L’urlo del lago




A cura di Claudia Mameli


Autore: Pietro Marangelo

Casa editrice: Eden editori

Collana: Scream

Anno: 2016

Genere: Horror

Pagine: 330

TRAMA

Rocca San Michele, Ottobre 1985. Quando una nuova vibrazione inizia a scavare il proprio spazio nella parte più profonda della cittadina, il paese si sta ancora riprendendo dall’ultimo violento terremoto del 1980. Questa volta, però, a tremare non è la terra.

Qualcosa di orribile è emerso dal lago reclamando il proprio potere; un turbine feroce che gode nel prendere tutto ciò che vuole nella maniera più subdola possibile, divertendosi a sfidare Padre Oliveira e la sua fede. La nebbia e il gelo si muovono veloci, inconsistenti e quasi invisibili, per poi sparire da un momento all’altro dopo aver fatto calare la falce sanguinaria che dà il via alla paura collettiva. Le prime due vittime sono una donna e un bambino, massacrati senza pietà e abbandonati come rifiuti.

La polizia cerca invano una possibile traccia che li conduca al serial killer. Allo stesso tempo, Silvio, Michele e Antonio iniziano ad essere tormentati da incubi terrificanti e voci demoniache. Dapprima solo nel sonno, e in seguito anche da svegli, vengono aggrediti da entità che non danno loro tregua. La paura li costringe ad unire le forze e, insieme, trovano rifugio alla vecchia torre, dove tra risate e preoccupazioni cercano il modo di combattere qualcosa di invisibile, per proteggere le loro famiglie e sconfiggere il male.

L’impresa che si accingono a compiere non sarà facile e forse non li vedrà vincitori, ma la continua presenza di una voce obbliga Silvio e i suoi compagni a fare delle ricerche e organizzare un piano d’azione che li conduca in quella che sembra essere la tana del lupo. Tutto, pur di non avere più paura.

RECENSIONE

Leggendo questo romanzo, la prima sensazione provata è stata di assoluta euforia.

Già dopo poche righe ho avuto la conferma che, oltre ad un’ottima proprietà di linguaggio, l’autore sapesse ben muoversi dentro una mentalità nella quale ansia e panico devono per forza viaggiare a braccetto pur di tenere il lettore incollato al testo.

Per chi mastica horror da anni, diviene infatti sempre più difficile trovare nuove emozioni o, perlomeno, conservarle nei testi successivi ai primi “amori”. Pietro Marangelo ha saputo intrecciare una storia da brivido, fatta di presenze misteriose, voci inquietanti e incontri mortali assolutamente degni di pregio.

Ogni scena viene descritta in maniera minuziosa, senza censure, e il sangue viene fatto scorrere a fiumi solo dopo aver violentato la psiche con infidi tranelli.

Lo stato d’animo che permea in gran parte della lettura, ciò che l’autore vuole e riesce a far emergere è il terrore, puro e incommensurabile.

Senza tralasciare la parte romanzata, con attente descrizioni cariche di punti di riferimento visivi ed emozionali, i luoghi vengono sapientemente inseriti nel contesto che vede la continua lotta tra bene e male enfatizzata dal personaggio di padre Oliveira, pronto a invocare il proprio dio fino all’ultimo respiro.

I tre ragazzi protagonisti vanno invece a prendere un posto di rilievo per la velata interpretazione che si potrebbe dare alla storia: alternando momenti di profonda tensione ad altri di tenera spensieratezza, Silvio, Michele e Antonio incarnano il passaggio tra l’età infantile e quella della maturità.

Insieme cercano di sconfiggere qualcosa di più grande di loro, senza per questo rinunciare alla voglia di divertirsi e fare progetti per il futuro.

L’impossibilità di confrontarsi con i genitori sottolinea il confine del mondo degli adulti, e l’inquietante scenario del lago e della torre danno l’idea di una trincea che segna il territorio oltre il quale le paure diventano realtà. Interessante è anche la presenza di una nota fantasy capace di alleggerire per un attimo la tensione.

Esordio promosso a pieni voti!

“Il bimbo aveva paura di gridare, gocce di sudore gli imperlavano la fronte. La mano gli tremava e lo stesso faceva il fascio di luce, l’odore adesso era nauseante. Non volle cedere. Era fermo con la lampada in mano e osservava il fiotto di sangue e altri detriti galleggianti che fluivano da sotto il letto come un fiume in piena: prima lunghi fili che potevano essere stati soltanto capelli, poi delle unghie rotte seguite dall’arcata superiore di una bocca e da una lingua tranciata che si muoveva come un’anguilla. A quel punto Silvio crollò.”

“Michele girò di scatto la testa verso il letto e di nuovo le sue gambe divennero blocchi di marmo. Gli occhi che lo fissavano erano carichi di odio, erano occhi grandi dalle cornee gialle che non lo mollavano un istante, lo perforavano. Il viso malvagio era una ragnatela di rughe. La vecchia nel letto si mise a sedere e dischiuse le labbra in quello che doveva essere un sorriso, l’intero volto divenne un orrore grinzoso. Poi la casa cominciò a oscillare, Michele cadde battendo la testa; tutte le porte della casa sbatterono insieme come impazzite. Dal piano di sotto salivano urla disumane, rumore di piatti rotti, rumore di passi pesanti e di oggetti che venivano fracassati”

“Per terra c’era quello che restava della testa di un bambino piccolo. Antonio guardò la poltiglia poco distante dai suoi piedi: il viso era putrefatto e sporco di terra. Aveva gli occhi semichiusi, c’erano buchi nelle guance e la fronte sfondata. Riusciva persino a vedere il cervello, che era diventato una specie di gelatina nera. Aveva guardato la testa forse per dieci secondi, poi aveva urlato come se gli stessero strappando le unghie con una tenaglia”

