Non si uccide per amore




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Rosa Teruzzi

Editore: Sonzogno

Collana: Romanzi

Pagine: 159

Genere: giallo

Anno di pubblicazione: 2018

SINOSSI. Dopo essersi improvvista detective per risolvere i casi di altri, questa volta Libera dovrà trovare il coraggio per rivangare le vicende del suo passato.Un biglietto, ormai ingiallito, trovato in una vecchia camicia a quadri nel fondo di un armadio, riporta la memoria di Libera, la fioraia del Giambellino, all’episodio più doloroso della sua vita. Quella camicia è del marito, ucciso vent’anni prima senza che mai sia stato trovato il colpevole, e quel biglietto sembra scritto da una donna. Ma tanto tempo è passato: perché riaprire antiche ferite? Libera ha sempre cercato di dimenticare, piano piano ha messo su un’attività che funziona, se la cava abbastanza bene, altri uomini la sfiorano e la corteggiano. Eppure, quel buco nero della sua esistenza continua a visitare le sue notti insonni, tanto più che – ora lo vede bene – alcuni particolari, nell’archiviazione del caso, la convincono sempre meno. E così, dopo essersi improvvisata detective nei romanzi precedenti, per risolvere i casi degli altri, questa volta Libera vuole trovare il coraggio per rivangare le vicende del suo passato. Con l’aiuto della madre, eccentrica insegnante di yoga dalla battuta facile e dai costumi spregiudicati, e di una giovane cronista di nera con un sesto senso per i misteri – e nonostante la vana opposizione della figlia poliziotta – Libera si spingerà dalla sua Milano fino in Calabria, per trovare una risposta alle domande che la opprimono da vent’anni e per guardare in faccia l’amara verità. E per scoprire che forse il nemico si nasconde molto più vicino di quanto avesse mai immaginato.

RECENSIONE

Ci sono momenti in cui siamo soli davanti alle nostre scelte.

Ogni scelta ci lascia addosso una cicatrice di sofferenza o una ruga di felicità.

Prima di addentrarmi nei meandri di Non si uccide per amore, vorrei spendere qualche parola su Rosa Teruzzi.

Un aspetto del grande talento di questa Autrice è il possedere una dote molto rara, secondo me, e cioè riuscire a far sembrare semplici le cose difficili.

Come facevano Fred Astaire e Ginger Rogers coi loro passi di danza, che a guardarli sembrava facile anche ballare il tip tap, lo stesso si verifica con la scrittura di Rosa Teruzzi: sembra che la sua penna scivoli sul velluto, senza incontrare asperità, in un naturale fluire di parole.

Così come le sue storie, eleganti, garbate, simpatiche. È davvero brava, questa Autrice, a “ingannare” in tal senso, ma non ci riesce fino in fondo perché, di fatto, addentrandosi tra le sue pagine, si trova una profondità di tematiche, di introspezione dei personaggi, un perfetto incastro degli ingranaggi nella parte gialla del romanzo… tutti elementi che incantano e avvincono. Ed è così che le sue protagoniste, Libera, Iole e Vittoria, entrano nelle nostre vite, perché la loro concretezza”, il loro essere così perfettamente calate e dimensionate nella realtà che ci circonda, ce le rende davvero prossime e ce ne fa sentire la mancanza, tra un’avventura e l’altra.

È in questo senso che, credo, Rosa Teruzzi stia diventando in un certo qual modo, ciò che M. C. Beaton è per gli inglesi, non perché la sua protagonista, Libera, abbia qualcosa in comune con l’eroina anglosassone Agatha Raisin, e nemmeno per l’aria un po’ british, tra fiori, piante, libri e tè, che pure si respira a pieni polmoni nei suoi libri; bensì perché, al pari della Beaton, la Teruzzi è rappresentativa di un filone narrativo peculiare, quello di un giallo più rilassante che disturbante, senza efferatezze, senza brutalità manifeste, più di intelletto e ragionamento che di azione da effetto speciale.

Ciononostante, l’Autrice è ben lontana dal proporre storie e intrighi all’acqua di rose. Solo che lo fa con intelligenza, eleganza, ironia e senso della misura; la sua cifra distintiva.

