Prigionieri del ragno 




 Prigionieri del ragno

di Ilaria Cocino

Bookabook 2022

Nome Cognome (Traduttore)

Narrativa, pag. 447

Sinossi. Il trentenne Rodrick Dalton è il giovane e carismatico commissario di Scotland Yard ancora in attesa del caso che gli possa dare la notorietà che tanto cerca. L’occasione gli viene offerta nei primi giorni di dicembre, quando il cadavere del guardiano notturno del museo delle cere viene ritrovato in un bozzolo di plastica appeso al soffitto, senza prove che possano aiutare a individuare il colpevole. Si prospetta fin da subito un caso interessante e del tutto diverso da quelli che ha risolto in precedenza. Presto, però, i suoi snodi sfociano nelle vite personali della squadra omicidi, coinvolgendo direttamente anche il vicecommissario, Andrew Milner, e l’altezzosa e arguta responsabile della scientifica, Selene Trippier, la prima a capire che l’assassino non ha alcuna intenzione di fermarsi al primo omicidio e che mescolerà abilmente l’arte, le relazioni umane e la morte in una macabra tela che la polizia dovrà distruggere, prima che sia troppo tardi.


Recensione di Loredana Cescutti

“Esiste una tela di ragno per ognuno di noi, e potrebbe rimanere fuori dalla nostra vita per anni, e anni, e anni. Prima o poi si verrà risucchiati.”

La tela del ragno robusta che ha imprigionato al suo interno le vittime sacrificali di questo romanzo, è la stessa che è riuscita ad imprigionare me fra le sue pagine, impedendomi di abbandonare il romanzo fino alla sua conclusione che poi, francamente spero che non sia un addio ma un più speranzoso arrivederci.

Parto con il ringraziare da subito l’autrice per questo dono natalizio, dato il periodo in cui è ambientato, che seppur giunto fra le mie mani subito dopo o quasi aver archiviato e impacchettatogli addobbi e il discorso festività, mi ha permesso di godere di ancora qualche giorno (il tempo della lettura) a tema Natale, in modo decisamente alternativo.

Di norma, non sono una fanatica del libro a tema in base alle stagioni, anzi, a meno che il romanzo non sia corredato di validi e interessanti delitti.

“… sapeva essere la soluzione a tutti i problemi, se il centro del problema non era la sua vita privata.”

L’atmosfera è sicuramente singolare, la neve è copiosa, il freddo intenso, e il museo delle cere si presenta in modo affascinante e irresistibile ma, da un certo punto in poi si rivelerà anche per quello in cui l’autrice è riuscita a trasformarlo ovvero, l’incredibile scenario di un curioso e inaspettato omicidio.

Ma cosa si nasconde dietro questo delitto? Qual è il motore che spinge il killer?

“C’era un ragno molto potente che, contornato da una “cornice di perfezione, ingenuità e tenerezza”, gli si stava avvicinando, e rischiava di rimanerne stritolato.”

Se è vero che il ragno imprigiona alla sua ragnatela la sua preda, è vero anche che Ilaria Cocino, alla sua prima esperienza letteraria è riuscita a dare vita ad un gran, di parole e di pagine, bel romanzo thriller intriso di mistero, di azione, di emozioni vivide e di sensazioni, arricchendo il tutto con una buone dose di humor, che ha permesso ai suoi personaggi principali di essere più vicini a noi.

Uomini e donne imperfetti, con tanti problemi, come noi persone comuni, che attraverso muri e barriere incrollabili, apparentemente, tentano giorno dopo giorno di proseguire il loro cammino, fino a raggiungere i loro obiettivi, sia nel lavoro che, soprattutto, nella loro vita.

“Non vi vedo alcun lato umano nell’uccidere, qualunque sia la ragione che ti porta a farlo.”

Al di là degli scambi di opinioni alquanto alternativi, magari per qualcuno poco eleganti e che a me non hanno dato minimamente fastidio e anzi, mi hanno fatta sorridere, sono rimasta tramortita dalle pure emozioni e sensazioni provate in taluni attimi e, dalla delicatezza nell’esprimere pensieri nascosti per la paura di fallire o soffrire, o di far soffrire.

Riflessioni che ti lasciano addosso la stessa carezza di una piuma che si posa planando sulla pelle, che ti rimandano in modo incontrollabile a tè stessa, al tuo io interiore, a ciò che sei e alle scelte che potresti fare. Come una voce che si insinua dentro di te, pur non essendo tu parte di quella storiaperché sei consapevole che quello è un libro, un romanzo, la fantasia.

Ma il lato introspettivo appare talmente potente, così intenso che non puoi non rimanerne invischiato, anche se poi, subito dopo, com’è nello spirito dell’autrice, ti arriva la stoccata che ti costringe a ridere a crepapelle, perché altro non puoi fare.

