T. Singer




Recensione di Annalisa Tomadini


Autore: Dag Solstad

Traduzione: Maria Valeria D’Avino

Editore: Iperborea

Genere: Narrativa

Pagine: 256

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. T. Singer è il romanzo più esplicitamente esistenziale di Dag Solstad. Una storia su un’irriducibile solitudine nello stile classico, straziante ma cupamente comico del grande autore norvegese. «Un bel giorno si trovò faccia a faccia con una visione memorabile»: è la frase che Singer, eterno studente a Oslo e aspirante scrittore, continua a meditare, correggere e limare dentro di sé, senza mai riuscire ad andare oltre. Indefinito in tutto, rimuginatore cronico, passivo seguace del caso e della routine, Singer dilapida la sua giovinezza per poi decidere, raggiunti i 31 anni, che è ora di trovarsi un posto fisso, e diventare bibliotecario in un paesino sperduto tra le montagne del Telemark. Qui si costruisce una perfetta vita piccolo-borghese, con tanto di famiglia mononucleare insieme alla moglie Merete e alla figlioletta acquisita Isabella, in una minuziosa recita quotidiana che lo vede disponibile con i clienti, spiritoso con i colleghi, amichevole con i conoscenti, ma sempre e solo quanto basta per non doversi mai esporre veramente, mimetizzato nella commedia sociale per coronare il suo sogno di un’esistenza «in incognito». Finché un drammatico colpo di scena lo inchioda alla responsabilità di crescere da solo la piccola Isabella. Romanzo che Solstad considera il «compimento della sua opera letteraria», T. Singer è la storia-studio di un personaggio estremo che si autodefinisce un «enigma», un racconto filosofico eppure di una concretezza implacabile, ossessivo e provocatore, attraversato da uno humour spiazzante. È un’indagine radicale sull’individuo, che scava fino al nocciolo della solitudine e dell’incertezza esistenziale, interrogandosi fra le righe sulla presunzione della società contemporanea di fornire risposte utili alla nostra inquietudine.

Recensione

T. Singer è uno di quei personaggi impossibili da amare – difficile apprezzarne anche un solo aspetto – ma di cui non ti libererai facilmente.

Il leit motiv della sua esistenza è solo uno: passare inosservato. Si impegna con tutto se stesso non tanto a non vivere, quanto a lasciarsi trascinare dall’esistenza senza opporre resistenza, salvo episodiche decisioni tanto clamorose quanto inspiegabili, persino a lui stesso.

Dopo aver passato la giovinezza a tentare di scrivere il suo romanzo – restando inchiodato per anni sulla stessa frase iniziale e alla ricerca, vana, di una “visione memorabile” – senza terminare l’università, ecco una prima decisione: diventare bibliotecario. Singer non sceglie la sua città, Oslo, come sede di lavoro, ma decide di trasferirsi a Notodden, nello sperduto Telemark, città nata attorno alla fabbrica Norsk Hydro.

Al lavoro è una persona piacevole, spiritosa persino, molto cercata dai colleghi e dalle persone che frequentano la biblioteca. È qui che conosce Merete, madre single di una bambina di due anni, e “si innamora”. Dopo pochi anni, ci informa Singer, tra lui e Merete l’amore è finito, ma prima che possano scegliere di separarsi, lei muore improvvisamente. Ecco la seconda decisione di Singer: malgrado nessuno se lo aspetti da lui, ma soprattutto nonostante la sua ammissione di non essere particolarmente legato alla bambina, decide di tenerla con sé.

Di più, dopo pochi anni la allontana dai nonni e dal resto della famiglia, trasferendosi a Oslo. Non ci sono spiegazioni, Singer dice di saperle ma di essere incapace di dirle.

Questa è l’esistenza di Singer, che lui stesso ci narra come un semplice susseguirsi di fatti senza importanza, giornate tutte uguali, assenza totale di emozioni, ma in cui il protagonista tenta di interpretare un ruolo (bibliotecario competente e disponibile, padre adottivo presente, amico fedele) e lo fa con ostinazione, sì, ma senza convinzione.

“In linea di massima vagava solo sulla faccia della terra, a parte quelle due eccezioni: Isabella, che era la sua responsabilità, e Ingemann, che era il suo amico inevitabile. Ma non gli importava di niente. I giorni passavano, uno dopo l’altro, e sparivano senza che lui li rimpiangesse, anche se ogni tanto si fermava sorpreso e pensava: dove sono finiti?”

Un romanzo sul non esistere, scritto in modo magistrale, capace di mettere in moto inquietudini celate nel profondo.

 

 

Dag Solstad


Dag Solstad, nato a Sandefjord, in Norvegia nel 1941, è considerato uno dei maggiori scrittori norvegesi contemporanei, l’unico ad aver ricevuto il Premio della Critica per ben tre volte, oltre al Premio del Consiglio Nordico. Autore di una trentina di opere, tra teatro, romanzi e racconti, è sempre al centro di accesi dibattiti in patria per il suo radicalismo anticonformista. Iperborea ha già pubblicato Tentativo di descrivere l’impenetrabile, Timidezza e dignità e La notte del professor Andersen e Romanzo 11, libro 18

 

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