Sotto il falò




Recensione di Marina Morassut


 Autore: Nickolas Butler

Traduzione: Claudia Durastanti

Editore: Marsilio

Genere: Narrativa

Pagine: 240

Anno di pubblicazione: 2018

Recensione. Il galà della motosega. Acqua piovana. Sven e Lily. Spugnole. Avanzi. Sotto il falò. Petrolio dolce. Nelle contee occidentali. La gente dei treni va piano. Mele.

Sono questi i titoli dei racconti di Nickolas Butler che si avvicendano e che, pur non essendo un thriller o un noir, tengono il lettore inchiodato alla pagina. La fine del racconto arriva fin troppo celermente, ma ci dà modo di riflettere sul messaggio che lo scrittore statunitense vuole veicolare. La curiosità e l’interesse che questi racconti suscitano, uno via l’altro, non concede tregua e ci trasporta fino alla fine di questo piccolo gioiello. Anche perché in ciascuno di questi racconti c’è un escamotage che porta ansia e un finale che alle volte lascia la strada aperta a nostre personali considerazioni.

Una serie di racconti che permette all’autore, un ragazzone americano nato e vissuto in un paesino del Wisconsin – con l’aria del barbuto gigante buono – di parlarci della provincia americana.

Una provincia povera e alle volte destinata a perdersi in se stessa, ma sempre lontana dal clangore e dalla luminosità dei grossi agglomerati urbani e che forse proprio per questo appare così vera e interessante, così lontana dalle nostre radici ma al contempo vagheggiata.

Il bello di una serie di racconti è che si può fare una cernita di ciò che è piaciuto di più e di ciò che non ci ha convinto appieno, ma nei racconti di Butler veramente si fa molta fatica a stilare una classifica.

Dicevamo la provincia americana, così come ultimamente ci viene raccontata da diversi grandi autori americani. Un argomento che ha molti estimatori e che sta diventando quasi una tradizione. E Butler ha la capacità di rendere i suoi racconti una narrazione intima, come se fossimo accanto a un fuoco, in mezzo alla vastità della campagna e lui ce le stesse raccontando queste storie, come se fossero qualcosa di intrinseco alla sua vita, anche se in realtà, in un’intervista, l’autore chiarisce che sono parte sì del suo vissuto e delle sue esperienze, ma anche di conversazioni con amici o sconosciuti incontrati durante i suoi spostamenti per presentare i suoi libri in giro per l’America prima e in Europa poi.

L’impressione generale che se ne ricava, forse proprio per il tipo di personaggi e vicende scelte, è di essere in un’epoca imprecisata tra gli anni sessanta del secolo scorso e un passato più recente.

La paura della paternità, la promiscuità e al contempo l’amore libero e sincero del primo racconto, così come la strana rinnovata paternità e il desiderio di una vita diversa ma al contempo desolatamente sconclusionata nel racconto Acqua piovana.

O le differenze fisiche eppure allo stesso tempo l’incastro perfetto in Sven e Lily, con la stupenda descrizione di cosa è un bar per gli uomini e di cosa può essere la fratellanza fra gli uomini, argomento questo molto pregnante nel racconto Spugnole, con una fugace incursione nel mondo degli Amish.

Alcuni dei racconti sono di un’umanità così struggente e al contempo di una desolazione così dolorosa che richiedono al lettore una buona dose di coraggio perché portano inesorabilmente a un’analisi introspettiva per gli argomenti trattati.

La cosa che mi ha colpita di più in questi racconti è la presenza maschia (e non poteva che essere così, in questa provincia rurale americana) e soprattutto la fragilità umana fotografata in molteplici e rapidi flash e incastonata fra spazi immensi, laghi ghiacciati, vaste praterie e panorami così sconfinati che a rifletterci il cuore quasi si spaura.

Petrolio dolce è un racconto a sfondo ambientalista ma di una brutalità così feroce e così giustificabile che pone parecchi interrogativi sulla deontologia della lotta per la giustizia.

Avanzi è però, forse, il racconto che personalmente mi ha toccata di più: avanzi di cibo che noi occidentali sprechiamo così inutilmente e pigramente, in simbiosi con gli avanzi dei sentimenti che vengono buttati con disprezzo, facendoci chiedere: “come si crea una distanza così profonda tra due persone che vivono insieme in maniera tanto intima?

Dove vanno a finire la magia, l’amore, l’amicizia, la correttezza, la collaborazione”?

Non ci sono urla, non resta più niente, se non il fastidio della presenza amata. E il silenzio sconfinato.

Nickolas Butler sembra impersonare il classico americano amichevole e fiducioso, dispensatore finanche di ottimi consigli. Durante un’intervista gli è stata chiesta un’opinione sulla problematica del numero di lettori in crescente diminuzione. L’autore svela che per diventare un buono scrittore, a suo parere, è necessario leggere molti libri di generi diversi, per confrontarsi con altri scrittori e soprattutto generi che non ci sono familiari.

Esplorare le proprie capacità e tendere sempre al meglio, per riuscire a scrivere qualcosa di veramente buono. Sicuramente lui, essendo cresciuto in una famiglia di lettori, non ha avuto difficoltà a continuare questa tradizione.

Ed ecco quindi il segreto, che tanto segreto non è, ma che comporta una battaglia attiva per ciò in cui si crede: accompagnare i propri figli nell’ascolto della lettura ad alta voce quando sono piccoli, per lasciar loro leggere ciò che vogliono affinché diventino dei giovani lettori che si trasformeranno in fieri e adulti lettori.

E questo è il percorso giusto per incentivare quest’antica e nobile disciplina del piacere.

Nickolas Butler


Nickolas Butler è nato ad Allentown, in Pennsylvania, ed è cresciuto a Eau Claire, nel Wisconsin, dove vive con la moglie e i due figli. Ha frequentato il prestigioso Iowa Writers’ Workshop e pubblicato racconti su diverse riviste. Per Marsilio è uscito nel 2014 il suo romanzo d’esordio, Shotgun Lovesongs, che ha conquistato pubblico e critica a livello internazionale e ottenuto l’ambito Prix Page America e il Midwest Independent Booksellers Award. Il cuore degli uomini è stato finalista in Francia al Prix Médicis.