REAL STORIES





MARILYN MONROE

CASO CHIUSO

di Jay Margolis e Richard Buskin


La diva più acclamata di tutti i tempi, la donna ritenuta a distanza di decenni la più bella del pianeta, la star perfetta, l’emblema di fascino e successo, che recitava perfettamente la parte della svampita, ma solo perché era anche un’ottima attrice e sapeva fingere, che leggeva di nascosto i libri di James Joyce e diceva di se stessa “Sarò sempre una trovatella”. 

E lo diceva con la convinzione e il dolore di chi lo è stata davvero, di chi si porta dentro una fame d’amore mancato che nessun trionfo potrà fare svanire, che nessun uomo ha saputo comprendere e appagare. E mentre negli anni si sono susseguite ipotesi, speso scollegate dai fatti, su chi possano essere i mandanti e gli artefici della sua morte, il vero colpevole è e resterà uno su tutti: la mancanza di quell’amore che aveva riposto sempre in persone sbagliate, ma che forse non avrebbe saputo accettare anche da quelle giuste; perché era Marilyn la prima a sentire di non aver diritto a essere amata, che ha firmato senza saperlo la propria fine. E questo, chi l’ha usata e poi uccisa, lo sapeva bene.

Sinossi: Il reportage scandalo che ha fatto il giro del mondo: cosa è successo davvero la notte del 4 agosto 1962, quando la famosissima Marilyn Monroe perse la vita in circostanze misteriose?

Fu un vero suicidio o un’abile messinscena per nascondere un omicidio? E quali motivi avrebbero spinto la diva a cercare la morte? Come si collega la sua tragica fine con la complicata relazione con i fratelli John Fitzgerald e Robert Francis Kennedy, che perderanno la vita entrambi in un attentato, rispettivamente il 22 novembre 1963 e il 6 giugno 1968? Dopo più di cinquant’anni di speculazioni, ricostruzioni, inchieste, illazioni, il caso della morte di Marilyn Monroe si può dichiarare finalmente chiuso: grazie all’incredibile lavoro investigativo di Jay Margolis e Richard Buskin, infatti, abbiamo l’esatta ricostruzione di cosa avvenne quella notte nella casa dell’attrice. Una verità da brivido, che non può non essere rivelata.

A 50 anni dalla morte di Marilyn, due giornalisti del New York Times risolvono il mistero. L’attrice aveva minacciato di rivelare i segreti personali e politici dei Kennedy, annotandoli in un piccolo taccuino rosso andato perduto e i due potenti fratelli non potevano permettere che il loro destino fosse nelle sue mani.

Jay Margolis, laureato con il massimo dei voti alla University of Southern California, è un giornalista investigativo e un biografo, che alla vita di Marilyn Monroe ha già dedicato vari libri. Vive a Los Angeles. Richard Buskin, nato a Londra, è un giornalista freelance e l’autore di diversi libri, entrati nella classifica del «New York Times», tra cui le biografie di Marilyn Monroe, della principessa Diana, delle cantanti Whitney Houston e Sheryl Crow. Vive a Chicago.

Real stories

Marilyn Monroe nasce il 1° giugno del 1926 a Los Angeles, con il nome di Norma Jeane Mortenson. Sua madre Gladys, che è una donna mentalmente instabile, la chiama così in omaggio alle sue attrici preferite: Norma Talmadge Jean Harlow.
La piccola non ha padre e, per buona parte dell’infanzia, alterna permanenze in orfanotrofi o con famiglie temporanee a turbolenti ritorni a casa.
Quando a sua madre i medici diagnosticano la schizofrenia, Norma Jeane viene presa in custodia dallo stato: suo tutore legale fu la migliore amica di Gladys, Grace McKee, archivista di pellicole alla Columbia Pictures.
Sarà lei ad appassionare la ragazza al cinema e, qualche anno più tardi, a iscriverla al liceo dove conoscerà il suo primo marito James Dougherty. Le nozze, celebrate nel 1942, durano solo 4 anni, intervallo di tempo nel quale Norma posa per il fotografo André De Dienes, che invia i suoi scatti Emmeline Snively, direttrice della più importante agenzia pubblicitaria di Hollywood.
La Snively la convince a farsi bionda. Per la futura diva il rapporto con il cinema inizia proprio al termine del matrimonio, quando, nel 1946, viene messa sotto contratto dalla Fox.

Sappiamo tutto della sua vita, ogni amore segreto e ufficializzato, matrimoni e divorzi, alcolismo e solitudine, ma la sua morte è sempre e fin da subito stata liquidata come il banale suicidio di una donna infelice e disturbata. Eppure, indagando poco più a fondo in quel particolare momento della sua esistenza, nonostante l’amore mal riposto, la solitudine sentimentale e il momento di difficoltà con la casa produttrice, era all’apice del proprio successo e andava verso una piena consapevolezza di sé. Pagata cara, tra delusioni e dipendenza dai farmaci, ma che era pronta ad abbracciare.

Marilyn voleva ricominciare da Marilyn, aveva detto al presidente degli Stati Uniti di lasciarla in pace, aveva compreso di essere stata usata per l’ennesima volta, voleva curarsi le ferite, far pace con la piccola e abbandonata Norma Jeane.

Ma cosa accadde in realtà quella notte in cui Marilyn fu dichiarata morta a seguito di volontaria assunzione di quantitativi enormi di farmaci prescritti per lenire la sua insonnia? Sembra impossibile da credere, ma attraverso una minuziosa e documentata ricostruzione dei fatti, appare evidente oltre ogni ragionevole dubbio che Marilyn sia stata assassinata per metterla a tacere, che nel corso di quella lunga notte il presidente Kennedy e i suoi fedelissimi fossero presenti in casa a più riprese, che il suo medico curante, sotto la sorveglianza documentata dei paramedici che intervennero allertati dalla governante, le somministrò un’iniezione diretta al cuore che ne causò la morte pressoché immediata. 

