L’ultimo segreto di Paganini





Recensione di Clementina Di Branco


Autore: Davide Lazzeri

Editore: Aliberti

Genere: thriller

Pagine: 294

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. 1840 Muore dopo anni di malattia il più grande violinista della storia, Niccolò Paganini, lasciando un segreto pericoloso per l’umanità. Rimarrà celato per più di un secolo e mezzo. 2012. Mentre a Genova vengono barbaramente massacrati due studiosi di musica artefici di una scoperta sensazionale, a Shanghai un luminare della chirurgia ricostruttiva viene ricattato e costretto ad eseguire interventi pericolosamente innovativi. 2013. Un famoso scienziato newyorkese dal passato torbido scompare nel nulla e contemporaneamente a Parigi ricompaiono i cadaveri mutilati di un gruppo di giovani violinisti russi rapiti l’anno prima. Quali connessioni ci sono tra questi eventi e quelli dell’anno precedente? Claire Coriner – scienziata neuropsicobiologa – comincia ad indagare seguendo indizi che la portano in Europa. Seguendo un unico filo di sangue, potere e follia che lega gli eventi tra Italia, Francia, Germania e Spagna, farà luce su una catena di crimini, abili depistaggi ed eventi poco chiari che affondano le proprie radici nell’era nazista e negli sviluppi della musicoterapia. Scoprirà che le ragioni di tutto questo risalgono all’ultimo giorno di vita di Niccolò Paganini e nelle peculiarità delle sue composizioni eseguite con il suo violino. Riuscirà a scongiurare la minaccia che incombe? Ricco di scienza e di storia, questo romanzo accompagna il lettore attraverso scoperte mediche e teorie sul potere della musica. E nel male che si annida nel cuore dell’uomo mescolando abilmente fiction e realtà. Ripercorrendo la vita del violinista più abile, controverso e chiacchierato della storia, il libro L’ultimo segreto di Paganini scandaglia il lato oscuro demoniaco dell’artista in un thriller mozzafiato che condurrà ad una verità inaspettata e crudele. Cosa sta rischiando davvero il mondo?

Recensione

L’ultimo segreto di Paganini è un thriller storico che raccoglie in sé narrazioni apparentemente lontane nel tempo e nello spazio. Di questi frammenti che nascondono orride verità, solo alla fine del romanzo e con grande abilità, l’autore ci renderà partecipi, svelandoci come esse siano collegate.

L’elemento biografico, accurato nel caso della figura di Paganini, e quello storico, verosimile nel caso del richiamo agli studi dei nazisti sul controllo delle menti attraverso la musica, sono la base di questa opera prima, ma l’abilità di Lazzeri risiede certamente nel riuscire a fondere con sicurezza biografia, storiografia e finzione per creare un romanzo avvincente in cui il lettore è guidato da una prosa fluida e sobria che non cede mai ad un eccesso di particolarismo neanche là dove potrebbe – in particolare nelle digressioni mediche, considerando che il nostro autore è prima di tutto un medico specialista.

Proprio l’elemento “fittizio” ovvero l’indagine italo-francese che tocca Spagna, Svizzera, Stati Uniti, Germania e Ucraina, permette al lettore di entrare in contatto con un passato che non passa e ancora oggi si rivela attuale.

L’ultimo segreto di Paganini è anche un thriller che indaga sul potere persuasivo della musica prendendo a modello colui che potrebbe essere definito una rockstar ante litteram, il maestro Paganini appunto, figura sempre in bilico tra verità e leggenda.

Tuttavia nel romanzo la musica diventa anche ossessione e tortura, figlia di un’ideologia folle che oscura le menti.

Ed  è proprio nella mente che si annida la follia. Là, grazie all’autore, abbiamo il permesso di andare a guardare per scoprire il nascondiglio del diavolo.

 

INTERVISTA

Il personaggio di Paganini, di cui vengono riportati storie e leggende che hanno accompagnato la sua fama, sia in vita che dopo la morte, è la cifra di una sensibilità romantica che tende alla dannazione. Quanto risulta interessante e moderno oggi un personaggio come il grande maestro?