Non si uccide per amore non fa eccezione. Pur se questa volta il committente dell’indagine è Libera stessa, il romanzo è ancora più serrato, l’urgenza di venire a capo del mistero ancora maggiore, non perché ci sia lassismo se i casi riguardano altri, ma perché troppo tempo si è lasciato passare prima di affrontare la morte del marito Saverio e, soprattutto, per mano di chi sia avvenuta. E adesso il tempo dell’attesa è finito.

È, dunque, un’indagine famigliare quella che si va a dipanare e quindi non può prescindere dalla famiglia, ridiscutendo ruoli ed equilibri che, anche se non sempre ortodossi, erano fino a ora consolidati.

Ecco allora Iole e Libera, madre e figlia, legate in un rapporto in cui, a causa di personalità diametralmente opposte nel carattere e nell’agire, è la seconda a fare da genitore alla prima anziché viceversa; nel momento in cui ci si trova a dover aprire porte che cambieranno la vita, cambiano prima di tutto proprio questi ruoli, e così Libera si riappropria di quello di figlia e investe, con parole di pudore e commozione trattenuta, Iole di quello di madre, regalando una delle emozioni più forti del romanzo

Non solo aveva adocchiato i biglietti, su cui erano stampati entrambi i loro nomi, ma aveva anche notato che erano stati emessi da qualche ora.

“Eri sicura che venissi?”

“Ero sicura che ti volevo.”

Iole sfregò le palpebre dove le ciglia finte dovevano averle fatto allergia visto che una lacrima dispettosa premeva per uscire.

Ecco allora Libera e Vittoria, madre e figlia, un rapporto di grande amore ma anche di grandi scontri, fatto di non detti più che di parole, dove vige il più o meno tacito rimprovero della figlia verso la madre, ma più ancora verso il “mondo” intero, per non aver avuto la determinazione di far luce sull’omicidio del padre, la rabbia del non avere risposte. È anche il silenzio al posto del suono della risata della bimba di allora, mai più udito nella giovane donna di oggi, a dare a Libera il coraggio di scavare nel passato.

Saverio che usciva dal cancello, con Vittoria sulle spalle diretto al parco giochi. I codini di lei che si agitavano mentre scoppiava in una delle sue risate cristalline. Non si era mai più sentita, quella risata, al casello.

Da queste basi emotive così forti parte la ricerca della verità, che porterà Libera, davvero finalmente “libera” ma mai sola, fino in Calabria, sulle tracce di faide di ’ndrangheta, a scoperchiare vasi e mettere insieme i tasselli di un delitto infame, ricostruendo passo passo le ultime ore di vita del marito. E come spesso accade, è la distanza che aiuta a fare chiarezza e a realizzare che la soluzione è più vicina di quanto sì sarebbe pensato.

Libera si troverà così davanti a chi le ha ucciso il marito, in un faccia a faccia drammatico e teso, dove nessuna assoluzione o pietà sarà possibile, non per rabbia, odio o rifiuto di perdono, ma soprattutto perché chi ha ucciso, perdono o redenzione non ne ha mai cercato.

Ma il riscatto più bello, allo stato delle cose, il senso di tutto, Libera lo troverà non nell’odio ma nella vita, in un amore futuro, forse, di certo, nel presente, nell’udire di nuovo il suono di quella risata di campanellini, di una bimba che adesso è una giovane donna…

[…] all’improvviso fu scossa da un sussulto che si trasformò in una risatina gorgogliante come l’acqua di un rigagnolo quando diventa torrente, trovando la sua strada tra le pietre, dopo un forte temporale.

I romanzi di Rosa Teruzzi si aspettano e, una volta tra le mani, si divorano, senza se e senza ma, con tanta tanta emozione.

Rosa Teruzzi


Rosa Teruzzi ha pubblicato diversi racconti e tre romanzi. Esperta di cronaca nera, è caporedattore della trasmissionetelevisiva Quarto grado, in onda su Retequattro. Per scrivere si ritira sul lago di Como, in un vecchio casello ferroviario, dove colleziona libri gialli. Per Sonzogno, nel 2016 ha pubblicato La sposa scomparsa, nel 2017, La fioraia del Giambellino e nel 2018 Non si uccide per amore.

 

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