Nostalgia del sangue




Recensione di Marianna Di Felice


Autore: Dario Correnti

Editore: Giunti

Pagine: 544

Genere: Thriller

Anno di Pubblicazione: 2018

Sinossi: Certe mostruosità possono maturare solo in posti così: una provincia del nord Italia, dove soltanto pochi metri separano un gregge di pecore da un centro commerciale con sala slot e fitness, dove la gente abita in villette a schiera con giardino, tavernetta e vetrina con i ninnoli in cristallo, dove riservatezza è il nome che si attribuisce a un’omertà che non ha niente da invidiare a quella dei paesi dove comanda la mafia. Gli stessi luoghi che più di cento anni fa, infestati dalla miseria, dalla denutrizione e dalla pellagra, videro gli spaventosi delitti di Vincenzo Verzeni, il “vampiro di Bottanuco”, il primo serial killer italiano, studiato da Lombroso con la minuzia farneticante che caratterizzava la scienza di fine Ottocento e aggiungeva orrore all’orrore. Il serial killer che sembra citare il modus operandi di quel primo assassino non è però un giovane campagnolo con avi “cretinosi”, è una mente lucidissima, affilata, che uccide con rabbia ma poi quasi si diletta, si prende gioco degli inquirenti. A raccontare ai lettori le sue imprese e, a un certo punto, a tentare in prima persona di dargli la caccia, la coppia più bella mai creata dal noir italiano: Marco Besana, un giornalista di nera alle soglie del prepensionamento, disilluso, etico e amaro come molte classiche figure della narrativa d’azione, e una giovane stagista, la ventiseienne Ilaria Piatti, detta “Piattola”. Goffa, malvestita, senza neppure un corteggiatore, priva di protezioni, traumatizzata da un dolore che l’ha segnata nell’infanzia e non potrà abbandonarla mai, eppure intelligentissima, intuitiva, veramente dotata per un mestiere in cui molti vanno avanti con tutt’altri mezzi, Ilaria è il personaggio del quale ogni lettrice e lettore si innamorerà. Un uomo anziano e una ragazza rappresentanti emblematici delle due categorie più deboli della società italiana di oggi, uniscono la loro fragilità e le loro impensabili risorse per raccogliere la sfida lanciata dal male.

Recensione

Grandi distese di terra coltivate e selvagge contornate da boschi frequentati da famiglie che si divertono con i loro figli durante dei picnic o da adulti lussuriosi, resi quasi invisibili dalla nebbia che avvolge il tutto in un freddo abbraccio che isola dalla finta tranquillità contadina e dal caos cittadino rendendosi materia e che nasconde due occhi, nel silenzio del luogo, che fissano la preda.

Lentamente si avvicina a povere ignare vittime con tutta la sua malvagità e con un sorriso che si trasforma in ghigno nell’oscurità.
Un omicidio sconvolge il bergamasco un ritrovamento orrendo che fa riemergere vecchi ricordi. Questo sarà solo l’inizio.

Ilaria Piatti detta Piattola, stagista giornalista, ricollega il caso al primo serial killer in Italia, gli omicidi del Verzeni, e appare chiara la pista dell’emulazione.
Vincenzo Verzeni, un uomo all’apparenza normale, conosciuto da tutti, un contadino definito lucido ma con carenze educative, nell’Ottocento aveva sconvolto la tranquillità della campagna bergamasca scoprendo il suo lato macabro che per il padre della criminologia moderna, Cesare Lombroso, era causato dalla sua mancata evoluzione. Un caso che fece rabbrividire tutti per l’efferatezza degli omicidi.

Chi son in Italia i due maggiori esperti e studiosi di questo genere di serial Killer?
Una vaga idea l’abbiamo…
Causa scatenante? La famiglia…la mancanza di affetto può spingere a realizzare idee raccapriccianti?

La Piatti, una ragazza meritevole che pensa più alla sostanza che all’apparenza, deve convivere all’interno della redazione presa in giro da chi porta tacchi 12 e chili di trucco. La stagista ha nel sangue la nera, come il famoso collega Besana, e non si arrende portando avanti la sua teoria, ricollegando atti di cannibalismo dal Verzeni al nuovo serial Killer.
La vicenda di Lombroso e Verzeni è stata sempre avvolta dal mistero, e la coppia di scrittori, in questo libro, ha deciso di fare chiarezza riportandola ai giorni nostri.

La storia del luogo torna alla ribalta tra paura e disperazione. La nebbia si dirada, il passato è sotto i riflettori e dal profondo divora e miete vittime, la pioggia pulisce i resti e la neve cerca di nascondere gli orrori, ma la nostalgia del sangue crea un legame indissolubile e difficile da cui è difficile stare lontano sia per il serial killer che per i cronisti della nera.

A voi, autori, va un ringraziamento per questo thriller e la lezione di storia che date. Siete stati impeccabili e appassionanti! Un’idea su chi siete ce l’ho, e tutte le strade portano a due grandi maestri del genere: Lucarelli e Picozzi. Se siete voi, battete un colpo!
Però alcune parti della narrazione mi hanno fatto pensare a una penna femminile; la caratterizzazione della Piatti, in effetti, può essere opera di una scrittrice. Anche in questo caso ho qualche nome in mente, ma non ve lo dico!
Cinque stelle a Nostalgia del sangue, per il doppio se non triplo mistero che gli autori son riusciti a creare intorno al libro.

Dario Correnti


È uno pseudonimo. Anzi, un doppio pseudonimo, perché nasconde due autori. Ancora prima di uscire in Italia, “Nostalgia del sangue” è diventato un caso editoriale internazionale, in corso di traduzione in quindici paesi.

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