Napoli mon amour




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Alessio Forgione

Editore: NN Editore

Collana: La stagione

Genere: narrativa

Pagine: 223 p.

Anno di pubblicazione: 2018

Sinossi.  Amoresano vive a Napoli, ha trent’anni e non ha ancora trovato il suo posto nel mondo. Le sue giornate passano lente, tra la vita con i genitori, le partite del Napoli, le serate con l’amico Russo e la ricerca di un lavoro. Dopo l’ennesimo, grottesco colloquio, decide di dare fondo ai suoi risparmi e di farla finita. Un giorno, però, incontra una bellissima ragazza e se ne innamora. Questo incontro riaccende i suoi desideri e le sue speranze: vivere, essere felice, scrivere. E incontrare Raffaele La Capria, il suo mito letterario. Ma l’amore disperde ancora più velocemente energie e risorse, facendo scivolare via, un centesimo dopo l’altro, i desideri ritrovati e le speranze di una vita diversa. Alessio Forgione racconta una Napoli afosa e livida di pioggia, cinerea come la Hiroshima del film. E con una lingua incalzante, sonora, intessuta di tenerezza, firma il suo esordio, un romanzo di formazione lucido e a tratti febbrile, che ha il ritmo di una corsa tra le leggi agrodolci della vita e i chiaroscuri dell’innocenza. Questo libro è per chi ama l’odore dell’asfalto bagnato dalla pioggia, per chi si è tuffato nell’acqua di diamante del mare di Procida, per un primo bacio che suona come Brown sugar dei Rolling Stones, e per chi ha capito l’immensità blu di perdere tutto, in un solo momento, come lasciare un bagaglio su un treno in partenza.

Recensione

Scrissi a chiare lettere che quella vita che facevamo, lenta e fumosa, io la detestavo. Scrissi che dovevo agire. Scrissi che quando si è insoddisfatti ma non si cambia si sta costruendo un alibi con le proprie insoddisfazioni. Scrissi che Nina mi faceva sentire vivo e in pericolo per la mia vita e quel sentore di pericolo e la paura che ne derivava erano lì a dirmi che alla vita ci tenevo ancora.

Napoli mon amour non è un giallo, non è un thriller, non è un noir.

È la storia di una vita, di giorni che di una vita fanno parte e la descrivono.

Eppure, commentare nel dettaglio eventi, emozioni, sensazioni del protagonista, già a partire dal suo cognome, Amoresano, sul quale ci sarebbe da scrivere pagine di riflessioni, equivarrebbe a macchiarsi di spoiler infiniti.

Nonostante questo, resta ancora tanto, davvero tanto da dire su questo romanzo di Alessio Forgione, capace in ogni pagina di scuotere nel profondo, comunicando, con la scelta perfetta di parole essenziali, scevre da virtuosismi, colme di poesia, in modo mai pedante, mai didascalico, come possa tradursi, oggi, il male di vivere.

Più che mai questo è un romanzo che comincia dal titolo, lo stesso modellato su quello del celebre film Hiroshima mon amour, regia di Alain Resnais, soggetto e sceneggiatura di Marguerite Duras.

Non solo per un parallelismo tecnico, il libro offre flashback di una bellezza lacerante e il film rappresenta nel panorama cinematografico europeo una pietra miliare anche e proprio per l’uso coraggiosamente innovativo di questa tecnica; non solo perché la scena della visione di questo film da parte del protagonista è un momento molto importante nell’economia del romanzo

Hiroshima mon amour era un film sull’amore e sulla guerra (…) concepito in un mondo ch’era un posto terribile, che rischiava in ogni momento di non esistere più ed io pensai che era meglio un mondo così, che rischiava di esplodere e finire in ogni istante, che un mondo come il mio, dove non accadeva nulla.

 ma anche, in maniera preponderante, perché l’essenza stessa del film viene trasposta in queste righe, che ne sono una sorta di attuativo, di prolungamento, di sconfinamento, di sovrapposizione: così come la protagonista della pellicola cerca di superare un lutto personale scegliendo di vivere ad Hiroshima, nella speranza più o meno inconscia di lenire la sofferenza mischiando il proprio dolore a quello di una città intera e dei suoi abitanti, così Amoresano fa suoi i disagi e le pene di una Napoli tanto bella quanto livida, tanto accogliente quanto spigolosa, tanto aperta quanto murata.

