Sangue di Giuda




Recensione di Sara Pisaneschi


Autore: Graziano Gala

Editore: Minimum Fax

Genere: Narrativa

Pagine: 171

Anno di pubblicazione: 2021

Sinossi. «L’altra sera s’hann arrubbato ‘o televisore». Comincia così questa storia, con una sparizione, proprio mentre Pippo Baudo riempiva lo schermo. Le stanze, di colpo, «si sono messe tutte a sudare», e all’improvviso è scoppiato il silenzio. A raccontarlo a un commissario, nella sua lingua sgrammaticata, un misto sporco tra pugliese e campano, è Giuda o Giudarie?, un vecchio che abita nel mezzo di un paese qualunque del meridione, Merulana. Oltre che con quel televisore, Giuda condivide la sua solitudine con Ammonio, un gatto dalla vescica ballerina, e con il fantasma del padre, che è ancora arrabbiato con lui e non perde occasione per terrorizzarlo. Era stato proprio questo padre, sempre manesco e sregolato, a cambiargli l’anagrafe, compromettendone l’esistenza e imprimendogli a sangue questa nuova e infamante identità da delatore. Ora, a cinquant’anni di distanza, il furto del Mivar restituisce Giuda alla stessa strada della sua infanzia e ai suoi traffici eterni, agli insulti e alle compassioni, alla sua umanità violenta, derelitta e disperata. Da qui inizierà la sua discesa nel regno delle anime notturne e soltanto alla fine di questo lungo viaggio, cantato con amara ironia nell’epica popolare del dialetto, il protagonista potrà finalmente recuperare, a un prezzo altissimo, un po’ della sua dignità usurpata e il nome di battesimo.


Recensione 

È da un po’ di giorni che penso a cosa scrivere. Non riesco a mettere in parole tutto quello che Giuda mi ha evocato. Sono così tante le emozioniche  non riesco a dare un filo logico. Allora inizio dalla primissima riga, da

L’altra sera s’hann arrubbato ‘o televisore.”

che non è solo l’inizio del libro, ma anche l’inizio di una serie di eventi che portano alla luce l’intera esistenza di questo personaggio straordinario, quasi magico, che mi ha rubato il cuore. Giudariello, Giudariè, Giuda Iscariota, Giuda. Tutti nomi per chi il suo vero nome non se lo ricorda neanche più, per chi lo ha ricevuto a botte e pesanti ingiurie, per chi ha passato un’intera vita a mandare giù bocconi amari senza perdere il suo grande, immenso cuore.

Giuda, ormai anziano, viene da sempre trattato dai suoi compaesani come lo scemo del villaggio, la persona da deridere e da insultare, il bersaglio ideale per scherzi e marachelle, il perfetto capro espiatorio per ogni cosa che accade in paese. Solitudine è la parola d’ordine, e lui ci si abitua vivendo la vita a testa bassa. Ha una figlia che lo evita e non gli permette di vedere il nipotino, un genero che lo minaccia ogni volta che si fa vedere, una moglie sparita da tanto senza lasciare traccia.

Solo tre cose a fargli compagnia: Ammonio, il gatto che fa pipì dappertutto (da qui il nome), il vecchio televisore Mivar che trasmette continuamente i programmi di Pippo Baudo, e un vicino straniero che gli presta di tanto in tanto la macchina da scrivere per le lettere alla moglie lontana. Angiolina,il suo irrinunciabile e immenso amore, mai spento, a cui scrive lettere per raccontare le sue giornate e per sentirla più vicino, nonostante la lunga e inspiegabile lontananza. Tutto era in uno strano equilibrio. Sparito il televisore arriva il silenzio.

Il silenzio è cosa malvagia, il silenzio risveglia tutte le paure di Giuda, prima tra tutte il ritorno del padre violento che è ancora arrabbiato con lui e vuole continuare a fargli del male. Giuda cerca di risolvere il problema come può, ma ecco che di nuovo tutto il mondo gli si rivolta contro. Giuda però resta Giuda, fedele a se stesso. Con i suoi slanci di generosità, con la sua grande ironia, la bontà e umanità. Giuda che ti fa ridere e poco dopo piangere a dirotto. Giuda che si esprime solo in dialetto perché è l’unico modo.

È così che capisce e si fa capire dal suo amico poeta straniero, dal suo gatto, dalla profumata sciop assistentdel negozio di elettrodomestici dove va a prendere il nuovo televisore, dallo sfortunato amico Turi Bunna, al secolo Priscilla, la cui storia mi ha letteralmente strappato il cuore. In un periodo in cui gli abbracci sono vietati, quelli che Giuda dona agli altri sono ancora più commoventi e veri. Gli abbracci, la speranza e le risate… altrimenti cosa ci resta?

Sorride, nun capisce. Sorrido pure io, che se la lingua è barriera almeno ‘e risate saranno universali.

Il dialetto, dicevo. È un romanzo interamente scritto in dialetto e la cosa sorprendente, una delle tante, è che non stanca affatto. Anzi. È il linguaggio del cuore e dell’urgenza, come ha detto lo stesso autore, quello che arriva subito, quello immediato, quello che non ti permette di pensarci troppo su e dire subito ciò che si pensa. È il linguaggio di Giuda, il sangue di Giuda, il nostro stesso sangue. Perché c’è un po’ di Giuda in tutti noi.

Un finale che non è un finale, ma IL finale.

E non è stata una lettura. È stato un dono.

 

 

Graziano Gala 


nasce a Tricase il 19 settembre 1990. Vive a Milano, dove insegna Lettere in un Liceo delle scienze umane. Nel 2012 vince il premio “Lo scrivo io”, indetto da “La Gazzetta del Mezzogiorno” nella sezione poesia. Il suo racconto “Variabili impazzite”, viene inserito nella collana “Chi semina racconti 2”, curato dall’associazione “Tha Piaza Don Chisciotte”. Nel 2013 vince il premio speciale della giuria nel “Premio internazionale di cultura” indetto dall’AEDE (Association Européenne desEnseignants). Due suoi racconti vengono selezionati nel bando “Bollenti spiriti”, indetto dalla Regione Puglia, dando origine al volume collettaneo “Parole battute”. Si qualifica terzo al “Premio Nazionale Bukowski” di Viareggio. Nel 2016 il suo racconto “Sabotare il silenzio”, viene pubblicato in un’antologia edita da “Testi&Testi” e vince il premio “Carlo Cultrera”. Nello stesso anno un suo racconto viene selezionato dall’associazione “Onalim” e letto durante la Piano City Milano 2016 e nella scuola di scrittura “Belleville”.

 

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