L’eredità dei Taylor 




  L’EREDITÀ DEI TAYLOR

di Francesca Pasqualone

Scatole Parlanti 2023

Thriller, pag.194

Sinossi. Londra, 1899. L’investigatore privato Desmond T. Wilder viene invitato a una festa della buona società inglese e lì incontra per la prima volta Carl Harold Taylor, famoso industriale di materiali chimici per gli armamenti, suo figlio Edmund e sua nuora, di cui non riesce a scoprire il nome. Grazie al suo intuito investigativo e alla particolare sensibilità che lo caratterizza, gli pare di percepire una certa aura di mistero che circonda quelle tre figure, che lo angustia e lo colpisce nel profondo. Pochi anni dopo, viene contattato privatamente da un detective di Scotland Yard per indagare su un caso di omicidio che vede coinvolta proprio la famiglia, richiedendo il suo aiuto in quella che appare una situazione alquanto delicata. A quel punto, Desmond si ritrova sempre più invischiato in una storia contorta e crudele, che lo sfida ad affrontare i suoi stessi timori e traumi nascosti, così come i suoi sentimenti.


Recensione di Roberto Forconi

Ci troviamo a Londra, e quale periodo più florido per scrivere di misteri e omicidi, indagini e tradimenti se non quello dell’Epoca Vittoriana?

Un luogo e tempo sospeso nel tempo che nell’immaginario collettivo ha un posto unico che ha dato alla luce uno dei personaggi più iconici del genere poliziesco, tale Sherlock Holmes che non ha bisogno di presentazioni.
Ed è proprio da questo personaggio che il libro si impregna, fin dalle prime battute, volutamente scritte dalla Pasqualone, omaggiando ogni singolo passaggio del libro con omaggi e tratti distintivi del protagonista della storia,

Chi è Desmond T. Wilder?

E’ il collante della storia, il suo eroe e antieroe, ex militare dell’Impero congedatosi per aver ripudiato gli orrori della guerra e del sangue facile e ritornato dalle Indie a Londra si mette a fare l’investigatore, aiutato dai libri di successo di un tale Conan Doyle. Wilder dal canto suo sa sparare, giusto?
Ovviamente, è stato nell’esercito di sua Maestà la Regina Vittoria, ma preferisce utilizzare le sue doti oratorie e la minuziosa arguzia nel decifrare indizi e trovare prove che possano mettere fine al brutale omicidio del figlio di uno degli uomini più ricchi del paese, Edmund Taylor.

Ci sono diversi personaggi che fanno da contorno in questa storia ma non emergono mai abbastanza da poter mettere a repentaglio la singolare attitudine di Desmond di essere al centro dell’attenzione in ogni passaggio del libro.
Stiamo o non stiamo parlando di un libro debitore della tradizione Holmesiana?

Ed è qui che si apre uno spartiacque che mette da una parte la volontà dell’autrice di creare un alter ego che possa essere da solo la fiamma che manda la storia, e dall’altra, un alter ego che si stereotipa a volte eccessivamente finendo per risultare noioso e privo di fascino. 

Nel corso degli anni, moltissimi scrittori si sono cimentati nell’ambientazione Vittoriana per mettere in scena delitto e castigo con un pizzico di mistero, ma non sempre sono riusciti nell’intento. Scrivere di Londra fine ‘800 è come scrivere un romanzo di perdizione e amore, di totale dedizione e conoscenza del periodo storico, non solo attraverso la letteratura di genere.

In questo libro si cerca troppo di porre l’attenzione sull’epoca senza mai mostrarla realmente, se non per i soliti fatti e personaggi noti e questo è un grosso limite del libro che di per sé scivola via piuttosto veloce – essendo anche corto – e a tratti sa essere anche piacevole per la leggerezza della scrittura – forse, troppo -.

Una storia che già abbiamo letto molte volte che non soddisfa appieno nella sua realizzazione, ma che mostra il potenziale di una nuova scrittrice che in futuro avrà sicuramente modo di mettersi in mostra.

INTERVISTA

Buongiorno Francesca e grazie per essere sulle nostre pagine con il tuo romanzo d’esordio “L’Eredità dei Taylor”; potresti raccontarci la sua genesi, le idee che ti hanno portato poi a realizzare questo tuo progetto? 

Buongiorno a voi, sono molto contenta di poter discutere insieme del mio libro. “L’eredità dei Taylor”, a voler essere del tutto sinceri, è un romanzo che è nato un po’ per caso, o meglio è una storia che mi è sorta spontanea. Scrivere di narrativa è sempre stato il mio sogno nel cassetto, un desiderio che custodisco dentro di me fin da quando avevo 8 anni, e ciò mi ha portata, nell’arco di questi vent’anni, ad elaborare in continuazione trame ed intrighi, così come riflessioni profonde e slanci poetici, all’interno di un’attività immaginativa che non si era mai riuscita davvero a concretizzare, fino ad ora. Forse, stavo semplicemente aspettando la storia giusta, per così dire. Sicuramente, alla base tanto delle suggestioni quanto delle idee che mi hanno condotta a questo romanzo ci sono la passione per il mistery, ovviamente, ed in special modo per le detective stories di stampo britannico, da un lato, ed il noir, dall’altro. Allo stesso tempo, dal momento che il romanzo è costruito fortemente sull’introspezione dei personaggi, che ho tentato di rendere il più possibile poliedrici, quasi da voler infondere loro la vita (ed invero, posso affermare che essi camminano sulle loro stesse gambe ormai), diverse narrazioni che ho incontrato nelle mie letture mi sono state di enorme ispirazione e supporto. Tra queste, annovero senza riserve diversi romanzi di Ian McEwan, che di certo ripone sempre un attento studio in quelli che sono i lati più oscuri, problematici e spaventosi dell’essere umano, così come c’è anche Oscar Wilde, per il modo in cui monumentalizza i sentimenti, ma anche per il suo uso estremamente acuto e pungente dell’ironia e della satira rispetto ai costumi vittoriani. Da ultimo, essendo io una sociologa del lavoro e dell’intersezionalità e occupandomi di problematiche sociali che riguardano in buona parte gruppi discriminati, è stato quasi inevitabile (e comunque, una scelta totalmente voluta) quella di trattare all’interno della storia de “L’eredità dei Taylor”, a fianco a ed intrecciate con la trama investigativa, tematiche inerenti, per esempio, il sessismo, l’abilismo, il razzismo e la salute mentale. Quindi, posso dire che questo romanzo parla molto del mio sentire, delle mie “ossessioni” e delle mie tensioni morali. 