Iconica, come una nobile decaduta adagiata su un divano, carente di prospettive, lavorative e di stimoli, quanto e ancora di più.

Eppure imprescindibile per il protagonista, la cui identità si compenetra di quei vicoli, di quelle strade, di quelle piazze.

Mi ritrovai davanti al mare nell’impossibilità di proseguire mi sentii braccato. Era lì, davanti a me, fermo e immobile ed enorme. Pensai che a molte persone le città di mare davano l’idea d’infinito. (…) A me no, non avevo questa sensazione. (…) poi mi ricordai che in nave mi piaceva guardare il mare, perché mi piaceva immaginare che oltre l’orizzonte, ovunque fossi, ci fosse Napoli.

C’è tanto di ognuno di noi in Amoresano. C’è soprattutto il nostro buio. Quello che in determinati momenti della vita, per qualsivoglia causa, ci oscura il cuore e lo sguardo. C’è tanto in Amoresano di quello che non vogliamo ammettere di noi stessi, dei pensieri che ci sfiorano, in quel buio, quando lottare per la pur minima cosa pare (è?) uno sforzo sovrumano

Le dissi che a deludermi era l’impossibilità che qualcosa, per una volta, funzionasse con facilità; che mi sarebbe piaciuto riuscire in qualcosa con naturalezza, come se ci fossi nato, senza dover faticare.

Dove è la possibilità di salvezza dall’immobilismo, dall’apatia che ne segue, dalla cecità di prospettive, sia che non ci siano realmente, sia che non le si riesca a vedere, dal sentirsi vinti, sopraffatti?

È in noi, perché il proprio dolore, le proprie irresolutezze vanno affrontate da soli, come veicola il messaggio del film di Resnais, o è in qualcosa, qualcuno al di fuori di noi, oltre noi?

(…) Mi fu chiaro che tra le tante cose che mancavano nella mia vita, quella che più di tutte mi mancava non era l’avventura né l’amore, ma lei.

Napoli mon amour risponde a questa domanda, non nell’unico modo possibile, ma nell’unico modo possibile per Amoresano.

Non è l’amore, non sono i soldi, non sono i successi, neppure le amicizie e gli affetti che salvano.

È la paura che salva. Perché quando hai paura di perdere qualcosa, quando senti di aver qualcosa da perdere, sei vivo e soprattutto vuoi vivere.

Mi mossi per andarmene ma mi fermai perché percepii la sensazione di non dovermi muovere, che stesse per accadere qualcosa. (…) la prima cosa che notai fu il suo cappotto color cammello. Poi che aveva le mani in tasca. (…) Poi vidi i suoi capelli castani, sciolti sulle spalle, e le sopracciglia, perfette, le labbra, perfette, il naso e gli zigomi, tutto perfetto, e i suoi occhi si buttarono su di me e mi considerarono solo per un attimo e in quell’attimo fui presente e vivo, perché ebbi paura.

Dove non c’è più paura, c’è sconfitta. Di vita.

Dove c’è un grande libro, ci sono queste pagine, così tranchantes e già perfette in sé, pur lasciandoci la sensazione e l’aspettativa di quanto ancora abbia da dire, l’Autore, in punta di penna.

Scrissi e provai a rendere ogni virgola uno schiaffo e ogni punto un pugno.

Ci hai provato Alessio Forgione, ci sei riuscito.

Alessio Forgione


Alessio Forgione è nato a Napoli nel 1986 e ora vive a Londra e lavora in un pub. Scrive perché ama leggere e ama leggere perché crede che una sola vita non sia abbastanza. Napoli mon amour è il suo romanzo d’esordio.