Lupin I°




Malizie e splendori

del principe dei ladri

Recensione di Silvana Meloni



Autore: Maurice Leblanc

Editore: Mondadori

Traduzione: a cura di Massimo Scorsone

Genere: giallo (racconti)

Pagine: 1495

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Nato dalla penna di Maurice Leblanc, Arsène Lupin è per tutti l’immortale “ladro gentiluomo”. Incorreggibile come i suoi eredi, Lupin è un uomo elegantissimo e intelligente, abile nelle arti marziali e nei giochi di prestigio, che sa trasformarsi in chiunque voglia e centra sempre il suo obiettivo: che si tratti di rubare un prezioso gioiello o di fuggire da una situazione apparentemente disperata. E tutto senza colpo ferire. In questo volume sono raccolte le più celebri e appassionanti avventure del mito che ha ispirato la serie Netflix.

Recensione

Per gli appassionati di Arsène Lupin, Mondadori pubblica questa nuova raccolta dei racconti di Maurice Leblanc. Questo è il primo volume che racchiude i seguenti testi pubblicati: Arsène Lupin, ladro gentiluomo (1907); Arsène Lupin contro Herlock Sholmes(1908); Il segreto della guglia (1909); La doppia vita di Arsène Lupin (1910); I tre delitti di Arsène Lupin (1910); Il tappo di cristallo (1912); Le confidenze di Arsène Lupin (1913).

Chi non rammenta il ladro gentiluomo?

Io l’ho conosciuto negli anni settanta, nella fortunata serie televisiva interpretato da Georges Descrières della Comédie-Française, e per me Lupin è sempre stato lui: un uomo affascinante, sempre elegante e circondato da splendide donne, che viveva le sue avventure a Parigi e nei luoghi più ricchi della Francia. Un eroe, nel vero senso della parola, che portava sempre a termine in maniera perfetta ciò che aveva cominciato, espertissimo nei travestimenti e nel raggirare coloro che meritavano di esser truffati, soltanto loro.

Il concetto di “ladro” con Lupin perdeva ogni sua connotazione negativa, perché, nella sostanza, ogni sua azione, quanto più rocambolesca e incredibile, ripristinava l’ordine naturale delle cose. Lui meritava di vincere, e il fatto che il sistema giudiziario lo perseguitasse, nei panni del goffo ispettore Guerchard (alter ego di Ganimard), era un accidente collaterale e di nessuna importanza, non ne soffriva l’equità, metteva pepe alle storie.

Sono passati gli anni e in questa lettura mi si è presentato un personaggio del tutto diverso dall’eroe che ricordavo. Non così elegante e scanzonato, bravo, sì, a tirarsi fuori dai guai, eccellente nei travestimenti, ma fallace. Mi ha colpito la storia in cui da truffatore veniva depredato dei suoi pochi averi, la competizione senza posa con Sherlock Holmes (HerlockSholmes), in un continuo infantile mettere alla prova le doti intellettive, i rocamboleschi stratagemmi e gli incredibili trasformismi. Un anti eroe diremmo oggi, ed è questa la chiave con cui il protagonista di Lupin, della serie di Netflix, interpreta il suo personaggio. Non vince ogni volta, soprattutto nei rapporti affettivi, ed è costretto a scappare più spesso di quanto vorrebbe. Ma è un eroe a cui ci affezioniamo.

Il personaggio di Leblanc non è sempre uguale a se stesso, nel corso degli anni si evolve così come il suo autore si trova a cambiare lo sguardo sul mondo. Non è un emulo di Robin Hood, non ridistribuisce le ricchezze, ma è un ladro che ha una sua etica: gentiluomo perché non uccide (ma non esita a far ricorso alla violenza fisica e all’aiuto di complici meno delicati di lui), gentiluomo perché truffa chi gode di grandi mezzi e non lascia nessuno in ristrettezze. Ma non ha alcun rispetto per le regole giuridiche, ruba, raggira, evade dal carcere, acquisisce identità false e si muove con finti documenti; tutto ciò di cui si impossessa rimane nelle sue tasche e gode moltissimo nello sbeffeggiare sia il poveretto imbrogliato, che gli organi di giustizia. Vuole apparire comunque dotato di solidi principi etici, così non esita a complimentarsi, per la sagacia e la perseveranza nel cercare di arrestarlo, col suo competitor più importante: l’Ispettore Ganimard.

Arsène Lupin è personaggio della sua epoca, in gara con il suo famoso opposto Sherlock Holmes quanto a utilizzo della logica, inventiva e capacità investigative, è però lontano da Sherlock quanto un francese in epoca Liberty, che fa sua

la regola del sottrarsi alle comuni leggi dell’apparenza e dell’identità”,

è lontano da un inglese forgiato da una rigida educazione vittoriana. Anche stilisticamente Leblanc si pone in maniera diversa. Conan Doyle usa sempre la figura del narratore esterno, Watson, per raccontarci le imprese del suo protagonista, Leblanc spesso si porge a noi lettori in prima persona, consentendoci l’identificazione con il nostro eroe che, se è “uno nessuno e centomila”, ci dona anche l’emozione di essere un nostro alter ego.

A cura di  Silvana Meloni 

https://www.instagram.com/silvameloni/

 

Maurice Leblanc


nacque in Normandia, a Rouen, l’11 novembre 1864, secondogenito di un italiano, naturalizzato francese. Trasferitosi a Parigi, frequentò l’intellighenzia del tempo, ma gli autori cui egli teneva di più furono Flaubert, di Rouen come lui, e Maupassant, che ritenne suo maestro e dal quale fu sostenuto. Nel 1905, spinto dall’amico editore Pierre Lafitte, pubblicò senza alcuna convinzione il racconto L’arresto di Arsène Lupin. Il successo immediato lo portò a continuare le avventure dello straordinario ladro gentiluomo, divenuto celeberrimo, con una incessante, felicissima produzione che durò fino al 1941, anno della sua morte. La sua casa nella località di Étretat è oggi divenuta il museo Le Clos Arsène Lupin. I suoi libri, in anni recenti, sono stati ripubblicati da diverse case editrici: Einaudi, Newton Compton, Garzanti, Mondadori.

 

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