Morte che mise a tacere una donna i cui segreti stavano per essere rivelati in una conferenza stampa, segreti che avrebbero gettato fango sul ragazzo d’oro d’America, su un uomo che nascondeva dietro un’apparenza di bontà e semplicità un’indole malvagia e manipolatrice, un uomo che conosceva bene Marilyn e le sue debolezze, che non l’aveva comprata con soldi e diamanti che lei non desiderava, malgrado l’immagine di sé che regalava al pubblico, ma con l’unica cosa che a lei mancava come l’aria e che avrebbe fatto tutto per avere: la promessa di venire scelta e amata.

Il romanzo, scritto nei modi e termini di una ricostruzione investigativa, non lascia spazio a dubbi ed è privo di qualsiasi tentativo di ricostruzione basato su supposizioni. Ciò che non è noto non viene detto, i fatti restano fatti, avvalorati da testimonianze mai incongruenti, mai figlie di supposizioni o deduzioni logiche ed è questa la sua forza.

Ciò che colpisce e addolora sono fondamentalmente due elementi: la morte di Marilyn è stato un omicidio, non vi sono dubbi; Marilyn era sola, non era amata, aveva riposto fiducia in persone che non le erano fidate, a partire dalla sua governante per finire alle amicizie più strette. Nessuna di queste persone si trovava lì, da anni, per le ragioni che Marilyn credeva, per affetto o amicizia nei suoi confronti, bensì erano tutti personaggi al soldo dei Kennedy, posizionati in ruoli strategici per controllarla e tenerla a bada, per manipolarla e spiarla.

É morta sola Marilyn, ma non in senso fisico, perché quella sera fin troppe persone le furono accanto, dal presidente degli Stati Uniti, alla sua governante, alla sua più cara amica, allo psichiatra che l’aveva in cura, che lei amava come un padre e che le praticò l’iniezione mortale. Nessuna di quelle persone era ed è mai stata lì per lei, tutte erano disposte a ogni cosa per proteggere i Kennedy.

A seguito del suo omicidio, quelle persone andarono incontro a una rapida e sorprendente ascesa, videro il loro silenzio e la loro fedeltà ai Kennedy ripagate con carriere e fortune, si resero complici silenziose della fine di una donna morta anche grazie a loro, senza aver mai realizzato l’unico desiderio: essere amata da qualcuno.

Ma come facciamo a sapere tutto ciò? Come siamo arrivati a una ricostruzione così federe e dettagliata degli eventi? Grazie al fatto che la cosa che Marilyn più temeva, essere sola al mondo, da un punto di vista pratico non fosse reale in nessun momento della sua breve vita.

Oltre alle testimonianze di diversi vicini di casa, che videro chiaramente uscire e rientrare il Presidente Kennedy dall’abitazione della diva, nonché della pattuglia di polizia che fermò casualmente per un controllo la macchina del presidente mentre si allontanava (fatto che lo costrinse, in seguito ad ammettere la sua presenza sempre negata), la villa di Marilyn era piena di microspie posizionate in punti strategici.

Le prime, volute dai Kennedy, vennero probabilmente fatte scomparire la notte stessa dell’omicidio, insieme al diario rosso su cui Merilyn appuntava tutte le sue confidenze e che, come molti testimoni confermarono, spinsero il presidente a fare irruzione in casa dell’attrice quel pomeriggio fatale e pretenderne la consegna. Gli altri microfoni erano stati posizionati dalla mafia, che voleva sfruttare lo scandalo della relazione segreta per ricattare i Kennedy, e dalla casa produttrice della diva, che voleva controllarne le mosse.

Alcuni di questi documenti sono ancora ingiustamente secretati e lo saranno per qualche altro decennio, compresi scambi di corrispondenza tra le numerosi parti in causa e l’attrice. Saranno sicuramente rivelatori di squallide realtà sul conto di chi è gravitato intorno a Marilyn fingendo di volerle bene, ma non avranno molto da aggiungere su un fatto innegabile emerso da quanto non è stato possibile oscurare: Marilyn è stata uccisa.

Leggendo il libro, crudo e toccante, apprendiamo non solo chi siano stati il mandante e l’autore materiale del crimine, ma le innumerevoli violenze a cui Marilyn venne sottoposta in quelle ore: dalle iniezioni forzate di farmaci endovena, al clistere che avrebbe dovuto probabilmente ucciderla senza ricorrere all’iniezione finale, ai vari spostamenti del corpo, alle telefonate che l’attrice fece per sfogarsi della pressione che stava subendo a più riprese, ai tentativi di mettere a tacere persone che invece rilasciarono testimonianze decisive.

Ma nonostante ciò, la cosa che più colpisce è la totale mancanza di amore che circondava la donna più desiderata del pianeta. Era povera Marilyn, non aveva sul conto corrente nemmeno i soldi necessari al suo funerale, che fu pagato dall’unico uomo che provò ad amarla senza successo: Joe Di Maggio, il quale continuò a depositare una rosa rossa sulla tomba della sua amata per ogni compleanno, fino alla sua morte. Al suo funerale partecipò nessuna delle persone a lei care, da subito impegnate a prendere le distanze, volare in luoghi soleggiati altrove, dichiararsi estranee. Ed estranee lo erano davvero, da quella ragazza che si definiva eterna trovatella, perché di fatto lo era, da quella donna fragile e intelligente che ha pagato cara la sua dote più evidente ma non migliore: la bellezza.