Paganini è stato il primo compositore a cimentarsi in una tournèe europea alla stregua di una rockstar. Si è per così dire inventato il divismo. Stuzzicava i critici musicali, sfidava i suoi detrattori e si scontrava spesso con il pubblico aumentando il costo dei biglietti per i suoi spettacoli 4-5 volte la norma. Si atteggiava a prima donna. Era odiato da tutti prima delle esecuzioni. Ricorda in questo senso molto star moderne che si atteggiano nella medesima maniera. Paganini se lo poteva permettere perché aveva un gran potere: la sua musica. Con quella tacitava ogni questione. Nel momento stesso in cui iniziava a suonare trascinava le folle e determinava scene di delirio parte del pubblico uditore: lacrime, pianti, isteria, svenimento erano all’ordine del giorno sia in teatro che al momento delle esecuzioni a corte. Alcuni colleghi di Paganini caddero in depressione e non vollero più suonare. I compositori dell’epoca, pianisti, furono talmente ipnotizzati e affascinati da adattare le produzioni di Paganini al proprio strumento.

Era un ottimo affarista e business man. Sapeva come vendersi e come crearsi visibilità anche a costo di sfruttare canali meno consoni come il famigerato patto con il diavolo. Possiamo consideralo il primo artista che ha sfruttato la comunicazione e la propria immagine, per quanto negativa nell’immaginario collettivo, per lanciare la propria carriera. Annotava entrate ed uscite in un quadernetto rosso che portava sempre con sè. Girava per le città sede delle proprie accademie per studiare l’impatto generato: recensioni sui giornali, influenza artistica e modaiola. Tutto ciò che era collegato alla sua figura era per lui segno di visibilità e quindi di successo. In questo senso è stata la star di musica classica più moderna in assoluto. Basti pensare che di lui sono state tramandate più le leggende e le influenze sociali che la musica ed i dettagli della sua tecnica portentosa.

Da dove nasce l’idea di un patto con il demonio? La fortuna di Paganini, nello scegliere il violino come strumento, è stata anche la sua sfortuna. Sin dalla sua invenzione, il violino è stato considerato uno strumento diabolico. Il suono, così simile alla voce umana, ne ha fatto uno strumento snobbato agli inizi, finanche liquidato a oggetto da saltimbanco. Bandito dalla Chiesa, fu solo alla corte francese di Caterina de’ Medici che venne introdotto nel mondo che conta. Nel tempo si contrapposero due filosofie: chi considerava il suono proveniente dal violino la voce di un angelo e chi invece ne identificava un messaggio diabolico. Da una parte gli adulatori di Jean-Marie Leclair, il più famoso violinista francese del diciottesimo secolo, definito “angelo” per il suo modo di suonare e per le melodie proposte. Dall’altra Tartini, con il suo Trillo del Diavolo, e successivamente Paganini. Furono questi ultimi due personaggi a creare nell’immaginario collettivo l’idea che il violinista fosse in combutta con il demonio e che la melodia sprigionata dallo strumento fosse il mezzo mediante cui Satana tentava di controllare la mente degli auditori. Ricordiamo che Goethe nel suo Faust fa suonare il violino a Mefistofele e non altri strumenti. Unitamente al fatto che esistono vuoti biografici della prima metà della vita del violinista, colmati sia da egli stesso che da persone dell’epoca con fantasiose storie tendenti al soprannaturale. Paganini all’inizio della sua carriera ne incrementò la diffusione e l’accezione negativa e demoniaca, pensando che la sua fama ne avrebbe tratto vantaggio, espandendosi quindi a macchia d’olio. Probabilmente all’inizio fu così, ma nell’ultima parte della sua carriera ne pagò le conseguenze sia in termini sociali che religiosi.

Ecco come è nato il mito di Paganini, prima rockstar maledetta moderna, figlia di un romanticismo superstizioso.

Nel romanzo la musica abdica alla sua funzione consolatoria per diventare ossessione e strumento di tortura. Questa deformazione rispecchia semplicemente una perversione umana?  Oppure, secondo lei, c’è un elemento oscuro che appartiene ad ogni creazione artistica (musica, arte)?