“Non esistevano strade che portavano alla radura, ci si poteva arrivare solo sfidando e vincendo il bosco. L’unica strada che si avvicinava al lago era una strada sterrata che iniziava subito dopo il ponticello dei tre frati. La strada finiva là dove gli alberi delineavano il proprio regno”


INTERVISTA

Ciao Pietro, benvenuto su ThrillerNord. Parto subito facendoti i miei complimenti: era da tanto che non mi capitava tra le mani un horror emergente così forte. Ogni riferimento è puramente casuale ma, andando a osservare attentamente, si ritrovano luoghi inconfondibili come la Sacra di San Michele e la Torre della bell’Alda. Parlaci di come nasce il tuo libro, della magia in esso contenuta e della scelta di affidare il ruolo da protagonista a tre undicenni.

Ciao Claudia, prima di tutto volevo ringraziarti per la tua disponibilità e soprattutto per la fantastica occasione di poter far conoscere il mio romanzo. In merito ai luoghi descritti mi hai fatto notare tu la somiglianza con la Sacra di San Michele e la Torre che si avvicinano incredibilmente molto ai luoghi descritti ma, -e forse qui c’è un pizzico di magia- dietro c’è una storia diversa. Adesso ti spiego. Il mio paese è Solofra, un piccolo paesino in provincia di Avellino racchiuso da alte montagne, e il suo patrono è proprio San Michele, non solo: quando ho immaginato Rocca San Michele ho cercato di plasmarla sul modello di Solofra, vero è che il lago è immaginario; però su una collinetta che sovrasta il paese c’è un vecchio castello diroccato davvero molto simile alle Rovine del Monastero Nuovo. Per quanto riguarda la torre invece, mi sono ispirato alla vecchia torre che si trova in cima a una cava abbandonata situata su un altro versante delle montagne che racchiudono Solofra. La storia è nata in una estate di qualche anno fa ricordo anche il giorno preciso il 29 giugno, il mio onomastico; e il titolo non è un caso. Avrei iniziato la specialistica a settembre e ripensavo al fatto che molte cose erano cambiate. Lavorare già mentre ero studente alla triennale, e ora, tra una cosa e l’altra ripensavo alle estati con gli amici, alle giornate spensierate dove ogni cosa era magica. L’urlo è arrivato per dirmi che dovevo fare qualcosa per non dimenticare la mia infanzia e i miei amici. L’intero libro è permeato di ricordi e soprattutto di amicizia. I tre personaggi principali non sono altro che i miei due migliori amici, Antonio e Ilario.

1) Il sindaco di Solofra ha voluto inserire “L’urlo del lago” nell’elenco del patrimonio culturale della biblioteca. Cosa si prova a ricevere gli elogi dei lettori comuni e dei concittadini? Ti aspettavi una risposta immediata al tuo primo scritto, al quale avrai sicuramente lavorato tanto

A dire il vero è stata una sorpresa anche per me! Il giorno della presentazione (giorno della festa di San Michele) la sala comunale dove avevo organizzato l’evento era pienissima. Non solo amici, ma anche tanti curiosi, e non ti nego che ero un “tantino” teso. Dopo la presentazione ho risposto a tantissime domande che mi venivano fatte. Anche per strada ancora oggi qualcuno mi chiede «ma il lago da dove lo hai preso?»

2) Tra le altre cose, so che scrivi per un giornale locale. Quanto pensi sia importante la gavetta per un autore emergente? Affidarsi a una Casa Editrice è sempre la soluzione migliore

Penso che un autore emergente abbia talmente tante di quelle cose da imparare che ogni occasione dovrebbe essere sfruttata per scrivere e leggere. Per quanto mi riguarda il poter scrivere su un piccolo giornale locale mi ha aiutato in diversi modi: sono uno scrittore molto lento tendo a leggere, rileggere, rivedere, riscrivere, e in molti casi non è nemmeno necessario. Lo scrivere per il giornale mi ha allentato a rispettare le scadenze e quindi concentrarmi al massimo quando scrivo. L’affidarsi a una Casa Editrice per me è stato fondamentale per un motivo in particolare: ero un emergente alle prime armi (e solo ora credo di aver mosso qualche passo nella giusta direzione), ma volevo capire se il lavoro portato a termine era fatto bene, e l’unico modo per saperlo era inviarlo a chi con i libri ci lavora ogni giorno. Ovviamente non è stato facile, ho inviato il libro a più di quaranta editori, ma alla fine sono approdato alla Eden Editori.

3) Una diatriba che non morirà mai è quella che vede coinvolti i sostenitori dei vari generi letterari, infervoriti nell’affermare la supremazia di uno a discapito di tutti gli altri. Tu che ne pensi? Sei pronto a sperimentare un nuovo genere

Guarda, io cerco di leggere il più possibile, e ad essere sincero non pongo limiti in merito al genere. Non credo in definita che un romanzo rosa (è solo un esempio) sia migliore di un fantasy o viceversa. Per come la vedo, quello che conta è sempre e solo la storia. Ecco perché credo che uno scrittore debba leggere davvero ogni cosa, dal romanzo al saggio al manuale. In merito al discorso dello sperimentare un altro genere, col tempo credo proprio che succederà.

4) Ti ringrazio per il tempo passato insieme, sperando di rivederti presto in libreria. Prima di salutarci non può mancare la domanda di rito: qual è l’ultimo thriller nordico che hai letto?

Ringrazio te per avermi dedicato il tuo tempo. L’ultimo thriller nordico che ho letto credo sia stato “Lasciamo entrare” di John Ajvide Lindqvist. A presto.

 Pietro Marangelo

A cura di Claudia Mameli