Terrarossa




Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Gabriella Genisi

Editore: Sonzogno

Collana: Romanzi

Anno edizione: 2022

Pagine: 208 p., Brossura

Sinossi. Sullo sfondo di una città stravolta e quasi irriconoscibile, eppure pervasa come ogni estate dal profumo della salsa di pomodoro, la tenace commissaria barese torna con un nuovo caso da risolvere – intricato come la sua relazione con Caruso -, lottando ancora una volta per far trionfare la giustizia.

Bari, primi giorni di agosto. Mentre Lolita Lobosco cerca di godersi le ferie, nella rimessa dell’azienda agricola Terrarossa viene ritrovato il cadavere di Suni Digioia, giovane imprenditrice, attivista per i diritti dei braccianti ed ecologista convinta. Sul portone d’ingresso, scritta a lettere scarlatte, campeggia la frase: «Entrate, mi sono impiccata.» Ma la pista del suicidio, da subito la più battuta, non convince affatto la commissaria Lobosco, che torna in servizio decisa a vederci chiaro. Quando l’autopsia conferma che la ragazza è stata strangolata, la sua vita privata viene rivoltata come un calzino: era troppo bella, libera e indipendente per non suscitare invidie e maldicenze. Lolita, però, non si accontenta dei pettegolezzi e non esita a immergersi nelle acque torbide del caporalato per cercare di far affiorare la verità.

Recensione    

Ciò che precede il mese di agosto, periodo in cui Genisi ambienta questo nuovo episodio di Lolita Lobosco, è l’evento della storia recente che più ha impattato sulle nostre abitudini e sulle nostre coscienze, rivoltandoci come dei calzini e restituendoci irrimediabilmente diversi, cambiati: la prima epidemia di Covid, nell’inverno del 2020.

Allo stesso modo, e forse anche in parte per l’aver vissuto questo antefatto, l’indagine condotta e svelata in Terrarossa, è di quelle che non lasciano uguali, di quelle nelle quali si entra in un dato modo, con determinate aspettative, senza immaginare che a fine corsa, resteranno ancora dei conti da fare, con se stessi e con le proprie prospettive nella vita.

Se spesso, e in verità, si dice che la circonferenza delle arance sia una misura perfetta, allo stesso modo si può ben dire lo sia  la misura della scrittura di Genisi, qui al nono volume della serie Lobosco. Perfetta nella misura in cui si muove sicura e sensibile attraverso i vari registri comunicativi che adottiamo in ciascuna delle nostre giornate, l’ironia, l’irritazione, la preoccupazione, la risata, senza travalicare o caricare un aspetto su un altro. Ancora di più, riuscendo nella difficile impresa di maneggiare un plot di fiction narrativa fortemente impresso di realtà, e di una realtà che troppe, troppe volte ha sconfinato e sconfina nella tragedia civile e umana, senza insistere, senza forzare l’elemento già in sé così drammatico.

Una lacrima asciugata velocemente o ingoiata, può dire davveropiù di un pianto torrenziale, se si ha l’empatia, la passione e il talento di saperla raccontare. E Genisi possiede tutto questo.

La vicenda che ci avvince in queste pagine, muove attorno alla morte di Assunta, Suni, Digioia, imprenditrice proprietaria dell’Azienda agricola Terrarossa. Muovendo dalla vox populi, che ne racconta le vicende sentimentali, come spesso accade, tra chiacchiera e verità distorte, Genisi guida Lobosco ad approfondirne la figura, definendo una protagonista  di tale forza etica e bellezza intrinseca che davvero entra  e tocca sottopelle.

La commissaria annuì in silenzio. Aveva ascoltato tutto con grande attenzione e di una cosa era ormai certissima: una così non si toglieva la vita né per amore né per i debiti. Una così se ne fotteva di se stessa e delle problematiche sentimentali, perché il centro del suo mondo era rappresentato dagli altri. Una così non la uccideva uno come (…), la uccideva il sistema per proteggere i suoi equilibri criminali.

E non sarebbe Lolita, che lo è altrettanto, bella vera, forgiata nella benedizione di possedere le  medesime caratteristiche, se si fermasse davanti a muri eretti in fretta e furia, depistaggi e bugie avallate da un sistema che si chiama Caporalato e che punta a presentarsi lindo in toto, laddove, sempre una volta di troppo, è,invece, putrefazione.

Non si ferma, dunque, la commissaria, pur stanca, pur fiaccata da una situazione sentimentale ambigua e al fondo insoddisfacente, come lo sanno essere certe storie d’amore che spaventano per la forza in potenza che le caratterizza.

Non si ferma e arriva alla verità, anche se questa volta è una verità sguisciante, che si lascia guardare se si ha la forza di reggerne lo sguardo, che prova ad abbagliare, non riuscendoci, però, in definitiva.

Perché ci sono colori che brillano decisamente, decisamente molto di più.

In lontananza, tra le macchie accecanti di gialli, di rossi e di verdi dei campi coltivati a grano, uva e pomodoro, si distinsero i colori dei muralesche ricoprivano l’ex fabbrica. In uno di questi, tre figure avanzavano tenendosi per mano in una rivisitazione del Quarto stato, il celebre quadro di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Un uomo, una donna, una ragazzo e la folla a seguire. Un cielo azzurrissimo e costellato di colombe. L’arcobaleno della pace e dei diritti civili.

 

 

Gabriella Genisi


è nata e abita a pochi chilometri da Bari. Ha scritto numerosi libri e ha inventato il personaggio di Lolita Lobosco, protagonista dei romanzi pubblicati da Sonzogno che hanno ispirato la fortunata serie tv trasmessa su Rai 1: La circonferenza delle arance (2010), Giallo ciliegia (2011), Uva noir (2012), Gioco pericoloso (2014), Spaghetti all’Assassina (2015), Mare nero (2016), Dopo tanta nebbia (2017) e I quattro cantoni (2020). Per Rizzoli sono usciti Pizzica amara (2019) e La regola di Santa Croce (2021).

 

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