Nulla di certo




Recensione di Antonella Bagorda


Autore: Vito Parisi

Editore: Les Flâneurs Edizioni

Genere: Mistero

Pagine: 144

Anno di pubblicazione: novembre 2021

Sinossi. Settimio Speciale detto “il Cane”, vedovo, è commissario di polizia in un piccolo centro di provincia. Ottimo conoscitore della natura umana, trascorre il tempo a destreggiarsi tra delinquenti più o meno comuni, strambi personaggi e i potenti del luogo. Alla fine di ogni giornata però, invece di tornare subito nella sua casa vuota, vaga tra i vicoli del borgo antico, nella segreta speranza che qualcuno dei suoi nemici decida di farlo fuori. Fino alla sera in cui, in uno slargo che non ha mai visto, incontra un misterioso figuro col volto nascosto da una nuvola di fumo. Costui gli offre uno strano patto: in cambio di un indefinito “atto di disobbedienza”, avrà la possibilità di rivedere la moglie defunta. La surreale richiesta sembra legata a una torbida vicenda che vede coinvolti alcuni dei personaggi più influenti della zona, dei quadri rubati, un orfanotrofio femminile e la visione di tre bambine che piangono.

Recensione

Settimio Speciale è l’uomo; il Cane è il poliziotto. Sono la stessa persona ma con due lati del carattere ben distinti.

Settimio è un uomo ferito, solo, vedovo, che soffre tremendamente la mancanza della moglie Luisa. È l’uomo che, finita la giornata di lavoro, preferisce fare il giro lungo per tornare a casa, scegliendo di vagare tra i vicoli del borgo antico in cui vive e sperando di incontrare qualcuno con cui ha dei conti in sospeso, qualcuno che possa regalargli una coltellata inaspettata o un colpo di pistola improvviso. Però ogni sera riesce a tornare a casa. Vivo. E allora se ne va a dormire, lasciando sul tavolo la pistola senza sicura e con un colpo in canna, nel caso dovesse riuscire da solo a far partire contro se stesso quel colpo improvviso che non arriva mai.

Il Cane, invece, è il poliziotto, il commissario di una piccola cittadina all’apparenza tranquilla ma che nasconde, come ogni luogo sa fare, il marciume della società. È il lato di Settimio che non ha paura di farsi avanti con i potenti, con i delinquenti, di immischiarsi in giri sporchi e pericolosi. Il lato spavaldo e senza nessun timore. Soprattutto della verità.

In uno dei tanti giri lunghi per tornare a casa, Settimio si imbatte in una sorta di visione: una figura dal viso avvolto in una nube di fumo gli propone un patto che Settimio nemmeno comprende bene, ma che, se accettato, potrebbe dargli la possibilità di rivedere la sua Luisa. E allora accetta questo gioco cinico, in cui è coinvolto lui, la sua defunta moglie e tre bambine che piangono.

Il romanzo di Vito Parisi contiene svariati personaggi, tutti più o meno chiari, tutti più o meno ben caratterizzati, tutti più o meno utili alla storia, ma è solo il commissario Settimio Speciale a condurre i giochi, ad avere gli agganci giusti per condurre un’indagine che fino alla fine non si sa dove ci condurrà, a raggiungere le soffiate utili, a sfruttare favori in sospeso, a essere dalla parte di chi può fare domande e pretendere delle risposte perché se no potrebbe raccontare cose che non farebbero piacere a nessuno, soprattutto ai piani alti.

Ossessionato da questo misterioso figuro detto “il Fumatore”, dalle tre bambine che piangono e che pare debbano essere salvate a tutti i costi e, soprattutto, dall’idea di poter rivedere e riascoltare sua moglie anche solo per un istante, il Cane ci condurrà attraverso una serie di intrecci fatti di ricatti, di promesse, di omissioni, di omertà, di parentele, di segreti…

Nonostante la linea paranormale che non ci lascerà mai fino all’ultima pagina, questo romanzo rientra a pieno titolo nei noir italiani meglio riusciti tra le mie ultime letture.

Empatizzare col commissario non è semplice, soprattutto in apertura libro. L’autore non lo presenta nel migliore nei modi; lui e suoi due sottoposti di fiducia prendono iniziative e fanno cose che potrebbero inizialmente turbare il lettore, quasi scoraggiarlo a voler conoscere meglio i protagonisti della storia. Poi tutto inizia a girare vorticosamente e si viene inghiottiti dall’ambientazione nera in cui l’autore ci trascina a forza.

La figura del commissario solo, disperato e abbandonato a se stesso è un cliché che ormai siamo abituati a leggere in ogni dove e non ci dà nemmeno più da pensare, anzi, quasi pretendiamo che ci sia. Stessa cosa per l’ufficiale di polizia che sfrutta la sua posizione per fare promesse di libertà e ricevere in cambio informazioni e favori.

Vincente la scelta di ambientare il romanzo in un piccolo borgo antico, a dispetto dei tanti romanzi ambientati troppo spesso nelle grandi città, e buona la padronanza con cui l’autore ci catapulta in quelle stradine facendoci provare quasi timore nello svoltare gli angoli. Soprattutto ho gradito moltissimo la musicalità e la fluidità della scrittura, che non è cosa scontata, e la pulizia da refusi e frasi stonate e ridondanti. E, udite udite, non mi è affatto dispiaciuto neppure il finale.

Bella scoperta questo breve romanzo e bella scoperta questo autore.

Tre i personaggi che vorrei tanto incontrare ancora: Settimio ‘il Cane’, Fildiferro, Marta ‘la matta’.

Domandone finale senza altri giri di parole: consiglio la lettura di questo libro?

Certo che sì. Breve, veloce, molto intenso e nero quanto basta.

 

 

Vito Parisi


Vito Parisi nasce a Bitonto nel 1956. Per quarantadue anni è un elettricista con un’enorme passione per la lettura e la scrittura. Esordisce con La guerra dei castori e dei salmoni (2001), per Libero di Scrivere Edizioni, scritto a quattro mani con Alessandro Cinelli. Nel 2019 e nel 2020 pubblica Cafè du Reviens, per Fucine Editoriali, e Novanta giorni, per Gli Elefanti Edizioni.

 

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