Ricordati di Bach




Recensione di Viviana Trifari


Autore: Alice Cappagli

Editore: Einaudi

Collana: I coralli

Genere: Narrativa contemporanea

Pagine: 264

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Esistono passioni così potenti da cambiarti la vita. Da rovesciarti la testa, i pensieri, lo sguardo. Per Cecilia la musica è esattamente questo: un modo di vivere, il solo che conosce. «Fai finta di dover parlare di tutto quello che è finito in un abisso, – le dice il suo maestro. – Della gioia e del pianto, della vita e della morte. Fai finta di dovermi raccontare qualcosa che non ha mai avuto parole per essere descritto. Rimane Bach. Tolto tutto rimane solo lui: la lisca del tempo». Ma il tempo che cos’è? Cecilia ha otto anni quando un incidente d’auto le lede per sempre il nervo della mano sinistra e si mette in testa d’imparare a suonare il violoncello. E ne ha diciannove quando tenta i primi concorsi. In mezzo, dieci anni di duro lavoro con Smotlak, un maestro diverso da tutti gli altri, carismatico, burbero, spregiudicato. Per arrivare a scoprire qual è il senso di ogni sfida e della sua stessa vita. Cecilia è ancora una bambina, quando a dispetto di tutto e di tutti – in particolare dei suoi genitori -, entra all’Istituto Mascagni di Livorno, un conservatorio, e di quelli seri. Scoprirà a poco a poco cosa significa segarsi i polpastrelli con le corde, imparare solfeggio e armonia, progredire o regredire, scoraggiarsi o meravigliarsi. Educare la sua mano, sfidarla. E trovare una forza inaspettata, un’energia che sembra sprigionare direttamente dalla fatica. Il suo insegnante, Smotlak, spirito spericolato e grande scommettitore, capace di perdere a un tavolo da gioco un Goffriller del 1703, punta su di lei come si può puntare su un cavallo, e mira a farla diventare come gli altri, «quelli senza cuciture». Intorno a loro, una schiera di personaggi che impareremo a conoscere pagina dopo pagina: Odila, compagna di corso e unica amica, la terribile prof. Maltinti, il «sovietico» Maestro Cini… Ma «le vere lezioni non sono quasi mai a lezione», e Cecilia non tarderà a capirlo, scoprendo che una scommessa ben piazzata può portarti lontano e che un vero maestro insegna veramente tutto: perfino a vivere.

Recensione

Cecilia ha 8 anni si trova già a scommettere sul suo futuro, un po’ bastian contraria, un po’ semplicemente “sopravvissuta” e coriacea, decide che la migliore terapia per il suo nervo radiale  tranciato a causa di un incidente d’auto con sua madre alla guida, sarà la musica: il violoncello del nonno scovato in un antro nascosto della casa della zia le permetterà di sfidare la forza di volontà e di credere in se stessa superando limiti e ponendosene sempre di nuovi, fino alla conferma della sua forza, fino a che il violoncello non diventerà il suo mestiere, l’arco che diventa freccia e centra l’obbiettivo.

Cecilia non si scoraggia davanti agli occhi compassionevoli di chi la accoglie in conservatorio, non segue i discorsi pungenti del padre che la preferirebbe letterata più che persa dietro a “inutili chimere” e riesce addirittura a portare la madre dalla sua parte, anche se poi ci sono parole che non riuscirà mai a pronunciare, trasformando silenzi pesanti in sentimenti assoluti attraverso le sinfonie di Brahms.

Una scrittura precisa e puntuale, un romanzo ben costruito, forse troppo “tecnico” per i non addetti al mestiere.

Lo svolgersi della storia, il cuore della trama, talvolta è travolto dalla passione ben evidente della scrittrice per lo strumento, la passione per la musica e i sacrifici di chi sceglie questo percorso risultano chiari e tangibili, viene l’affanno solo a leggere ciò che è in grado di “sopportare” Cecilia pur di riuscire a non sentirsi limitata. Cecilia ha un dono, dove non arriva con la mano , arriva con la forza, la musica la sente, la musica la salva.

Un romanzo che consiglierei soprattutto ai musicisti e a chi non crede nelle sue capacità, un inno a non arrendersi, a scommettere sulle proprie capacità al punto da diventare “la scommessa più grande” per il resto del mondo.

A cura di Viviana Trifari

https://www.instagram.com/librialvolo

Alice Cappagli


 è livornese e ha suonato il violoncello nell’orchestra del Teatro alla Scala per 37 anni. Ha pubblicato per Statale 11 un racconto a tema musicale dal titolo Una grande esecuzione (2010). Per Einaudi ha pubblicato Niente caffè per Spinoza (2019 e 2020) e Ricordati di Bach (2020).

 

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