Indubbio lo scenario, l’atmosfera natalizia, le descrizioni dei musei e delle tecniche pittoriche e artistiche e fuor di dubbio il lato umano dei protagonisti e il cameratismo forte, indistruttibile che li lega e che riesce a mantenerli uniti.

Personaggi diversi fra loro, che riescono a compensare carenze, mancanze e debolezze e che, sono stati in grado di riuscire a trovare un equilibrio fra loro.

I temi del romanzo, al di là della trama thriller che rende sicuramente più accattivante l’intera storia, non sono per nulla scontati poiché si parla di controllo, di violenze, di depressione e di solitudine.

La scrittura di Ilaria mi ha stupita, poiché trattandosi di un’autrice alla prima esperienza, si è rivelata sicuramente molto abile nel tenere in piedi, su strutture diverse l’indagine, le storie personali dei suoi protagonisti e quelle delle vittime e degli indiziati.

È stata capace di portare avanti l’intera trama in modo sciolto, senza risultare prolissa nonostante la mole di pagine, per capirci io avrei continuato a leggere ancora, ma il libro è purtroppo terminato.

Un ritmo costante, dei personaggi carismatici è una scrittura fluida, empatica, avvolgente ed estremamente scorrevole e scoppiettante, sono sicuramente i punti di forza che contraddistinguono questo romanzo, a mio avviso destinato ad intrattenere in modo piacevole il lettore che è alla ricerca del mistery, ma con contenuti solidi e trattati con maggiore rilassatezza non per sminuirne i temi, bensì per regalare un po’ d’ossigeno.

“… per il proprio bene, bisognerebbe arrendersi e accettare che il tempo non torna indietro…”

Buona lettura!


INTERVISTA

Le pagine del tuo romanzo, per il quale ti ringrazio, scorrono in modo sorprendente. Hai mescolato parecchi stili che fra di loro si amalgamano alla perfezione e affronti temi importanti che vanno dal controllo, alla violenza, fino ad arrivare alla depressione e alla solitudine, ma senza mai dimenticare di ridarci l’ossigeno necessario a proseguire. Innanzitutto, quando ti è venuta l’idea di questo romanzo? I personaggi sono arrivati man mano o sei partita con le idee ben chiare da subito e nel caso, qual è il tuo preferito? Poiché alcuni appaiono molto introspettivi, a chi hai dato di più di te stessa?

Ringrazio io te per tutti questi complimenti rivolti alla storia! Diciamo che l’idea iniziale è nata nel 2019, prima che partissi per l’Erasmus, ma era totalmente diversa rispetto al prodotto che ho poi portato alla pubblicazione. Tutte le componenti che vanno al di là del thriller, dal controllo alla violenza fino alla solitudine e la depressione, sono arrivate a poco a poco, man mano che creavo i personaggi secondari e i sospettati, quando si profilavano le relazioni di odio, di amore, di amicizia o di rispetto, perciò è stato un processo graduale che mi ha divertito abbastanza. Credo che sia importante dare un certo spessore sia alla storia sia ai suoi personaggi in modo che risulti verosimile.

Inizialmente, quando ho iniziato a scrivere l’ossatura del romanzo, avevo ipotizzato un caso in cui il commissario Dalton era “il detective antagonista”, vale a dire quel poliziotto burbero che nessuno vorrebbe come partner, né sul lavoro, né nella vita privata, che cerca di ostacolare le tue indagini; andando avanti nella stesura, mi rendevo conto che la trama era interessante, ma non riuscivo a simpatizzare con i personaggi, troppo distanti dall’idea iniziale che mi ero fatta. Ho dunque capito che quel commissario aveva un potenziale immenso, e ho cambiato la storia affinché ruotasse attorno a lui. I personaggi sono, perciò, arrivati a stesura in corso. Ho subito pensato che fosse giusto ideare un aiutante per Rodrick, e quell’aiutante doveva essere del tutto diverso da lui: per questo è nato il romantico Andrew, diverso sia fisicamente sia emotivamente. Selene è arrivata per ultima, perché mi serviva anche un personaggio che tenesse testa ai due superiori, e volevo che fosse una donna indipendente, determinata e capace di tirare fuori gli artigli al momento giusto. Sono un po’ tutti e tre i miei preferiti, perché ognuno di loro è una rappresentazione scomposta della mia personalità. Se proprio dovessi scegliere un personaggio, sarebbe Selene, in quanto dimostrazione che una donna può riuscire a raggiungere qualsiasi traguardo usando le proprie forze.

Rodrick e Andrew sono i due che vengono sviscerati di più nel libro, perché mi sarebbe piaciuto esplorare la mente dei due detective e mostrarli completamente nudi di fronte al lettore. Un personaggio come Selene, invece, viene scoperto a poco a poco con il passare delle pagine, ma non viene mai trattata dal punto di vista dei suoi pensieri: questa scelta è dovuta al fatto che gli unici due punti di vista della storia volevo che fossero appunto quelli di Andrew e Rodrick, e quindi ho deciso di far sì che la storia si concentrasse sui loro pensieri. Di fatto, Rodrick rappresenta la parte più sicura e introspettiva che vorrei sempre dimostrare, mentre Andrew è la rappresentazione degli aiuti che cerco di dare alle persone a cui tengo.