L’elemento oscuro in questo caso è l’anima dell’essere umano. La musica nel libro è affrontata nel duplice ruolo di arte e mezzo per la terapia medica. Mi soffermerei su quest’ultimo ambito. Il romanzo esplora tutto ciò che concerne gli effetti cerebrali curativi della musica sin dagli inizi della sua applicazione, quando veniva somministrata empiricamente senza conoscerne i meccanismi biochimici ed elettrofisiologici, sia successivamente alla sua dimostrazione oggettiva di attività a livello neurologico. É proprio la dimostrazione e la possibilità di avere effetti benefici efficaci di un mezzo, un sistema, un macchinario, a livello cerebrale attivo o del subconscio seppure con finalità mediche, che determina l’insorgenza di quesiti di natura etica e morale. Quanto è labile il confine tra effetto curativo ed effetto indotto? Quanto è manipolabile il mezzo, il sistema, il macchinario che determinano l’effetto e quanto invece è modificabile l’effetto in sé?

Più che di perversione umana o di esoterismo insito in ogni forma d’arte, il romanzo mette in luce l’ossessione dell’uomo malvagio che è da sempre stata il controllo della mente. Di fronte a tale possibilità, la domanda che sorge è quanto sia pericoloso progredire con gli studi in atto? Se la musicoterapia riuscisse a svilupparsi definitivamente come branca indipendente della medicina e non solo una supplente parziale di altre, quanto è alto il rischio che venga sfruttata con fini poco raccomandabili. Di pari passo il romanzo apre uno spiraglio anche sul futuro più o meno quasi presente della chirurgia. Gran parte delle informazioni inserite riguardo i progressi della microchirurgia e chirurgia rigenerativa sono difatti già realtà. Gli ulteriori sviluppi saranno drammaticamente rapidi. Avremo “pezzi di ricambio” biologici per il nostro organismo pronti all’occorrenza. L’oncologia e la traumatologia faranno passi da gigante in tal senso. L’altra faccia della medaglia, come d’altronde nella musicoterapia, però sarà che forse andremo incontro all’assemblamento di un superuomo.

Il confine tra etica e morale nello sviluppo della medicina del futuro sarà sempre più labile. Sarà compito anche dei medici demarcarlo il più possibile e travalicarlo il meno possibile.

Ancora oggi il periodo nazista si rivela una miniera inesauribile di orrori a cui poter attingere. L’articolazione del romanzo in diversi punti geografici sembra trovare un’unità nella follia nazista, oltre lo spazio e il tempo. È così?

Il nazismo è stato uno dei periodi più drammatici della storia. Sebbene si ricordi più frequentemente il massacro degli ebrei, il regime nazista fu artefice di numerose altre efferatezze perpetrate praticamente in tutte le nazioni che furono dominate. Ossessionati dall’essere discendenti della razza perfetto e al tempo stesso dal doverla creare e mantenerla, l’aberrante progetto nazista ha lasciato in eredità orrori che a tutt’oggi rimangono indelebili.

Follia nazista che torna a galla costantemente grazie al ritrovamento di documentazioni inedite o a testimonianze di chi ha vissuto direttamente, pochi sono oramai i sopravvissuti, che hanno visto con i propri occhi.

L’ultimo segreto di Paganini rispolvera un aspetto meno conosciuto del periodo nazista in cui aguzzini travestito da scienziati al servizio di Himmler, nel tentativo di dare un contributo all’apparenza medico-scientifico usarono uomini, donne e bambini come cavie per i propri esperimenti.

Davide Lazzeri


Davide Lazzeri, nato a Castelnuovo di Garfagnana, è specialista in Chirurgia Plastica ed Estetica, ed è autore di oltre 170 pubblicazioni scientifiche su riviste specialistiche internazionali e di numerosi capitoli per libri di chirurgia plastica. Già docente a contratto in Chirurgia Estetica e in Storia della Medicina presso le Scuole di Specializzazioni delle Università di Ancona e Firenze. Ha pubblicato numerosi lavori monografici su riviste del settore riguardanti le malattie degli artisti e nell’arte in generale. In particolare ha guidato l’equipe che ha scoperto la malattia degenerativa delle mani di cui soffriva Michelangelo Buonarroti e la paralisi della mano destra che afflisse Leonardo Da Vinci a fine carriera. Ha svelato alcuni segreti anatomici presenti nelle opere maggiori di Sandro Botticelli e di Agnolo Bronzino. Autore del manuale Chirurgia e Medicina Estetica dalla A alla Z. La Scienza al servizio della Bellezza recentemente pubblicato da Cairo. Svolge la propria attività libero-professionale a Roma.

 

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