio di vendetta, dall’esigenza di rivendicare la speranza che ci è stata tolta, colorato da un po’ di follia, addolcito dall’inverosimile, cullato da una storia che sembra una fiaba, di quelle che si raccontano a voce bassa per indurre un brivido in chi ci ascolta pieno di curiosità.

E mentre la bambina si dovrà accontentare di essere solo il mezzo con cui arrivare alla terribile verità, mentre il cattivo si spoglierà della sua etichetta, mentre chi viene dipinto come un salvatore si rivelerà in realtà un fabbricatore di morte, emerge prepotente la figura di un carabiniere che per primo intuisce cosa si nasconde dietro l’apparenza.

Un uomo in castigo, che sconta le conseguenze di una scelta sbagliata al momento sbagliato. Un eroe che cammina sul confine della legalità, che per qualcuno è un salvatore e per qualcun altro un reietto.

Sarà la sua sensibilità e il suo intuito a dare la svolta alla caccia all’uomo che rischia, con il suo incedere, di celare la verità.

Dunque, ancora una volta, sarà la sorpresa l’emozione catalizzatrice del romanzo. D’Andrea è un illusionista della carta stampata, che gioca, ancora una volta, con le aspettative del lettore, manovrato magistralmente e senza sforzo per creare l’inaspettato.

Una menzione a parte merita ancora una volta l’ambientazione, per davvero unica e foriera di un’emozione inaspettata. Il romanzo è ambientato in un luogo magico, che amo profondamente e che conosco molto bene, seppur solamente da turista. L’alta Pusteria è un paradiso, con i suoi paeselli incastonati sotto la meridiana naturale più bella al mondo (la meridiana di Sesto).

La ValFiscalina custodisce scorci unici e meravigliosi mentre la maestosa Croda Rossa ci guarda dall’alto con indulgenza, quasi a perdonare la natura aberrante dell’uomo, che si intuisce essere, non a caso,l’animale più pericoloso. Per se stesso, per i suoi simili, per la Natura, che sembra piegare il capo ai suoi capricci ma che sa anche come prendere le sue rivincite.

LUomo appare piccolo e inutile al cospetto di tanta bellezza, ma anche vittima della sua infinita grettezza. E D’Andrea non esita a dipingerlo com’è. Debole, corruttibile, capriccioso, folle, inerme.

Ne esce un ritratto a tinte fosche, popolato da personaggi senza nome e senza storia, che incarnano i fallimenti dell’uomo e soggiacciono alla forza della Natura, intesa come forza insopprimibile, onnisciente e portatrice dell’unica verità che conta.

Luca D’Andrea


Luca D’Andrea è nato a Bolzano, dove lavora come insegnate precario d’italiano nella scuola media. Per Einaudi ha pubblicato nel 2016 La sostanza del male, il suo primo thriller, che diventerà una serie Tv internazionale, e nel 2017 Lissy. Nel 2019 esce Il respiro del sangue (Einaudi), che precede l’ultimo suo lavoro, L’animale più pericoloso.

 

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