Maniac




Sinossi. Quando alla fine della seconda guerra mondiale John von Neumann concepisce il maniac – un calcolatore universale che doveva, nelle intenzioni del suo creatore, «afferrare la scienza alla gola scatenando un potere di clcolo illimitato» –, sono in pochi a rendersi conto che il mondo sta per cambiare per sempre. Perché quel congegno rivoluzionario – parto di una mente ordinatrice a un tempo cinica e visionaria, infantile e «inesorabilmente logica» – non solo schiude dinanzi al genere umano le sterminate praterie dell’informatica e dell’intelligenza artificiale, ma lo conduce sull’orlo dell’estinzione, liberando i fantasmi della guerra termonucleare. Che «nell’anima della fisica» si fosse annidato un demone lo aveva del resto già intuito Paul Ehrenfest, sin dalla scoperta della realtà quantistica e delle nuove leggi che governavano l’atomo, prima di darsi tragicamente la morte. Sono sogni grandiosi e insieme incubi tremendi, quelli scaturiti dal genio di von Neumann, dentro i quali Labatut ci sprofonda, lasciando la parola a un coro di voci: delle grandi menti matematiche del tempo, ma anche di familiari e amici che furono testimoni della sua inarrestabile ascesa. Ci ritroveremo a Los Alamos, nel quartier generale di Oppenheimer, fra i «marziani ungheresi» che costruirono la prima bomba atomica; e ancora a Princeton, nelle stanze dove vennero gettate le basi delle tecnologie digitali che oggi plasmano la nostra vita. Infine, assisteremo ipnotizzati alla sconfitta del campione mondiale di go, Lee Sedol, che soccombe di fronte allo strapotere della nuova divinità di Google, AlphaGo. Una divinità ancora ibrida e capricciosa, che sbaglia, delira, agisce per pura ispirazione – a cui altre seguiranno, sempre più potenti, sempre più terrificanti.

Con questo nuovo libro, che prosegue idealmente “Quando abbiamo smesso di capire il mondo”, Labatut si conferma uno straordinario tessitore di storie, capace di trascinare il lettore nei labirinti della scienza moderna, lasciandogli intravedere l’oscurità che la nutre.

 MANIAC

di Benjamín Labatut 

Adelphi 2023

Norman Gobetti  ( Traduttore )

Narrativa, pag.361

 Recensione di Salvatore Argiolas

L’intelligenza artificiale è diventato ormai un argomento di discussione comune e si cerca di capire pregi e difetti di questa evoluzione tecnologica che in tanti pensano possa giovare all’umanità mentre altrettanti temono che diventi capace di rendere angoscioso il futuro.

Benjamín Labatut in “Maniacracconta la vita di quello che può essere considerato il genitore dell’emulazione della mente umana, John von Neumann, una delle personalità più eminenti e versatili della scienza.

Nato in Ungheria nel 1903, John von Neumann fece parte dei cosiddetti “cavalieri ungheresi dell’apocalisse” con Eugene Wigner, Edward Teller, e Leo Szilard, tutti scienziati magiari che parteciparono alla più straordinaria e controversa avventura intellettuale e scientifica, che si è sviluppata nel Novecento, il “Progetto Manhattan”, il programma di ricerca che portò alla costruzione della bomba atomica foriera però di infiniti lutti.

Von Neumann partecipò al progetto Manhattan, non solo per contribuire alla sconfitta dei nazisti, l’avvento dei quali lo costrinse nel primo dopoguerra a rifugiarsi negli Stati Uniti, ma anche per avere la possibilità di esplorare orizzonti scientifici mai esplorati prima:

Quello che stiamo creando” disse, “è un mostro la cui influenza cambierà il corso della storia, sempre che una storia continui ad esserci! Ma sarebbe impossibile non andare a fondo. Non solo per ragioni militari, ma anche perché non sarebbe etico, da un punto di vista scientifico, non fare quel che sappiamo di poter fare, per quanto le conseguenze possano essere terribili.”

“Maniac” non è un saggio ma un opera di finzione affascinante che Labatut organizza come un collage di dichiarazioni di amici, colleghi, mogli e persone che l’hanno conosciuto bene e segue le tappe più importanti dell’esistenza di un uomo straordinario, dall’intelligenza fenomenale.

“A questo mondo ci sono due tipi di persone: Jancsi von Neumann e il resto di noi” fa dire Labatut a Eugene Wigner, matematico e fisico, compagno di scuola e amico di von Neumann, poi premiato con il Premio Nobel per la fisica.

Definito “l’essere umano più intelligente del Novecento, von Neumann, il cui vero nome era Janos Lajos, uomo dal multiforme ingegno, fu precursore di molte discipline che ebbero poi un grande sviluppo e novello Ulisse volle fare il “folle volo” sempre teso alla conoscenza totale che alla fine fu anche causa della sua morte, visto che il tumore alla ossa che lo stroncò a soli 53 anni fu provocato molto probabilmente dalle radiazioni scaturite dall’esplosione della bomba H, che volle vedere di persona.

