L’ultimo segreto




Recensione di Antonella Bagorda



Autore: John le Carré

Editore: Mondadori

Traduzione: Silvia Pareschi

Genere: Spionaggio

Pagine: 192

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Julian Lawndsley ha rinunciato alla sua carriera nella City per una esistenza più semplice e gestisce una libreria in una piccola cittadina di mare. Ma solo un paio di mesi dopo l’inizio della sua nuova vita, una serata di Julian viene interrotta da uno strano visitatore. Edward, un emigrato polacco che vive a Silverview, la grande tenuta ai margini della città, sembra sapere molto sulla famiglia di Julian ed è un po’ troppo interessato ai meccanismi interni della sua modesta nuova impresa. Quando un’importante spia di Londra riceve una lettera che lo avverte di una pericolosa fuga di notizie, le indagini lo portano proprio nella tranquilla cittadina sul mare dove si trova Julian. “L’ultimo segreto” è la storia dell’incontro tra innocenza ed esperienza e tra dovere pubblico e morale privata. Nel suo ultimo capolavoro, John le Carré si chiede cosa si deve al proprio paese quando non lo si riconosce più.

Recensione

Credo di non aver mai impiegato così tanto tempo dalla fine della lettura di un romanzo per scrivere una recensione. E non è colpa di una difficoltà di analisi, non sono dubbi sulla qualità del libro né sulla sua struttura né su nulla che abbia a che fare con il contenuto; il problema è non riuscire a comprendere chi sto recensendo.

Ma andiamo con ordine.

L’ultimo segreto è un romanzo postumo di John Le Carré in cui possiamo trovare i classici temi cari all’autore: spionaggio, crimini, talpe, tradimenti, coperture e posizioni politiche scomode; a questi si aggiungono temi che rappresentano invece una novità: la malattia, la morte, la perdita, la delusione, i cambiamenti radicali, gli adii inaspettati. L’autore, mai come in questo romanzo, dà il meglio di sé nello scavare in profondità umane che nelle opere precedenti sembravano non interessare il suo stile narrativo.

Impossibile parlare di un solo o di una sola protagonista, quel che sappiamo per certo è che tutto ruota attorno alla figura di Edward. Tutti sanno chi è, tutti vogliono saperne di più, tutti sono vittime o complici del suo doppiogioco, del suo doppio ruolo, della sua doppia personalità, insomma un altro personaggio eccezionale creato dalla mente di Le Carré, capace di attirare l’attenzione di tutti riuscendo comunque a rimanere nell’ombra.

Ciò che però dà da pensare è il modo in cui Le Carrè parla dei servizi segreti; addirittura si potrebbe tranquillamente dire che è una maniera non riconducibile alla sua penna. Lui, che ha sempre stimato e difeso i Servizi, di cui ha anche fatto parte per un periodo della sua vita, in questo romanzo si ritrova a metterne in dubbio tutta la piramide.

Per citare un articola de La Repubblica scritto da Federico Varese:

In Silverview (titolo originale) per la prima volta un personaggio di Le Carré decreta la futilità totale dei Servizi segreti:

«Avremmo impiegato meglio il nostro tempo a dirigere un club per ragazzi».

Nick Cornwell, che ha curato l’edizione postuma del testo, dice:

«Mio padre è sempre stato fedele alla comunità per cui ha lavorato da giovane. Quando ha visto come evolveva il romanzo, si è impaurito lui stesso e ha messo il testo da parte.»

Quindi Le Carrè ha lavorato a questo romanzo nel 2014 ma, non convinto da ciò che ne stava venendo fuori, lo ha abbandonato in un cassetto. Incompleto. O sospeso, come viene dichiarato dal figlio.

E qui subentrano i miei dubbi.

Lo stile di Le Carré è inconfondibile, la lucidità e l’attendibilità con cui narra le sue storie su spionaggio e servizi segreti sono indiscutibili, la sua bravura non si può in alcun modo mettere in dubbio, eppure in questo romanzo qualcosa non torna.

Il canto di Le Carré, in questo concerto, prende spesso delle stecche che non sembrano affatto appartenere alla sua voce – mi sia perdonata la metafora e questo, come già detto, non dipende da un problema di contenuti quanto da un certo tipo di narrazione che a tratti non sembra appartenere alla mano dell’autore, il cui nome ovviamente regna sulla copertina.

Le domande sorgono spontanee: quanto era sospeso questo romanzo quando il figlio di Le Carré l’ha tirato fuori dal cassetto del compianto padre e ha deciso di completarne la forma per darlo in pasto ai lettori? Si è trattato di una semplice revisione, di una pulizia generale o sono state messe mani su paragrafi o addirittura capitoli interi?

Io sono abbastanza certa del fatto che ci siano stati molti interventi, e che un lettore attento, conoscitore anche solo minimo di Le Carré, possa rendersene conto senza troppi sforzi.

E quindi, tornando al primo paragrafo di queste mie considerazioni, chi sto recensendo?

John Le Carré, Nick Cornwell o entrambi in un romanzo scritto a quattro mani?

Affrontato questo discorso, che probabilmente resterà per sempre un dubbio senza soluzione, va detto che il romanzo ha una struttura strepitosa, che tutti i personaggi sono straordinari, che le vicende viaggiano per molto tempo su linee che sembrano delle parallele che non si incontreranno mai ma che poi si incontrano, eccome se si incontrano!, e il genio di Le Carré, in questo incontro, è fin troppo presente.

Se dalle mie parole si dovessero percepire dei dubbi, anche vaghi, sulla qualità di questo romanzo, ebbene ci tengo a specificare che dubbi non ne ho. Anzi, grazie a Nick Cornwell per aver portato alla luce una storia così intima, così profonda, così umana. Va solo specificato che alcune parti di questo libro mancano della verve di cui Le Carré è sempre stato padrone.

Tagliamo corto: consiglio la lettura di questo romanzo?

Ma secondo voi potrei mai sconsigliare la lettura di un romanzo che non solo ha una struttura intrigantissima, ma che suscita anche tutte queste domande e questi dubbi e queste curiosità nel lettore? Certo che no!

Leggetelo e godete di quest’ultimo prezioso Le Carré.

 

 

John le Carré


John le Carré, pseudonimo di David John Moore Cornwell (Poole, 19 ottobre 1931 – Truro, 12 dicembre 2020), è stato uno scrittore britannico. Autore di alcuni tra i più venduti romanzi di spionaggio al mondo, è stato un agente segreto del Secret Intelligence Service.

A differenza di Fleming, le Carré non deve ricorrere all’iperbole per rivelare i meccanismi del sottobosco. D’altronde è forse lo scrittore vivente che conosce meglio quello che succede dietro le quinte della politica della forza e dell’oligarchia globale. E anche se in Gran Bretagna è ormai considerato un maestro, probabilmente i soliti pregiudizi sprezzanti sui romanzi di spionaggio non gli faranno avere tutti i riconoscimenti che merita. Per dirla chiaramente, John le Carré è uno scrittore che merita il Nobel. Il suo successo sta nel combinare strutture narrative essenziali con un orecchio straordinario per il dialogo, avvolgendo poi il tutto in una comprensione degli eventi contemporanei che alla maggior parte dei comuni mortali appare frammentata. […] è nel pusillanime establishment britannico che le Carré identifica i veri trasgressori morali. […] come le Carré è diventato più radicale con gli anni, così è cresciuto il suo pessimismo.”

(Misha Glenny, in The Globe and Mail, 22 ottobre 2010)

 

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