Non è un fiume




Recensione di Marina Toniolo



Autore:
Selva Almada

Editore: Rizzoli

Traduzione: Giulia Zavagna

Genere: Narrativa straniera

Pagine: 112

Anno di pubblicazione: 2022

Sinossi. Sono ritornati ancora una volta al fiume per una battuta di pesca: due uomini e un ragazzino, figlio del loro vecchio amico Eusebio, morto annegato tanti anni fa. Tirano su dalle acque una razza, la appendono al ramo di un albero, i tre fori di proiettile che l’hanno uccisa ben mimetizzati sul dorso chiazzato. Bevono, mangiano davanti al fuoco, giocano a carte e ballano, parlano poco. al fiume, nella quiete scandita da gesti essenziali, s’infiltrano fantasmi antichi neipensieri, come quello di Eusebio che si allontanava nell’acqua notturna e scura, insieme agli altri morti dell’isola. Nel torpore alcolico innescato dal vino la realtà e il sogno si sovrappongono, si confondono le congetture e i fattiE mentre il romanzo scorre e il fiume guarda, inesorabile e pulsante come le piante che da millenni popolano il boscooltre la riva, si dispiega il velo di ricordi che imbozzola le loro vite asciutte: rischiarate a sprazzi da un lampo d’amore, eppure schiacciate da una rabbia che è il frutto più duro della miseria, e sempre macchia il respiro di chi si trova a nascere in certi angoli remoti dell’America Latina.

Recensione


Due cinquantenni, amici sin dall’infanzia, si recano sull’Isola al fiume assieme al figlio del caro amico Eusebio. Tito, il ragazzo, ha circa vent’anni e da sempre li accompagna nelle battute di pesca che durano due/tre giorni.

C’è Enero Rey, poliziotto o forse ex poliziotto, duro, massiccio, scuro; c’è il Negro, il più schivo e raccolto della compagnia. Con fortuna e audacia pescano una enorme razza dal fondo del fiume e la appendono a mo’ di trofeo ad un albero. Prima i ragazzini e poi gli adulti del villaggio verranno a vedere il pesce innescando rivalità e malcontento.

Tra il molto vino e birra che scorrono, i campeggiatori vivono una realtà onirica o forse un sogno reale, popolato dal fantasma di Eusebio, morto annegato nello stesso fiume, e dai ricordi dell’infanzia e giovinezza, dalla mancanza di speranze e dal superstizioso che permea l’ambiente.

Immaginate una meravigliosa mattina al mare d’estate. Siete seduti sulla sabbia ed osservate il sole poco più alto della linea dell’acqua che sbrilluccica. Il riflesso è intenso, avvolgente eppure fastidioso. Dovete distogliere lo sguardo eppure il mare, calmo, vi attira. Ecco, questa è l’immagine che mi avvolge da quando ho letto questo romanzo della Almada. Non pensate a grandi dialoghi, a grandi elucubrazioni.

No, qui c’è esclusivamente l’essenziale, il minimo sindacale. L’autrice pare abbia lavorato di cesoie per accorciare qualsiasi sfumatura aggiuntiva ed ha fatto benissimo: una parola in più e il ritmo e la profondità dello scritto sarebbero andati persi.

Mi sono immersa in un campeggio alla buona con Eusebio e il Negro, uomini mai cresciuti veramente, figli di un luogo che non offre nulla se non estati torride e un fiume ricco di pesce e di morte. Ho conosciuto Simisola, l’unica donna veramente tratteggiata con intensità. Una figura impazzita dal dolore che, per non bruciare di impotenza, da’ fuoco a qualsiasi cosa.

Perché la vita della gente povera in certi luoghi non offre speranza o riscatto. Forse perdono, ma non è detto. Esiste però sempre il tumulto della violenza che sfocia per un’inezia.

L’uomo nel libro è secondario alla bellezza e al fulgore del luogo con i boschi pieni di vita, con il fiume immobile,scuro e limaccioso.

E come il bosco risputa il Negro andato a prendere legna, così lo scritto della Almada ti risputa nella realtà lasciando un alone di luce intensa.

Consigliato? Assolutamente si.

A cura di Marina Toniolo

https://ilprologomarina.blogspot.com/

Selva Almada 


(nata il 5 aprile 1973) è una scrittrice argentina di poesie, racconti e romanzi. Si è espansa nella saggistica nel 2014 con il libro Chicas muertasHa studiato Comunicazione Sociale a Paraná, anche se ha lasciato questo programma per entrare nella Cattedra di Letteratura presso l’Istituto di Educazione Superiore. Inizia a dare forma alle sue prime opere, alcune delle quali sviluppate dal laboratorio che Maria Elena Lotringer ha offerto alla Scuola di Comunicazione. I suoi primi racconti sono stati pubblicati nel settimanale del Paraná Análisis. Dal 1997 al 1998 ha diretto un breve progetto letterario culturale autogestito chiamato CAelum BlueLa sua formazione come narratrice si è in gran parte stabilita a Buenos Aires nello spazio creativo del laboratorio letterario di Alberto LaisecaLa sua produzione letteraria ha guadagnato prestigio e lodi della critica nel 2012 con la pubblicazione del suo primo romanzo, El viento que arrasa . La rivista di Clarín Revista lo ha definito “il romanzo dell’anno”. Da allora è stato ristampato più volte, è stato pubblicato all’estero, e tradotto in francese, portoghese, olandese e tedesco. Nel 2016 è stata la base per un’opera di Beatriz CataniLuis MenachoCon la sua cronaca di saggistica Chicas muertas, Almada ha portato alla luce tre femminicidi avvenuti in diverse province argentine negli anni ’80, facendosi conoscere come scrittrice femminista. La sua autorità come scrittrice è stata pubblicamente confermata da figure letterarie come lo scrittore cileno Diego Zúñiga e la giornalista, scrittrice e saggista Beatriz SarloI suoi racconti sono stati inseriti in varie antologie dalle case editrici Norma , Mondadori , Ediciones del Dock, tra gli altri. Tiene vari laboratori letterari. Da marzo a luglio 2017, ha diretto il Taller de relato autobiográfico Mirarse elombligo (Laboratorio di storie autobiografiche con lo sguardo sull’ombelico) presso Escuela Entrepalabras.

 

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