L’istinto del lupo




Sinossi. Le vicende del figlioccio di un boss tra mafia, politica e servizi segreti. Traffici di droga e ammazzamenti negli anni Ottanta tra la Sicilia e Londra. Il lupo fa branco e obbedisce all’istinto. L’istinto, stimolato dall’olfatto, lo spinge a una caccia perenne. Il lupo marca il territorio con l’urina e il sangue dei rivali. Il 1982 e il 1983 sono gli anni dell’ascesa al potere mafioso di Nitto Santapaola nel catanese e di Totò Riina nel palermitano. Ma sono anche gli anni del boom dell’eroina e della commistione fra servizi, mafia e politica. Agatino e Liborio rapinano banche. Non sono affiliati a nessuna squadra mafiosa, ma Agatino è il figlioccio di Nitto Santapaola. Quando Nitto gli chiede un favore è bello grosso: far parte del gruppo di fuoco che eliminerà il generale Dalla Chiesa. Per ricompensarlo gli affiderà la messa in opera della prima raffineria di eroina. La loro vicenda si intreccia con quella di uomini dei servizi e poliziotti ingenui che non hanno capito il gioco, e quando l’hanno capito, è troppo tardi. La guerra per l’eroina costringe Agatino a scappare a Londra, dove nel giro di pochi mesi crea un proprio giro d’affari. Ma ecco che Nitto lo richiama a Catania: sarà il momento della resa dei conti.

 L’ISTINTO DEL LUPO

di Sal Costa

Morellini 2023

Thriller, 312

 Recensione di Samanta Sitta

Un romanzo che è una piacevole sorpresa, questo “L’istinto del lupo”.

La storia inizia con il clan di Nitto Santapaola che decide di allargare la sua influenza e i suoi affari aprendo una raffineria di eroina a Catania, nella cui gestione coinvolge il figlioccio Agatino e il suo uomo di fiducia, Liborio, rapinatore esperto che poco si intende delle finezze della vita mafiosa.

Il quadro tratteggiato da Sal Costa è da brividi: sulla scia di serie tv fortunate e libri di successo, ci mostra un mondo oscuro, in cui crimine e legalità vanno a braccetto, dove una mano lava l’altra e la regola fondamentale è “non toccare la cassa”.

Insieme alla crescita del clan di Santapaola, assistiamo a eventi reali e immaginari che hanno segnato la storia recente d’Italia, o che potrebbero essere realmente accaduti nel clima difficilissimo degli anni Settanta e Ottanta. Tra generali uccisi da strane combinazioni di servizi e mafia, agguati orditi da ex fascisti reinventati come avvocati, mafiosi e servizi… il mondo si rivela per un intreccio quasi indistinguibile di trame e sottotrame, in cui nulla è scontato e nessuna testa è abbastanza importante da essere intoccabile.

Assistiamo anche alla crescita e affermazione di Totò Riina, un nome che tutti, anche chi non segue con grande attenzione le vicende della criminalità organizzata, conoscono nella nostra nazione.

L’intreccio di elementi possibili e reali funziona bene nel delineare una storia di crimine, affari e vendette che intriga il lettore senza difficoltà.

Mi sarebbe piaciuto vedere un maggior approfondimento psicologico dei personaggi, ma immagino che in un romanzo come “L’istinto del lupo” sia naturale sacrificare alcuni aspetti per favorire l’azione. È curiosa anche l’assenza di un personaggio che sia completamente buono o cattivo: sono tutti grigi, chi più perla, chi più antracite, ma nessuno è completamente schierato in negativo o in positivo. Anche questo evidenzia la pochezza umana di questi individui, per cui tutto può essere sacrificato in nome del denaro e dell’onore, che è un altro mezzo per ottenere denaro. Una scelta insolita, ma interessante.

