L’uomo senza ombra




 

 Recensione di Marina Morassut


Autore: Colin Wilson

Traduzione: Nicola Manuppelli

Editore: Carbonio Editore srl

Genere: giallo / thriller metafisico

Pagine:  304

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Dopo Riti notturni, un’altra avventura, tra mystery e filosofia, del giovane Gerard Sorme, outsider nella fascinosa Londra degli anni Sessanta. Determinato a espandere la propria coscienza per superare le barriere del sentire comune, Gerard Sorme prosegue la sua indagine esistenziale trascrivendo in un diario le sue esperienze con diverse donne, quasi a voler comporre una personale fenomenologia del sesso. Fino all’incontro con un personaggio che insieme lo affascina e lo repelle: l’ambiguo e suadente Caradoc Cunningham, dedito all’occulto e all’esoterismo, amico e discepolo di Aleister Crowley. Tra magia nera, cerimonie orgiastiche, alcool e droghe, Sorme sarà attirato in una spirale sinistra, ma pregna di preziosi spunti per addentrarsi nei labirinti oscuri dell’animo umano.

Recensione

Difficile separare la prefazione che Colin Wilson ha scritto per il suo romanzo, dove spiega ciò che lo preoccupa del romanzo in generale e del suo in particolare, partendo dalla considerazione di come si sia sviluppato in Inghilterra da Defoe e Richardson.

La narrazione in un grande romanzo fluisce tranquilla, ma quel è il punto?

Che l’eroina si sposi?, oppure che l’eroe muoia, oppure ancora che il viaggio arrivi a compimento, o… scegliete pure voi.

Ma la verità, a ben ragionarci, è che un romanzo ha la sua ragione d’essere se ti offre una vacanza da te stesso. Ed è a questo punto che subentra il romanziere, rendendo il suo mondo e quindi la trama il più convincente possibile.

E questa consapevolezza, secondo Wilson, avviene a partire dalla metà del XIX secolo.

E da lettore onnivoro, tra i diversi ruoli che ha interpretato nella sua vita, nella prefazione alla sua opera ci incanta con pregi e difetti e correnti letterarie cui potremmo incanalare autori universalmente noti come (non in ordine) Henry James, Shaw, D.H. Lawrence, Tolstoj, Dostoevskij, Flaubert e Zola, Rousseau, H.G. Wells, Moore, Benet, Maupassant, Joyce, Oscar Wilde, Blake… Tra romanticismo, realismo, prima fantascienza, saggi, etc… – in un escursus così ampio da perderci la testa.

Ciò che però Wilson si premura di spiegarci nella prefazione, insieme ad una bellissima parentesi sui vari autori e generi letterari, è che lui o qualche altro autore possa alfine scrivere la nana bianca dei libri, “un libro così denso da poterlo leggere cinquanta volte”, e non un libro di sole idee, ma “un libro che tratta della vita con la stessa franchezza con cui siamo costretti a viverla, come un organismo vivente, con molti livelli di significato”.

Ed è proprio con questo intento che Wilson ha scritto una trilogia, (ricordiamoci che Wilson aveva già conosciuto la popolarità nel 1956 con il suo “The Outsider”), affrontando il sopra citato problema con il primo “Riti Notturni”, di cui questo “L’Uomo senza Ombra” è il seguito.

E ricordiamoci pure che Wilson stesso ha ammesso di essere un autore di un singolo romanzo, o meglio, di un singolo thread- filone.

In quel primo tentativo, dichiarato da lui stesso fallito in quello che era il suo intento, si è accontentato di un compromesso, raccontando di fatto solo una storia e soffermandosi, dove possibile senza intralciare l’azione, su diverse idee, senza però che queste ultime ruscellassero e stagnassero in altrettante storie.

