Le bestie giovani




Recensione di Antonella Bagorda


Autore: Davide Longo

Editore: Einaudi

Collana: Einaudi. Stile Libero Big

Genere: thriller

Pagine: 317

Prima pubblicazione: Feltrinelli 2018

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Un orrore che riemerge dal passato. Una strage di cui il commissario Arcadipane cerca invano il motivo, finché non fa i conti con una verità che già avrebbe dovuto conoscere: «Così giocano le bestie giovani, prima di scoprire che i loro artigli non sono fatti per giocare». Forse dipende dalla struttura fisica solida, resistente, eredità di miseria e fatica, ma per Arcadipane mollare è fuori questione. Perciò, quando in un cantiere alla periferia di Torino vengono alla luce le ossa di dodici corpi – uomini e donne uccisi con un colpo alla nuca – e una squadra specializzata in crimini della Seconda guerra mondiale lo taglia fuori dal caso, lui non ci pensa nemmeno a farsi da parte. E dire che di fastidi ne avrebbe a sufficienza. Ma c’è un bottone di jeans trovato vicino ai cadaveri che proprio non gli dà pace. Comincia da questo indizio la sua indagine parallela, nella quale coinvolge Isa, una giovane agente dal carattere impossibile, e Corso Bramard, suo vecchio capo e maestro. Con loro porterà alla luce una trama eversiva maturata nel buio degli anni Settanta. Un tentativo di cambiare la storia politica del Paese che qualcuno vuole insabbiare per la seconda volta.

Recensione

Il commissario Arcadipane ha qualche problema nella gestione della sua vita e di tutto ciò che ci ruota attorno. Dai problemi più superficiali a quelli letteralmente più “intimi”.

Mentre cerca di trovare bizzarre soluzioni ai suoi drammi esistenziali, si ritrova tra le mani un caso che gli viene tolto prima ancora che riesca a capirci qualcosa: ossa trovate sotto un cantiere, alla periferia di Torino. Prima poche, poi troppe.

Il caso passa in mano ai milanesi, i milanesi decidono che si tratta di corpi fatti fuori durante la seconda guerra mondiale e tutto sarebbe dovuto finire lì. Arcadipane, però, non contento dei suoi già troppi problemi, s’è tenuto un paio di ricordini trovati sul luogo: un femore e il bottone di un jeans. E ci sono solo due persone che potranno aiutarlo a far parlare quegli oggetti: l’agente Isa Mancini e l’ex commissario Corso Bramard.

Un salto temporale di qualche decennio farà in modo che il lettore si immerga appieno nei fatti. L’autore ci porta indietro a quando un giovane Bramard, poliziotto e studente universitario, si trova coinvolto nelle rivolte politiche degli anni 70. Corso si muove tra ideali giovanili che prevedevano lotta e sacrificio e a volte anche menzogna e tradimento, e tra fatti e persone che è stato preferibile insabbiare.

I ricordi dell’ex commissario porteranno lui e i suoi due compari a raggiungere luoghi, e poi persone coinvolte, e poi risposte, alcune delle quali molto scomode.

Questo libro non è certo ciò che io definirei un thriller. È una storia, uno spaccato sulla politica del Paese e dello sporco che quella stessa politica ha cercato di nascondere, spesso riuscendoci. Un viaggio nel buio degli anni 70, uno slalom tra persone che credevano davvero nei propri ideali e altre trascinate dalla moda, dalla fama, dal potere.

L’autore si conferma essere un gran pensatore, un grande inventore di storie. Tiene sempre alto il ritmo senza lasciare al lettore il tempo di annoiarsi; usa un’ironia pungente che funziona quasi sempre; muove in scena solo tre protagonisti ma fa in modo che qualunque comparsa non passi inosservata e resti ben chiara nella mente di chi legge. Invidiabile, nella sua estrema naturalezza, il modo in cui gestisce il salto temporale, sia in andata che al ritorno. Il cambio d’ambientazione, il cambio dei tempi verbali, il cambio dei personaggi e anche del loro modo di essere, di fare, di parlare, niente è lasciato al caso.

