L’ultimo respiro della notte




Recensione di Angela Giusti


Autore: Ferdinando Pastori

Editore: Edizioni Clandestine

Genere: thriller

Pagine: 304

Anno di pubblicazione: 2019

 

 

 

 

 

 

Sinossi. “Piove merda dal cielo. Gocce pesanti che, cariche di sabbia proveniente dalle sponde africane del Mediterraneo, esplodono sul parabrezza. La notte è incazzata. Fredda e buia. Il ritmo dei tergicristalli eccessivo e fastidioso”. Fosco vive a Ibiza, ha reciso ogni legame con il passato. “La vocina che ti parla da dentro, che ti consiglia di muoverti con cautela, si fa più insistente. Se avesse anche un volto, ti lancerebbe un’occhiata colma di disapprovazione. Resta fuori dai guai, dice. Troppo tardi, rispondi”. Uno sparo sordo nella notte. Fosco oggi non è più un poliziotto, convive con un proiettile incastrato nella testa, con i flash back dei ricordi e poche certezze. Tornerà a Milano dopo una sconvolgente telefonata e sarà costretto a indagare sulla morte sospetta di uno dei suoi migliori amici. Interpretando suo malgrado il ruolo dello sfidante in un gioco perverso e pericoloso.

 

 

Recensione

L’ultimo respiro della notte è un libro che ha del potenziale ma che purtroppo non si esprime appieno e lascia un po’ l’amaro in bocca.
Presenta tutti gli elementi tipici del thriller: un protagonista ganzo, un serial killer, la femme fatale, l’ indagine investigativa, quel tanto che basta di sangue e anche, udite udite, il coup de theatre finale. Purtroppo però non sempre basta mescolare gli elementi per creare un risultato ottimale.
Vediamo nel dettaglio ciò che si salva e ciò che invece no.

La narrazione in prima/seconda persona. Sì.
L’autore sceglie un metodo narrativo alternativo:  lo fa passando dalla prima alla seconda persona. Questa scelta stilistica originale dà movimento e fluidità alla narrazione, arricchendola. Il lettore vive in diretta con il protagonista l’evolversi degli eventi e ha una visuale avvantaggiata anche sui suoi pensieri e stati d’animo, riuscendo a sentirlo più vicino. Mi piace.

Lo stile che spezza la sintassi : NO.

L’ultimo respiro della notte ha uno stile particolare. Se da una parte utilizza descrizioni colorite e non prive di estro, dall’altra spezza la sintassi per dare enfasi a certi dettagli o concetti. Anche se. Chiaramente l’ autore desidera farne il suo marchio di fabbrica credo che. Alla lunga possa stancare. E questo era solo un esempio per farvi capire come procede in certi punti. Originale ma pesante.

La trama narrariva: NI
È risaputo che la struttura di un romanzo sia alla stregua di un palazzo. Se le basi non sono solide, il palazzo non sta in piedi, se qualcosa è carente, il palazzo sarà mediocre o, nei casi più estremi, crollerà. Ne L’ultimo respiro della notte certe cose funzionano e altre no. La storia si segue, a modo suo è anche avvincente, ma ci sono piani cadenti, con pezzi mancanti, da ristrutturare e rivedere.
Si ha come l’impressione che l’autore abbia voluto inserire troppi elementi, con il risultato di lasciarne alcuni non opportunatamente definiti e perdendosi un po’. Forse sarebbe stato meglio inserire meno elementi, ma più definiti.
Questo sovrannumero di elementi crea un finale leggermente trasandato e precipitoso, ed è un peccato, perchè in quattro e quattr’otto viene risolto anche il mistero aperto a inizio romanzo, dettaglio su cui valeva la pena tenersi in standby, dato che il finale è aperto, quindi probabilmente c’è l’idea o l’intenzione di un sequel.
AMBIENTAZIONE NOIR e UMORISMO: NI
Pastori oscilla parecchio tra un’ambientazione dark/noir e momenti (specie negli scambi di battute) umoristici (belli), denotando un’ottima padronanza di entrambi. Eppure questa commistione di stili rischiano di confondere po’ il lettore e il tutto si riversa malauguratamente sulla figura del protagonista.  Fosco è un personaggio positivo o negativo? È un malinconico depresso o un simpatico umorista? È uno sciupafemmine incallito o un romantico dal cuore tenero? Considerando quanto tempo impiega per innamorarsi di Estelle, il personaggio femminile, prendiamo più per la seconda opzione, il che ci va bene, ma avremmo preferito da parte dell’autore una più netta demarcazione. Un autore confuso, confonde il lettore.

Insomma, da un incipit di questo tipo:

“Piove merda dal cielo. Gocce pesanti che, cariche di sabbia proveniente dalle sponde africane del Mediterraneo, esplodono sul parabrezza. La notte è incazzata. Fredda e buia. Il ritmo dei tergicristalli eccessivo e fastidioso”

Ci aspettavamo qualcosa di più.

Nonostante alcuni peccatucci veniali, Pastori dimostra di saper scrivere e anche bene. La sua è una scrittura ricca da cui emerge un ottimo livello culturale. È chiaro che l’autore è uno che legge, e legge di tutto ed è vivo in lui il sacro fuoco della scrittura.
Aspettiamo il prosieguo, sperando che le cose siano più definite.

 

Ferdinando Pastori


Ferdinando Pastori è nato a Galliate (NO) nel 1968. Vive e lavora a Milano. Appassionato di letteratura americana, soprattutto del minimalismo di Carver e della corrente post-minimalista di B. E. Ellis, Jay McInerney e Leavitt, predilige la struttura narrativa del racconto per l’intensità, la tensione e le emozioni che si possono condensare in un breve testo. Scrive dal 2003 e con Edizioni Clandestine ha pubblicato Euthanasia, Vanishing Point, No Way Out e Piccole storie di nessuno. Nel 2004 si aggiudica il premio “Roma Noir. Autori, editori, testi di un genere metropolitano” con il racconto “Mantis (come una…)”.

 

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