In questo seguito ideale invece, approfittando della fisionomia in forma di diario, pur se scritto come un racconto orale narrato in prima persona – più che un epistolario, ha potuto battere la strada del romanzo sempre a cavallo fra realismo, fantasia e romanzo di idee, per trasformarsi in un “proiettile che cerca di farsi strada attraverso la superficie dell’inutilità verso un significato sottostante”.

A differenza del precedente Riti Notturni, questo romanzo parte idealmente da una nota del protagonista Gerard Sorme, che nel  Dicembre del 1956 spiega al lettore perché, a seguito dello “scandalo Cunningham”, di cui egli stesso è stato nascosto protagonista, abbia consentito alla pubblicazione del suo “Diario sessuale e Diario della magia nera”, tenuto giornalmente a costo di grossi sacrifici. Per far poi partire il suo racconto di un paio di mesi precedente alla nota, per spiegarci tutto quanto è accaduto.

E chiudendo poi ad un mese dall’epilogo della vicenda, a Gennaio, per raccontarci cosa è successo dopo l’ultima sera del rito sessuale magico, in cui sono presenti parte dei protagonisti di questo romanzo, e che avevamo già incontrato in Riti Notturni, oltre a Gerard stesso.

E quindi nel romanzo ritroviamo Gertrude e la nipote Caroline, ma soprattutto il tormentato pittore Oliver Glasp e la sua dodicenne lolita, Christine, oltre ad un padre Curruthers, ristabilitosi in Italia da una malattia che pareva mortale, per dar prosieguo anche ad una visione esistenzialista di questo romanzo, che è di difficile catalogazione.

Per i fortunati lettori che, grazie alla riscoperta di questo autore ad opera della Carbonio Editore, hanno potuto leggere il precedente “Riti Notturni”, e che quindi conoscono già Gerard Sorme, giovane intellettuale londinese che sfida le convenzioni sociali alla ricerca del senso profondo della vita, di fatto è come riprendere la conversazione interrotta e i giri a piedi, in bici o in taxi attraverso una Londra di fine anni Cinquanta del Secolo scorso.

Non stupisce quindi sentire Gerard Sorme riprendere con noi il discorso del picco di comprensione del Tutto, del mondo normale che si dovrebbe fare musica di sottofondo per permettere a quell’altro mondo – fatto di sentimenti e di ricordi – di esprimersi.

Per essere così lucidi e presenti affinchè la molla della consapevolezza faccia scaturire la necessità di vagliare lo scibile umano, per arrivare alfine alla Conoscenza, per guadare di nuovo negli occhi quel Dio, che sembra volerci negare la Comprensione tutta.

Perché se l’uomo ha la capacità di speculare e la capacità dell’astrazione, particolarità che gli consentono di elevarsi al di sopra degli altri esseri viventi, quale può essere l’anelito ultimo che ci consenta di afferrare anche l’ultimo concetto che ci porterebbe a comprendere il Tutto?

Se lo chiede anche Gerard, arrivando a postulare come, a parte alcol e droghe, l’unico aggancio senza controindicazioni mortali per poter raggiungere questo picco, sia l’orgasmo sessuale, che ci consentirebbe un pensiero amplificato di dieci volte la norma.

Se solo si riuscisse a prolungare questo stato di esaltazione o di quasi morte celestiale per anche solo qualche minuto, l’umanità farebbe un passo verso la Conoscenza ultima, portandosi al più alto gradino della scala evolutiva.

E il romanzo ruota tutto intorno a questo desiderio, che evidentemente non è solo di Gerard. Nel romanzo precedente anche Austin Nunne cercava a modo suo, la Via.

Ed in questo romanzo incontriamo un altro personaggio particolare ed ambiguo, Caradoc Cunningham, che sembra trovare in Gerard il tassello che gli manca per poter fondare finalmente una comunità di super-uomini, che tramite il sesso ed altri riti magici, riescano ad arrivare là dove l’uomo deve essere già stato.

