MARTA




A cura di Giulia Manna


Il 9 maggio 1997, all’interno della Sapienza, la città universitaria di Roma, viene uccisa Marta Russo, una studentessa di ventidue anni. Ripercorriamo, attraverso le registrazioni audio del diario intimo e segreto di Marta, sinora mai reso pubblico, il racconto inedito di una storia che ha sconvolto ed appassionato il Paese.

Regia: Simone Manetti

Disponibile su Raiplay e dal 1 di Agosto 2022 anche su Netflix. 

Trama. Documentario Rai diretto da Simone Manetti e scritto da Emanuele Cava, Gianluca De Martino, Laura Allievi che in due puntate racconta la vicenda della studentessa romana di giurisprudenza Marta Russo che fu colpita da un proiettile in un vialetto della cittadella universitaria della Sapienza il 9 maggio del 1997 (quest’anno sono 25 anni da quell’omicidio)  mentre passeggiava con un’amica.

Fu subito portata al Policlinico capitolino “Umberto I” dove fu operata alla testa e poi rimase per 5 giorni in coma, ma poco dopo Marta muore. Gli inquirenti misero in atto un’indagine a tappeto che porterà al processo di primo grado con l’accusa di omicidio due assistenti della Cattedra di Filosofia del diritto della Facoltà di Giurisprudenza. Coloro che sono individuati come colpevoli sono  Giovanni Scattone, accusato di omicidio doloso aggravato dai futili motivi e Salvatore Ferraro per favoreggiamento.

Il documentario ripercorre la cronaca di quei giorni ed il processo utilizzando parti del diario di Marta lette da Silvia D’Amico e video dell’epoca. Parteciperanno alla ricostruzione la sorella ed i genitori di Marta Russo, i giornalisti Carlo Bonini, e Paolo Brogi, Aureliana Iacoboni e Donato Russo, gli avvocati Francesco Petrelli (Scattone), Fabio Lattanzi (Ferraro) e Cristina Michetelli (Russo). 

Non partecipano la segretaria amministrativa Gabriella Alletto,  Maria Chiara Lipari e l’usciere Liparota che con le loro testimonianze furono alla base dell’incriminazione dei due giovani studiosi del diritto.

Tutti sappiamo come finì il processo di primo grado ed anche il secondo. 

La foto della ventenne Marta Russo è un’altra vena aperta dell’inesistente società civile italiana e ci ricorda che “un uomo con un’arma non è più un uomo”.

Recensione 🖊

E’ davvero dura guardare questo documentario Rai approdato da poco anche su Netflix. E’ una pugnalata continua nel cuore sentire quello che ha dovuto passare questa famiglia, così come lo è pensare a questa giovane vita spezzata nel fiore dei suoi anni senza uno straccio di motivo. 

Quant’è la vita media in Italia adesso? 80 anni?
Allora Marta poteva ancora avere davanti a sé una cinquantina d’anni minimo. Chiunque abbia tolto un futuro a Marta non può essere punito solo con 7 anni. Senza tenere conto della gravità della cosa, ovvero sparare in pieno giorno nel vialetto dell’Università frequentato da studenti. 

C’è dell’amaro in questa storia che viene raccontata senza sbilanciarsi troppo. C’è anche qualcosa che non torna. Che stona. Coloro che sono stati individuati come colpevoli sono tornati a vivere. Marta no.I famigliari di Marta ci provano ad andare avanti, ma si vede e si sente che è un andare avanti nel ricordo di Marta e per Marta. 

Come dice Antonio, il padre di Marta:

“Vado avanti perché questa storia non si ripeta”.

Lui purtroppo sa quanto è forte quel dolore e non vuole che nessun altro genitore debba conoscerlo. Del resto se Marta era così generosa ed altruista che lo ha dimostrato anche dopo la morte, è perché era speciale come lo è la sua famiglia.