Mia diletta





Autore: Marieke Lucas Rijneveld

Editore: Nutrimenti

Traduzione: Marco Cavallo

Genere: Narrativa

Pagine: 320

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Kurt, veterinario quasi cinquantenne, confessa la sua illecita passione per la figlia quattordicenne di un allevatore suo cliente in un lungo e incalzante monologo rivolto alla sua ‘diletta’ e ai giudici che lo hanno condannato. Nel racconto, che si snoda quasi senza pause, s’incontrano due adolescenze: quella della ragazza, compressa nella asfissiante e bigotta campagna olandese, e quella che è stata negata a Kurt dagli abusi fisici e psicologici inflittigli dalla madre. E s’incontrano anche due deliri: avvolta nel lutto per la precoce scomparsa del fratello in un incidente stradale e il conseguente abbandono da parte della madre, la ragazza assume su di sé le colpe del mondo, immagina di poter imparare a volare e vaneggia di essere stata uno degli aeroplani schiantatisi contro le Torri Gemelle l’11 settembre del 2001. Da parte sua Kurt, ossessionato da lei e dal bisogno di recuperare gli anni perduti, distrugge la fragile normalità che si era costruito nell’involucro familiare arrivando a rivaleggiare con il figlio adolescente nella conquista della ragazza. La storia si svolge in una calda estate durante la quale i due sviluppano una fascinazione ossessiva l’uno per l’altra che alla fine oltrepassa i confini. Ma i protagonisti non s’incontrano e non si comprendono davvero per quello che sono. L’invocazione a essere conosciuti del salmo 139 con cui si apre il libro sembra quindi restare inesaudita.

Recensione di Alessia Diana

La lettura di questo libro ha richiesto molto tempo, ben più di quello che mi fossi prefissata, arrivando a sfiorare il mese di tempo. Ciò non è stato dovuto solo agli impegni personali, ma anche e soprattutto alla storia in sé:

Mia diletta” richiede del tempo per sé stessi, una volta letti pochi capitoli, tempo che bisogna concedersi per riprendere fiato e metabolizzare in modo ottimale senza il rischio di provare troppa empatia con la morbosa e autogiustificatrice voce narrante, quella di “Kurt”, veterinario olandese ossessionato dalla figlia quattordicenne di un fattore.

Se infatti veniamo poco a poco a conoscenza dell’infanzia dell’uomo, che di certo non è stata delle migliori e porta vagamente a capire (ma non giustificare) la sua mania, in molti punti del libro egli stesso ammette di aver oltrepassato ogni limite e il lettore, aiutato dal fatto che molti di questi punti siano in corrispondenza della fine di un capitolo, ne approfitta per spezzare, chiudere il romanzo e farsi scivolare via la sensazione di star leggendo qualcosa di sbagliato, profondamente sbagliato e romanticizzato, il che non fa che accentuare l’impressione che non sia cosa giusta.

Per quanto riguarda i personaggi della storia, di ben caratterizzati ne troviamo principalmente due: il punto di vista, d’altronde, è quello di Kurt, ed egli nel suo mondo non può avere spazio per altri che per sé e la sua “diletta”, di cui non sapremo mai il vero nome; i personaggi restanti, come la moglie di Kurt, il padre e il fratello della ragazza e gli amici, non sono che un contorno necessario quasi a mero scopo informativo.

La ragazzina ci viene descritta in tutta la sua fragilità emotiva, complici il lutto per il fratello morto, la madre scomparsa e un padre e un secondo fratello mai abbastanza presenti per lei. La sua fervida immaginazione, unita a tali traumi, assume contorni quasi patologici, che la portano ad addossarsi le colpe di ogni catastrofe naturale e a dialogare nella sua testa con Freud, voce della coscienza e spiegazione alla sua ossessione per i falli maschili, e Hitler, con cui divide il giorno di nascita e la sensazione di farsi sfuggire il controllo dalle mani.

Un’altra ragione che mi ha spinto a dilazionare la lettura (anzi, forse è proprio la ragione principale) è lo stile con cui “Mia diletta” è scritto.

Il libro si profila come una lettera-diario di Kurt rivolto in seconda persona alla “diletta”, un flusso di coscienza in cui i punti assumono il ruolo di personaggi marginali e le virgole la fanno da padrona. Non aiuta, però, che i punti siano così pochi e soprattutto che alcuni di essi siano collocati in una posizione non ottimale, portando il lettore quasi a boccheggiare alla fine di ogni capitolo e soprattutto a stancarsi delle continue mezze pause che dopo un po’ cominciano a stonare e risultare sgradevoli alla percezione.

Acquista su Amazon.it:

Marieke Lucas Rijneveld


Nato a Nieuwendijk nel 1991, ha studiato ad Utrecht e alla Schrijversvakschool di Amsterdam. Nel 2015 ha pubblicato la sua prima opera, la raccolta di liriche Kalfsvlies grazie alla quale è stato insignito del C. Buddingh‘-prijs dedicato al debutto poetico. Nel 2018 ha esordito nella narrativa con il romanzo Il disagio della sera aggiudicandosi il Man Booker International Prize nel 2020, diventando il più giovane autore a vincere il riconoscimento. Impegnato oltre che nella scrittura nella produzione di latte nella fattoria di famiglia, ha dichiarato di non riconoscersi nel binarismo di generi maschile e femminile.