L’autore – e con lui Gerard Sorme – è partito dalla classica e reiterata domanda “chi siamo, dove andiamo?, da chi o perché siamo stati creati?”, per andare oltre, tentando più volte con i suoi romanzi di perforare il buio della conoscenza .

Wilson sa che ci deve essere una scintilla inconsapevole di comprensione, forse l’ha intuita o addirittura provata, dopo averla così a lungo cercata, e la sua domanda è: “perché non riusciamo ad essere di nuovo Dio, consapevoli del Tutto?”

Perché alla volte riusciamo a provare quella scintilla che ci fa intravvedere l’ingresso della via, ma non riusciamo ad oltrepassare l’ingresso e invece retrocediamo e torniamo alla ns solita vita mediocre, dove la rassegnazione e l’inconsapevolezza della luce più fulgida ci spingono nuovamente giù, ad un gradino più basso rispetto a dove c’è Dio?

Mai come con questo scrittore l’impellenza della ricerca del perché, del comprendere per arrivare ad aprire una  nuova conoscenza umana, per arrivare ad una conoscenza del tutto, ha un’importanza così fondamentale. Per Wilson e per bocca sua, per Gerard stesso.

Cosa troverà alla fine di quest’avventura il protagonista lo dovrà scoprire il lettore, dichiarandosene soddisfatto, oppure attendendo la nuova traduzione di Nicola Manuppelli del terzo ed ultimo capitolo della vicenda, in un crescendo di domande esistenziali.

Al momento della pubblicazione sia Gerard che Wilson, sapendo che l’argomento sesso è sempre molto pericoloso, si chiedono anche se il libro non possa finire solo nelle mani di lettori con una certa qual mancanza di pruderie, lettori che hanno frainteso completamente il senso del diario, facendolo veicolare solo in ambienti non interessati all’argomento principale, di cui il sesso è solo il mezzo per raggiungere un altro vertice.

E al di là di questa ricerca spasmodica, dei riti di magia e del sesso, oltre che alle vicende dei vari protagonisti che si sono ingarbugliate ancora di più, i lettori che si sono approcciati a questo autore così particolare, Outsider egli stesso della Letteratura inglese, restano in attesa del seguito, per arrivare a sapere se Wilson deciderà di far arrivare Gerard alla conoscenza perché, se è vero che uno scrittore deve arrivare a descrivere la realtà, è anche vero che la trama ha una sua fondamentale importanza, soprattutto quando la vicenda è talmente avvincente, con personaggi così vividi, che potrebbe essere accaduta realmente.

O è stato tutto solo un elemento frustrante – come può essere solo il sesso – dell’illusione?

A cura di Marina Morassut

libroperamico.blogspot.it

 

Colin Wilson


Intellettuale poliedrico, narratore, saggista, studioso di esoterismo e dell’occulto, anticipatore di stili letterari e creatore di una sua personale filosofia esistenziale, Colin Wilson (1931- 2013) è stato un autore molto prolifico. Di famiglia proletaria, fu un giovane operaio squattrinato nella Londra degli anni Cinquanta. Vorace lettore fin da bambino e imperterrito oratore a Hyde Park Corner, a dargli la fama a soli 24 anni fu il suo primo audace saggio, L’outsider, scritto nella sala lettura del British Museum, che esordì la stessa settimana del maggio 1956 insieme a Ricorda con rabbia di John Osborne. Annoverato tra i “Giovani arrabbiati”, Wilson fu consacrato come uno dei massimi scrittori anti-establishment della letteratura inglese. In seguito, mentre la sua fama veniva ingiustamente oscurata, mise al mondo 7 figli e una bibliografia sterminata di titoli che spaziano tra letteratura, psicologia, archeologia, magia e occultismo, Sci-Fi, paranormale, biografie di uomini eccezionali. È stato uno scrittore molto prolifico, riscoperto negli ultimi tempi da Carbonio Editore, che finalmente sta facendo uscire titoli oramai introvabili di questo autore.

 

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