Ho trovato l’ambientazione molto interessante, innanzitutto il decidere di collocarlo a Londra, quindi, posso dedurne che tu la conosca abbastanza bene? Poi, entrando nel particolare, hai scelto di fare proprio, come centro della tua storia il museo delle cere di Madame Tussauds, come mai?

Londra, in realtà, è il sogno della mia vita, ma non ci sono mai stata! Se questo romanzo è nato, è stato grazie alle numerose ricerche preliminari che ho condotto leggendo guide, studiando le immagini, leggendo articoli sul web, cercando quei posti che rispecchiassero al meglio le idee che mi ero prefissata quando ho scritto l’ossatura del romanzo e, quindi, la trama capitolo per capitolo. 

Il Museo delle cere l’ho scelto un po’ per caso, all’inizio, ma si è poi rivelato una miniera d’oro per la storia. L’idea era quella di scrivere un giallo che affrontasse sia temi spinosi sia artistici, e il Madame Tussauds credo che sia una perfetta rappresentazione di arte contemporanea, considerando i numerosi flussi turistici che attira per le statue che propone al pubblico, una forma di arte non convenzionale. Partendo da questo concetto di “arte”, si sono poi susseguite tutte le location, i personaggi e i riferimenti che vengono citati tra le pagine. Quindi, il Madame Tussauds è stato scelto anche per intrecciare al meglio gli elementi del thriller con quelli che riguardano le mie passioni al di fuori del genere.

Poiché sono rimasta letteralmente ad occhi sgranati nel finale, dopo tutte le emozioni variegate provate in lettura sono molto curiosa per cui ti chiedo: stai già pensando o lavorando ad un seguito o comunque hai già l’idea per un altro romanzo, anche slegato da questo?

Il finale con quel cliffhanger era voluto, visto che ho già in lavorazione un altro testo! Si tratta di un altro thriller, ed è proprio il sequel di “Prigionieri del Ragno”. Non svelerò molto, però posso dire che sarà più introspettivo, che il mondo preso in considerazione non è troppo distante da quello dell’arte, e che Rodrick e Andrew si troveranno di fronte non soltanto a un altro caso spinoso da risolvere: dovranno anche gestire le loro vite private, le loro relazioni con i personaggi coinvolti. Un altro proposito è quello di affrontare temi delicati più in profondità, perciò ci saranno molte cose che faranno storcere il naso. Probabilmente mi affiderò a una seconda campagna di crowdfunding per tentare la sorte e ottenere la pubblicazione, ma c’è ancora tempo, prima che porti a termine la stesura! Quel che è certo, è che Rodrick e Andrew stanno tornando.

Quando non studi e non scrivi, ho visto che anche tu sei una lettrice forte: vuoi dire agli amici di Thrillernord quali sono i tuoi generi e i tuoi autori di riferimento e poi, compaiono anche nomi nordici fra i tuoi favoriti?

Sì, è vero. Quando ho tempo, leggo tanto, anche se mi risulta difficile uscire dai miei due generi del cuore. Oltre al thriller, il mio genere preferito, prediligo il fantasy, che mi permette di vedere nuovi mondi, nuove realtà e scoprire personaggi del tutto diversi da quelli che si possono trovare in un thriller. Autori di riferimento del fantasy sono da sempre Christopher Paolini e il suo “Eragon”, Suzanne Collins e i suoi “Hunger Games”, e poi sto anche tentando di virare verso il fantasy italiano, che reputo troppo sottovalutato rispetto alle sue potenzialità.

Tornando al thriller e al giallo, il mio autore del cuore è Sir Arthur Conan Doyle, e il suo Sherlock Holmes è la Stella Polare di tutto ciò che scrivo, è semplicemente il personaggio perfetto! Non posso non nominare Agatha Christie, che con il suo Poirot è stata tra i primi autori a conquistarmi e a portarmi sulla strada del giallo. Amo anche i thriller nordici, e Lars Kepler è tra i miei preferiti in assoluto: credo che “L’ipnotista” sia un libro veramente geniale.

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Ilaria Cocino


è nata a Torino nel 1998. Laureata in Lingue, sta studiando per diventare traduttrice. Nel tempo libero segue il calcio, ascolta musica, guarda serie TV e legge molto. La sua comfort zone sono i romanzi gialli e thriller: si è appassionata al genere grazie a Sherlock Holmes e Sir Arthur Conan Doyle, motivo per cui ha ambientato il suo primo romanzo, “Prigionieri del Ragno”, a Londra.