Le stanze del tempo




Recensione di Cristina Bruno


Autore: Piera Ventre

Editore: Neri Pozza

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 256

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. Cosa significa raccontare delle stanze? Entrare in luoghi privati, nascosti, discreti e cercare tra pareti e corridoi, camere e luci che passano dalle finestre i fili di tante storie? È Piera Ventre a dircelo, nel suo modo, con la sua scrittura densa e precisa. E allora cosa accade se in una casa si accende un fuoco? Oppure se va via la luce, ed entrano insetti e briganti? E se in una casa si smarriscono gli oggetti, saremmo capaci di ritrovarli o dovremmo rassegnarci alla loro misteriosa sparizione? La vita che abita le stanze è quasi sempre segreta e inviolabile giacché le case, in fondo, altro non sono che tane nelle quali ciascuno rivela sé stesso

Recensione

Ogni casa ha una sua personalità, ha i suoi segreti, come le persone. I racconti che si susseguono nel libro parlano di case con le loro stanze che si snodano come labirinti in cui si perde la mente delle protagoniste.

Luoghi dell’infanzia, luoghi di vacanza, di lavoro, di trasferta che vedono nascite e morti, amori che sbocciano e che finiscono, amicizie, gioie e pianti. Troviamo case inerpicate in piccoli paesi con mille gradini da salire e scendere, affacciate su scorci di mare, piccole e trasandate o grandi e meticolosamente ordinate.

Tutte comunque ci parlano di chi le abita, delle paure, dei sogni, dei desideri.

E le finestre? Quelle sono affacci sul mondo esterno che a volte spaventa, a volte invoglia a uscire.

Chi è il vicino? Sarà simpatico oppure un impiccione? E quel giardino incolto si potrà coltivare e trasformare in un’oasi di pace?

Sono mille le domande che si intrecciano e che ci portano all’interno di vite vissute, sia pure nella finzione. Finzione che assume però contorni di realtà nella descrizione di un quotidiano che tutti respiriamo o abbiamo respirato. L’infanzia di un tempo con i suoi giochi semplici e chiassosi, l’adolescenza con le sue difficoltà, la giovinezza con le sue mille possibilità pronte a dischiudersi, la vecchiaia piena di acciacchi e di ricordi.

Le giovani protagoniste che incontriamo tra le pagine hanno spesso una controparte anziana che narra di tempi andati, di esperienze lontane. I loro racconti comunicano calore, come quello di un camino, del focolare al centro della casa in grado di scaldare corpo e cuore.

Le case assumono le sembianze dei loro abitanti, trasandate, accoglienti, civettuole, esibizioniste, essenziali e raccontano le storie dei loro proprietari attraverso i mobili, le suppellettili, gli animali. Il paesaggio attorno passa in secondo piano, assumendo l’aspetto di una luce particolare, di un tramonto, di un mattino gelido, di una notte ventosa, di una giornata afosa, di città e colline viste da un vagone del treno che sfreccia veloce come la nostra vita.

E poi c’è il linguaggio, semplice, colloquiale di chi narra con naturalezza di tempo, cose e persone. Un linguaggio con espressioni dialettali, anacoluti, che lo rendono familiare e impreziosiscono il racconto trascinando il lettore lungo un precorso che profuma di ricordi, di malinconia.

Tutto ruota dunque attorno al concetto di casa, a cosa rappresenti nella vita di ciascuno di noi. Le sue stanze sono come organi del corpo umano, necessarie e funzionali l’una all’altra. La cucina è il luogo della famiglia, il salotto quello dell’accoglienza degli ospiti, le camere quello dei sogni e talvolta degli incubi, il giardino è il punto di raccordo con il mondo esterno, il luogo di confine tra dentro e fuori della casa e di se stessi.

E citando Guccini:

La casa è come un punto di memoria, le tue radici danno la saggezza e proprio questa forse è la risposta e provi un grande senso di dolcezza.”

A cura di Cristina Bruno

https://www.cristinabruno.it/

Piera Ventre


è nata a Napoli nel 1967. Laureata in Logopedia presso l’Università degli studi di Pisa, è specializzata come Assistente alla comunicazione. Vive da molti anni a Livorno. Presso Neri Pozza ha pubblicato Palazzokimbo (2016), e Sette opere di misericordia (2020), candidato al Premio Strega e vincitore del Premio Procida – Isola di Arturo-Elsa Morante.

 

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