L’Epoca Vittoriana è ricca di suggestioni e personaggi che hanno formato il nostro immaginario sulla fine dell’800. Cimentarsi in un progetto del genere richiede conoscenza del periodo, dei suoi eroi e assassini, ma soprattutto ci vuole un gran coraggio ad immergersene senza uscirne provati. Quale è stato il tuo approccio, e quali le tue fonti di ispirazioni, magari non propriamente ottocentesche… 

Faccio una premessa: non mi sono mai illusa di non uscirne provata. Come accade a Desmond, il mio protagonista, a volte è «necessario essere disposti ad addentrarsi nell’oscurità». Mi dispiacerebbe molto, ovviamente, se questo dovesse accadere anche ai miei lettori, ai quali però auguro comunque di non sentirsi mai inibiti nelle loro considerazioni e al contrario di abbracciare ogni pensiero, critica o accordo, che potrebbe scaturire dalle loro riflessioni in seguito alla lettura del romanzo. Concordo pienamente sul fatto che l’Epoca Vittoriana riesca ad esercitare un fascino incredibile ai giorni nostri ed io sono la prima a subirlo; detto questo, è stato anche un lungo periodo storico altamente problematico, per via delle dinamiche imperialiste del Regno Unito così come per i forti squilibri dovuti alle iniquità economiche e sociali. In tal senso, credo che sia un periodo profondamente contradditorio e questo è l’elemento che mi ha sempre attirato di più. Pongo un primo riferimento esemplificativo: “Tre uomini in barca” di Jerome K. Jerome. Si tratta di un romanzo a dir poco spassoso, che alla fin fine potrebbe anche solamente essere letto come un piccolo e decisamente poco pretenzioso viaggio di avventura di tre uomini britannici dell’epoca; eppure, nascoste tra le righe, sono sempre presenti delle vere e proprie stilettate ai costumi vittoriani, alla rigidità morale che però non tiene il passo con la realtà dei fatti e di come tutto questo, per quanto ironico, in qualche modo divenga alla fin fine insostenibile. Allo stesso tempo, c’è questa grande auctoritas del genere giallo che è Sir Arthur Conan Doyle che, in modo sorprendente perfino per lui, riesce a cogliere la brama del pubblico inglese di allora per la violenza, il mistero e, in definitiva, il male, quasi che si avvertisse il bisogno cocente di affrontarlo e così poi esorcizzarlo. Ecco, io non voglio demistificare nulla: io voglio che quel male venga osservato per bene e che ci si faccia i conti e credo che questa sia un’esigenza molto comune ai giorni nostri. In questo senso, l’Epoca Vittoriana può funzionare come una metafora privilegiata, anche perché ammantata da quella fascinazione di cui abbiamo già parlato e che per questo la rende intrigante, per poter da ultimo mettere in dubbio molti dei credi ai quali ci affidiamo tutt’ora.

In un mondo letterario dove negli ultimi anni il giallo e il thriller la fanno da padrone in termini di nuovi scrittori e vecchi che si cimentano nel “genere”, dove ti vedi nel prossimo futuro? E soprattutto hai già idee per il tuo prossimo romanzo? 

Parto dalla fine: sì, ho già diverse idee per il mio prossimo romanzo, vorrei proseguire con le avventure di Desmond, così come di alcuni dei personaggi che lo hanno affiancato ne “L’eredità dei Taylor”, e magari di altri che ancora non conoscete. Senza fare alcuno spoiler, la storia seguirà un processo evolutivo che scaturirà dai fatti che sono avvenuti in questo primo capitolo, dalle strategie con cui Desmond e gli altri tenteranno di affrontarli e da quanto i nuovi avvenimenti che si presenteranno alle loro porte contribuiranno a porli di fronte a delle scelte. Essendo in continuità con “L’eredità dei Taylor”, ovviamente alcuni topoi ritorneranno; ma visto che ogni storia è unica, ci sarà molto altro di cui discutere e su cui indagare. Dove mi vedo io? Speriamo in libreria! A parte gli scherzi, spero davvero di poter presentarmi un giorno, senza ritrosie ed imbarazzi, come: “Francesca Pasqualone, scrittrice”. 

Ti ringrazio Francesca per averci accompagnato alla conoscenza del tuo libro e speriamo di rivederci presto sulle pagine del nostro sito.

Roberto Forconi

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Francesca Pasqualone 


è nata nel 1994 a Roma. Si è laureata in Sociologia presso l’Università “La Sapienza” specializzandosi su tematiche riguardanti il mercato del lavoro, le discriminazioni di genere, le migrazioni e l’intersezionalità. L’eredità dei Taylor è il suo romanzo d’esordio.