L’equilibrio delle lucciole




L’equilibrio delle lucciole


 Autrice: Valeria Tron

Genere: Narrativa

Pagine: 394

Editore: Salani

Anno: 2022

Sinossi. Ogni punto di partenza ha bisogno di un ritorno. Per riconciliarsi con il mondo, dopo una storia d’amore finita, Adelaide torna nel paese in cui è nata, un pugno di case in pietra tra le montagne aspre della Val Germanasca: una terra resistente dove si parla una lingua antica e poetica. È lì per rifugiarsi nel respiro lungo della sua infanzia, negli odori familiari di bosco e legna che arde, dipanare le matasse dei giorni e ricucirsi alla sua terra: ‘fare la muta al cuore’, come scrive nelle lettere al figlio. Ad aspettarla – insieme a una bufera di neve – c’è Nanà, ultima custode di casa, novant’anni portati con tenacia. Levì, l’altro anziano che ancora vive lassù, è stato ricoverato in clinica dopo una brutta caduta. Isolate dal mondo per quattordici giorni, nel solo spazio di quel piccolo orizzonte, le due donne si prendono cura l’una dell’altra. Mentre Adelaide si adopera per essere utile a Nanà e riportare a casa Levì, l’anziana si confida senza riserva, permettendole di entrare nelle case vuote da tempo, e consegnandole la chiave di una stanza intima e segreta che trabocca di scatole, libri ricuciti, contenitori e valigie, in cui la donna ha stipato i ricordi di molte vite, tra uomini, fiori, alberi e animali, acqua e tempo. Una biblioteca di esistenze, di linguaggi, gesti e voci, dove ogni personaggio è sentimento, un modo di amare. Fotografie, lettere, oggetti che sanno raccontare e cantare il tempo: di guerra e povertà, amori coltivati in silenzio, regole e speranza, fatica e fantasia. Un testamento corale che illumina le ombre e le rimette in equilibrio. La bellezza intensa che respira oltre la vita e rimane in attesa di parole. Tuffarsi nella memoria significa avere il coraggio di inventare un altro finale e vivere oltre il tempo che ci è stato concesso, per ritrovare il luogo intimo di ognuno. La casa.

Recensione di Fiorella Carta 

La mia infanzia si è divisa, o moltiplicata, in tre case: mamma, nonna, prozia. Quella che sono ora è un impasto lievitato fra educazione, strade libere e racconti di un passato che non ho potuto vivere eppure è diventato mio.

Ecco perché questo romanzo ha rotto il mio equilibrio, la mia rigidità nascosta in mancanze mantecate dal tempo e altre ancora troppo verdi per essere anche solo assaggiate, non solo digerite.

L’equilibrio delle lucciole è una matrioska che racconta, incanala e assorbe tante storie, di una famiglia che non chiede lo stesso sangue ma la stessa radice.

Adelaide risale la sua esistenza, ritorna alle origini, in quella montagna che ha l’odore di un abbraccio, rientra alla meizoun a placare l’accettazione di un fallimento immersa nei profumi di Nanà, di Levì e di qualcosa e qualcuno di nuovo che riesce a insinuarsi senza turbare in una vita lontana dagli acufene cittadini.

Si riparte sempre da casa, per riaccendere la scintilla della nostra vita.
E in questo tempo dedicato al respiro Adelaide dà forma a un nuovo passato, in continue scoperte, rinnovate epifanie di un mondo che ha un suo linguaggio e alcune cose non hanno senso se tradotte.

Queste pagine tengono in vita una lingua che altrimenti resterebbe relegata per poi svanire. Come la mia di lingua, va cucita addosso agli abiti moderni per tenere salda anche nei giovani la sua purezza, la capacità di rendere i colori di un parlato ancora più vivo.

Il patois enfatizza, porta alla luce significati intraducibili e questa storia è un memento affinché le origini di qualsiasi lingua non vengano assorbite o sostituite da neologismi che snaturano.

Io nasco in montagna e sono tornata a casa, proprio come Adelaide, per rinascere sotto la neve, la campagna, il gelo, diventare nuovamente primavera sotto una coltre che conoscevo benissimo.

Le storie che nella mia infanzia hanno colmato la mia assenza quando sono accadute, me le hanno raccontate nella mia lingua, sono la calligrafia delle poesie di mio prozio, le cartoline dai viaggi di mia prozia, il suo giardino di fragole selvatiche e viole del pensiero, il pane riscaldato da mia nonna, le erbe aromatiche nel suo cortile e la gioventù di mia madre che ho rivisto da poco nelle sue foto.

Vedete come la forza di questo libro risieda nello specchiarsi esattamente nell’esistenza del lettore?

Appuntatevi nel cuore le frasi di Nanà, Adelaide vi guiderà in ciò che non capirete ma dopo le prime pagine la lingua del cuore si aprirà facilmente e capirete quanta saggezza e quanta magia si nascondono in questa storia che, nel finale, ristabilisce l’equilibrio perso grazie al percorso segnato dalle lucciole.

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Valeria Tron


è nata in Val Germanasca, dove vive per buona parte dell’anno. È illustratrice, mediatrice culturale e artigiana del legno. Questo è il suo primo romanzo.