L’ultima nave per Tangeri




Recensione di Stefania Ceteroni


Autore: Kevin Barry

Traduzione: Giacomo Cuva

Editore: Fazi

Genere: narrativa contemporanea

Pagine: 246

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Nel porto spagnolo di Algeciras, Maurice e Charlie, due irlandesi sulla cinquantina, tengono d’occhio le navi per Tangeri. Stanno cercando Dilly, la figlia di uno dei due. Maurice e Charlie si conoscono fin dall’adolescenza: sono due ex trafficanti, hanno iniziato a spacciare da giovani, sono cresciuti, hanno fatto i soldi, hanno pestato i piedi ai rivali, si sono dovuti nascondere per non essere ammazzati, hanno attirato la sfortuna, sono andati in esilio innumerevoli volte, hanno bevuto come spugne, si sono strafatti di eroina, hanno amato e tradito la stessa donna, Cynthia, per la quale si sono accoltellati. Ormai tagliati fuori dai giri criminali, Maurice e Charlie, due presenze minacciose soltanto in apparenza, si rivelano per ciò che sono diventati: due ex criminali al verde, due balordi noti come macchiette all’interno del porto, che inseguono un fantasma che forse non è mai esistito se non nella loro immaginazione. Finalista al Man Booker Prize, incluso nella lista dei cinque migliori romanzi dell’anno per «The New York Times» e in testa alle classifiche irlandesi, L’ultima nave per Tangeri è un romanzo ossessionato dal mistero dell’amore, intriso di una bellezza malinconica e di un umorismo raro che conferma Kevin Barry come uno dei più talentuosi e premiati autori irlandesi contemporanei.

Recensione

La ricerca (piuttosto statica, a dire il vero) di una ragazza scomparsa, l’attesa, il viaggio nei ricordi, il presente molto diverso da ciò che è stato e da ciò che ci si era aspettati allora.

E ci sono loro: Maurice e Charlie che – in un contesto fatto di flashback in cui i ricordi si scontrano e si rincorrono, facendo a pugni con un presente molto più grigio del previsto – mostrano di essere molto diversi da come le rispettive esperienze di vita li ha forgiati.

Ex trafficanti, amici da anni, due figuri considerati pericolosi per dei trascorsi tutt’altro che tranquilli, i due cinquantenni si trovano a stazionare nei pressi del porto di Algeciras – città situata nella provincia di Cadice nella comunità autonoma dell’Andalusia, in Spagna – alla ricerca della figlia di Maurice che manca da tre anni.

Più che una ricerca io l’ho avvertita come un’attesa.

Anche piuttosto triste come situazione, devo dire.

Ciò che maggiormente colpisce, prima ancora della storia, è lo stile narrativo proposto dall’autore con un continuo flusso di pensieri che tende anche a spiazzare un lettore poco avvezzo ad una tecnica di questo tipo. Io ammetto di aver fatto fatica ad entrare nella storia proprio per questo: continui flashback che si alternano a dialoghi e pensieri portando il lettore avanti e indietro nel tempo in alcuni momenti anche in modo confuso, dialoghi formalmente privi di punteggiatura e lasciati alle mercé del lettore che sente quelle parole come se gli venissero buttate addosso in flusso continuo. Un po’ spiazzante, per me, ma senza ombra di dubbio originale.

Sono dei tipi loschi, è vero, hanno avuto entrambi dei trascorsi di cui non andare fieri ma ne portano i segni addosso, con un dolore latente che emerge pian piano, andando avanti con la lettura.Maurice e  Charlie hanno fatto delle scelte, in passato, che li hanno segnati e che hanno lasciato delle cicatrici apparentemente non visibili, apparentemente mimetizzate ma, a ben guardare, ben presenti nella loro anima. E pulsanti!

Il racconto dei loro trascorsi non mi è piaciuto più di tanto, lo ammetto. Viene proposto con una certa spocchia, ma credo che siano proprio le circostanze che lo richiedano. Un racconto che poi si scontra con il presente in cui si confrontano due persone che fanno i conti con dei vuoti profondi, difficili da riempire.

E se, in passato, i due ex trafficanti hanno vissuto senza preoccuparsi del futuro, in barba ad ogni regola ed ogni morale, arriva poi il momento di cambiare rotta e invertire quella marcia che, oramai, ha segnato un percorso rispetto al quale non sono ammessi ripensamenti. Si trovano, così, a fare i conti con un presente incerto ed un futuro ancora più incerto, fatto di solitudine e di mancanze.

Ho letto questa in questa vicenda una sorta di parabola discendente della vita: l’accelerazione massima nel momento della gioventù verso la maturità, quando non si ha paura di niente e di nessuno, quando si vive di eccessi e di spavalderia, quando si sceglie una strada che sembra adatta a spalancarne chissà quante altre per arrivare, pian piano, a scendere verso il basso quando si arriva a perdere quella spocchia di una volta per fare i conti con un destino che non restituisce altro che non sia solitudine e vuoto.

Su una panchina.

Quella del porto in cui parte la nave per Tangeri.

E’ un libro che consiglio a chi non si lascia spaventare da uno stile fuori da ogni convenzione. Uno stile originale di un autore che mette alla prova il lettore al quale non consegna un classico romanzo lineare e semplice da comprendere ma al quale consegna due vite.

E la vita, si sa, non è mai così lineare e chiara come si vorrebbe!

A cura di Stefania Ceteroni

https://libri-stefania.blogspot.com

 

Kevin Barry


Ha esordito nel 2007 con la raccolta di racconti There are Little Kingdoms. Successivamente ha pubblicato un’altra raccolta di short stories, Dark Lies the Island, e due romanzi: City of Bohane, vincitore nel 2013 dell’International impac Dublin Literary Award, e Beatlebone, vincitore nel 2015 del Goldsmiths Prize.

 

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