Mucchio d’ossa




Recensione di Kate Ducci


Autore : Stephen King

Traduttore: Tullio Dobner

Genere: thriller

Editore: Sperling & Kupfer

Pagine: 640

Data Pubblicazione: 5 agosto 2014

Mike è uno scrittore di successo, di quelli da media classifica ma che riescono comunque a fatturare qualche milione di euro ogni anno. La morte improvvisa della moglie lo deruba, insieme a serenità e gioia, della capacità di mettersi di nuovo a scrivere. Il rituale di chiusura di ogni suo libro, prevedeva la presenza di Johanna e un loro brindisi privato. Dopo la sua morte, avvicinarsi a un PC è un’impresa lontana dalla sua portata.

Decide così di rifugiarsi nella casa sul lago, quella in cui aveva trascorso con la moglie ogni vacanza e i momenti più felici, per ritroverà un po’ di tranquillità e i ricordi dei momenti migliori.

Sarà proprio lì che Mike inconterà l’ispirazione e la forza di mettere le parole su carta, insieme a misteriose presenze e un passato nebuloso, su cui la sua defunta moglie stava indagando da parecchi mesi a sua insaputa.

La prima parte del romanzo scorre lenta ma mai noiosa. Si ha l’impressione che Stephen King, conoscendo benissimo l’argomento, voglia rendere l’idea di cosa significhi per uno scrittore incontrare un blocco che gli impedisce di fare la sola cosa che sa fare. Così, tutto si svolge tra solitudine e frustrazione, tra ricordi e incapacità di andare avanti pensando ancora a un futuro.

In un’intervista, l’autore, che non si è mai tirato indietro quando si trattava di scherzare sulla sua tendenza a essere prolisso, rivelò che la prima parte del libro fosse in origine più lunga e descrivesse nel dettaglio tutto quello che Mike aveva fatto durante quell’anno sabbatico, di passaggio da una non vita a un ritorno graduale al presente.

Fu sua moglie Thalita a imporre il taglio di quella parte di romanzo che poteva catturare l’interesse di uno scrittore ma non di un lettore, che mai comprenderà a pieno cosa significhi sentirsi incapace di dar sfogo alla propria creatività, di quanto ciò sia distruttivo per chi è abituato a vivere in due mondi paralleli: quello reale e quello immaginario.

La seconda parte del romanzo è un piccolo capolavoro di scrittura. Mentre Mike ritrova la sua capacità di inventare storie, King regala vitalità a quella che ci sta raccontando e fornisce un esempio pratico di quanto sia fattibile, anche se complicato, rendere nello stesso tempo romantica e spaventosa una storia di fantasmi.

È uno dei romanzi di questo autore che più ho amato. Forse non il migliore ma senza dubbio una storia struggente e con ottima trama, che riesce a essere al tempo stesso un thriller di alto livello e un attento esame di come funzionano i sentimenti, in un parallelismo tra un amore perduto e un sentimento sul nascere, che non sostituisce ciò che mai più tornerà ma nemmeno risente del fardello della sua ingombrante presenza.

Il romanzo ha una conclusione carica al tempo stesso di tristezza e di speranza, di amore e solitudine, così come spesso è la vita per chi si trova a soffrire tanto ma non perde la capacità di guardare avanti.

Stephen King


(Portland, 21 settembre 1947) è uno scrittore e sceneggiatore statunitense, uno dei più celebri autori di letteratura fantastica, in particolare horror, dell’ultimo quarto del XX secolo. Scrittore notoriamente prolifico, nel corso della sua fortunata carriera, iniziata nel 1974 con Carrie, ha pubblicato oltre ottanta opere, fra romanzi e antologie di racconti, entrate regolarmente nella classifica dei bestseller, vendendo complessivamente più di 500 milioni di copie.

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