Ciò che a mio parere ha reso la lettura insopportabile, però, è stato un narratore fin troppo invadente che pare essere un grillo parlante sboccato, sempre pronto a immischiarsi in ogni contesto, anche quando i personaggi non hanno nessun bisogno di essere imbeccati e se la caverebbero molto meglio da soli. Un narratore spesso antipatico, con una forte avversione, quasi ossessiva, nei confronti dei grassi e delle tette cadenti. Un’invadenza che non è stata sempre funzionale alla storia.

Un problema che mi sono portata dietro già dal capitolo precedente della serie, Il caso Bramard, è la confusione nei dialoghi: chi dice cosa. Nel corso del libro ci sono lunghe scene fatte di botta e risposta alternate ogni tanto da un inciso del narratore, e a volte è impossibile capire di chi sia la voce che riprende a parlare dopo quell’inciso. Si va avanti lo stesso perché l’autore è bravo a far sempre quadrare i conti e a far tornare il lettore in carreggiata, se no ci sarebbe da perdere svariati minuti per assegnare ogni volta battuta a personaggio. Ne risente la fluidità del racconto.

Ho gradito molto, invece, l’entrata in scena del personaggio Isa Mancini, non si è smentita rispetto a come l’avevo conosciuta e non ha dunque deluso le mie aspettative. Svanisce anche questa volta senza un dignitoso saluto, ma meglio della volta precedente.

Per quanto riguarda il finale potrei quasi fare un copia incolla dalla precedente recensione, quella su Il caso Bramard. Insoddisfacente. Aperto. Colmo di un mistero che avrei preferito trovare durante la lettura, di certo non all’ultima pagina di un libro.

Ripongo molta fiducia nel terzo capitolo della serie. Sospetto che troverò gli stessi punti critici che ho incontrato nei primi due, e inizio anche a sospettare che siano una caratteristica dell’autore che probabilmente infastidisce solo me e pochi altri, ma ciò non toglie la curiosità di immergermi in un’altra delle storie che vedranno coinvolti tre protagonisti vincenti e indimenticabili.

 

 

Davide Longo


Davide Longo nasce a Carmagnola nel 1971. Nel 2001 pubblica il suo primo romanzo, Un mattino a Irgalem (Marcos y Marcos 2001, Feltrinelli 2019). Nel 2004 Il mangiatore di pietre (Marcos y Marcos 2004, Feltrinelli 2016). Ha girato documentari, scritto per il teatro, per giornali e riviste e ha realizzato testi per RadioRai. I suoi libri per bambini li ha pubblicati per Corraini Edizioni: La vita a un tratto, E più non dimandare (con il pittore Valerio Berruti), Pirulin senza parole e La montagna pirata (insieme all’artista Fausto Gilberti). Ha curato per Einaudi l’antologia Racconti di montagna (Einaudi 2007). Nel gennaio 2010 è uscito per Fandango il suo terzo romanzo, L’uomo verticale. Poi altri libri come Il signor Mario, Bach e i settanta (Keller Editore 2010) Ballata di un amore italiano (Feltrinelli 2011),Maestro Utrecht (NN editore 2016). Nel 2014 scrive il primo romanzo della serie che ha come protagonisti Arcadipane-Bramard: Il caso Bramard (Feltrinelli 2014, Einaudi 2021), cui segue il secondo: Le bestie giovani (Feltrinelli 2018, Einaudi 2021) e il terzo episodio della serie: Una rabbia semplice (Einaudi 2021). Nel 2017 scrive la sceneggiatura per il film Il Mangiatore di Pietre, interpretato da Luigi Lo Cascio. Da tempo insegna scrittura presso la Scuola Holden. I suoi libri sono tradotti e pubblicati in molti paesi.

 

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