È innovativa la struttura dei capitoli, un dettaglio che mi ha colpita subito. Le vicende sono narrate in parte in ordine cronologico, con l’indicazione rigorosa di luogo e data, con una tecnica narrativa tradizionale, e in parte con altri espedienti che aiutano anche a restituire l’atmosfera degli anni in cui ci troviamo, scelta che potrebbe aiutare molto i lettori più giovani a vivere meglio la lettura. L’idea di utilizzare la descrizione delle fotografie, ad esempio, per tratteggiare la crescita e le vicende di Agatino mi è sembrata particolarmente simpatica. La fotografia analogica trasmette l’idea di un tempo diverso, in cui anche i valori erano differenti e percepiti in modo speciale. Una scelta da benestanti, in fondo, perché la fotografia non era alla portata di tutti.

Da segnalare anche il capitolo in cui Sal Costa racconta l’agguato dei Ceusi di Picanello: una serie di paragrafi concisi, che uniscono spaccati di vita e cronaca, ambientati nello stesso istante in luoghi diversi, che restituiscono la simultaneità dell’evento come uno schermo che riunisce le riprese di più telecamere di sorveglianza. Un piccolo escamotage, semplice nella realizzazione, ma che ho trovato molto efficace. La chiusura di ogni paragrafo, con la conta di morti e feriti, aggiunge un tocco di compostezza da telegiornale che aiuta a entrare nella vicenda e sentirla con una crudezza realista molto di impatto.

“L’istinto del lupo” è una lettura scorrevole, che ho apprezzato e che potrebbe appassionare anche chi apprezza già i romanzi narrati dal punto di vista dei criminali. Forse non sarà il capolavoro dell’anno del genere thriller, ma può offrire momenti di buon intrattenimento ed evasione, fino a un finale che sorprende e riesce anche a strappare un’amarissima risata!

Alcune frasi sono davvero pungenti nell’ispirare riflessioni scomode sulla società in cui viviamo e sui nostri valori come individui.

Riporto lo scambio tra Agatino e Liborio che ho trovato particolarmente vicino al mio sentire. Soldi e libertà: un binomio che ancora oggi riempie e determina la vita di tante persone, su cui è bene riflettere con attenzione prima di scegliere.

«Caviale e champagne, e s’è per quello, pure coca e femmine, mi pare che non ce li siamo mai fatti mancare. O sbaglio? E in più eravamo liberi.»

«Perché, non siamo liberi?»

«Sotto padrone. Solo questo ti dico. Sotto padrone.»

«Ma se quello, Nitto, è un padre!»

«Padre padrone. Te li prendi tu i soldi del giro dell’eroina?»

«Che c’entra? a me, a noi intendo, ci entrerà quel tanto da permetterci di fare i signori.» «Cioè un tot.»

«Diciamo un tot, ma un tot bello grosso, milioni, forse miliardi.»

«E per questo tot, milioni, miliardi, tu sei pronto a scattare agli ordini… a perdere la libertà.»

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Sal Costa


è nato e vive a Catania. È autore di romanzi: Un du’e tre. La vera storia di Johnny il pompiere (1997), Visioni di Jack (1999), Bollito duro (2014), Il mercante di Dio (2018). Presente in riviste e antologie nazionali ed estere con racconti e poesie. Tradotto in polacco nel volume Mòjdziadek to Atlas ojciec Czlowiek-Ryba. Ha scritto un testo di teatrodanza, I frutti di Pomo Pusillo, due monologhi teatrali, Nine Steps e, in vernacolo, U sceccu do Signuri, e la commedia Il segreto di Audrey Hepburn. Nel 2005 è stato selezionatore, per la sezione Letteratura, alla Biennale Giovani Napoli. Ha fatto parte della Giuria Tecnica all’EtnaBook 2019 e 2020. Per Morellini Editore ha scritto il racconto per l’antologia a cura di Gabriella Kuruvilla Sicilia d’autore (2019) e i romanzi Come ammazzare il tempo quando sei morto (2021) e Saravà (2022).

A cura di Samanta Sitta

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