Recensione di Valentina Cavo
Autore: Simona Vinci
Editore: Einaudi
Genere: Epistolare
Pagine: 129
Anno di pubblicazione: 2018
Sinossi. Due esseri umani si incontrano, si desiderano, provano a mettere insieme le loro vite contro ogni logica e convenienza. E come molti falliscono. È la voce di lei – scarnificata, precisa, sincera – a raccontare una storia d’amore che è anche la storia delle nostre paure, delle nostre aspettative, della manipolazione che cova in ogni rapporto, dell’impossibilità di conoscersi davvero fino in fondo, e del bisogno ostinato di crederci, nonostante tutto. Una donna si guarda allo specchio, nuda in una stanza d’albergo, al centro esatto della città di Roma, a pochi passi dal Pantheon. Come la Shahrazad delle Mille e una notte,inizia a raccontare una storia, rivolgendosi a un uomo. Racconta la storia di un amore, il loro, ma potrebbe essere benissimo un altro. La storia viene ripercorsa in tutti i suoi momenti, nella nascita della passione, nella voglia di lei di abdicare a se stessa donandosi a lui, nella scoperta della violenza e del rifiuto. Dalla vincitrice del Premio Campiello 2016, un’educazione sentimentale per l’età che aveva rinunciato ai sentimenti.
Recensione
Un libro breve ma intenso come la storia che racconta.
Un libro che parla di amore, che sonda una relazione tra due persone in tutti suoi aspetti, dall’inizio alla conclusione. È proprio la fine di questa relazione che spinge una donna a scrivere una lunga lettera al suo Lui analizzando il loro rapporto, il loro amore: tutto questo, eccetto rarissimi momenti, è triste, frustrante e rabbioso.
Stanza 411 narra una storia che fa riflettere, ricca di analogie dirette tra i luoghi degli incontri e la situazione amorosa che i due vivono in quel preciso momento nel racconto, descrivendo un’evoluzione che lascia poche vie di scampo alla partecipazione di chi legge.
Simona Vinci ci spiega i sentimenti, entrando nel merito di come i rapporti tra le persone siano complicati: qua basta un noi detto al momento sbagliato per far nascere una crisi interiore alla nostra protagonista.
Bisogna trovare dei punti di incontro, a volte a scapito di uno dei due amanti, perché la storia possa funzionare e andare avanti: se non si arriva a questo, anche se si ama profondamente l’altro, la storia è destinata ineluttabilmente a fallire.
La narrazione non ha un filo logico preciso, non si va da un inizio a una fine, ma il lettore è portato a seguire i pensieri della protagonista, unica voce narrante.
I personaggi sono due esseri umani come tanti, con le loro paure, le loro ossessioni e i loro sogni, e per questa ragione, leggendone le vicende, ci si ritrova a rimuginare, a ragionare, a pensarci sopra: perché la scrittrice mette fatti veri (forse biografici, sicuramente verosimili) nelle cose che scrive ed è proprio per questo che non fatichiamo a credere che potrebbero far parte di qualunque rapporto tra due individui.
Simona Vinci
Simona Vinci è nata a Milano nel 1970 e vive a Bologna. Il suo primo romanzo, Dei bambini non si sa niente (Einaudi Stile Libero 1997), ha riscosso un grande successo: caso letterario dell’anno, è stato tradotto in numerosi Paesi, tra i quali gli Stati Uniti. Sempre per Einaudi Stile Libero sono usciti In tutti i sensi come l’amore (1999), Come prima delle madri (2003), Brother and Sister (2004), Stanza 411 (2006), Strada Provinciale Tre (2007), La prima verità (Premio Campiello 2016) e Parla, mia paura (2017).
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