La bomba H, che Oppenheimer osteggiò per motivi etici, fu voluta fortemente da von Neumann in quanto convinto che, in virtù della teoria dei giochi che aveva sviluppato e adattato anche in campo militare, avrebbe portato alla duratura “pax americana”.

Il contributo di John von Neumann alla creazione e al potenziamento dell’intelligenza artificiale nacque quasi per caso, quando apprese che l’esercito aveva progettato un calcolatore per i calcoli balistici, il primo calcolatore digitale al mondo che faceva trecento operazioni al secondo. L’Electronic Numerical Integrator and Computer.

L’ENIAC “ Un vero Leviatano”.

I finanziamenti venivano soprattutto dalle forze armate. Johnny li aveva convinti spiegando quali opportunità si sarebbero aperte rendendo i calcoli diecimila volte più veloci.

Bé, pensateci un attimo…

tutti i calcoli per la bomba atomica erano stati fatti con addizionatrici. Mica veri computer. Solo donne ed elaborate calcolatrici meccaniche (…)

Ma Johnny pensava ancora più in grande. Stava prendendo in considerazione problemi che al tempo erano del tutto inaffrontabili. Voleva matematizzare ogni cosa. Innescare rivoluzioni nella biologia, nell’economia, nella neurologia e nella cosmologia.

Trasformare ogni area del pensiero umano e afferrare la scienza alla gola scatenando un potere di calcolo illimitato.

E per questo costruì la sua macchina.

Chiamammo la nostra macchina Mathematical Analyzer, Numerical Integrator And Computer. Ovvero, MANIAC”.

Solo un visionario come von Neumann poteva immaginare di plasmare il futuro usando residuai bellici e valvole termoioniche che si rompevano senza preavviso ma la sua inventiva gli faceva presagire le grandi potenzialità di Maniac,

“Voi sostenete che certe cose una macchina non le può fare. Spiegatemi esattamente cosa una macchina non può fare, e io riuscirò a costruire una macchina che fa proprio quella cosa”.

“Il primo compito che von Neumann assegnò al suo calcolatore fu distruggere la vita come la conosciamo.

Il secondo compito che von Neumann assegnò al MANIAC, fu creare in nuovo tipo di vita.”

La seconda parte del libro racconta l’evoluzione dell’idea di von Neumann nel suo più straordinario successo, la vittoria di un computer, chiamato AlphaGo nella sfida al miglior giocatore di go al mondo, il campione più creativo della sua generazione, Lee Sedol.

Aveva fatto scalpore la vittoria di Deep Blue che sconfisse il campione del mondo di scacchi Garri Kasparov ma il go è un gioco molto più complesso, infatti se il numero delle possibili partite di scacchi si avvicina ad un numero composto da uno seguito da centoventitré zeri, il numero di tutte le partite di go è quasi inconcepibilmente maggiore: più di uno seguito da settecento zeri.

Il go, antichissimo gioco di origine cinese, ha talmente tante variabili che si pensava non potesse essere alla portata di un computer ma AlphaGo dimostrò le sue enormi possibilità facendo una mossa inaspettata che stupì tutti gli addetti ai lavori che assistevano alla sfida.

“Pensavo che AlphaGo si basasse sul calcolo delle probabilità e fosse solo una macchina. Ma quando ho visto quella mossa ho cambiato idea. Sono certo che AlphaGo sia creativo. Quella mossa mi ha fatto vedere il go in una luce nuova. Che cosa significa creatività nel go? Non si trattava di una buona mossa o di un’ottima mossa o di una mossa potente. Era una mossa piena di significato “

affermò Lee Sedol il campione sconfitto dal computer.

L’innovazione che questo computer ha sviluppato per prevalere sull’uomo è stata l’autoapprendimento che ha consentito, dopo milioni e milioni di partite contro se stesso, creando una rete neurale incredibilmente potente e capace di individuare subito la strategia vincente.

Quando John von Neumann ebbe l’intuizione di MANIAC voleva arrivare proprio a questo risultato e la traiettoria che parte dall’infanzia di von Neumann al liceo Fasori Gimnaszium di Budapest assieme all’amico Eugene Wigner al computer capace di battere i più dotati campioni di go è raccontata mirabilmente da Benjamín Labatut in questo libro a metà strada tra saggio e romanzo che affascina per la cura con cui è stato compilato e per il tema di estremo interesse che diventerà sempre più importante col passare dei giorni.

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Benjamín Labatut


è uno scrittore cileno nato a Rotterdam nel 1980. Ha trascorso la sua infanzia tra L’Aia, Buenos Aires e Lima, per poi trasferirsi a Santiago del Cile all’età di quattordici anni. Il suo primo libro di racconti, La Antártica empieza aquí, ha vinto il Premio Caza de Letras nel 2009 e il Santiago Municipal Literature Award – nella sezione racconti – nel 2013. A questo libro sono seguiti Después de la luz, Quando abbiamo smesso di capire il mondo (Adelphi, 2021), nominato per l’International Booker Prize 2021 e Maniac (Adelphi, 2023).