The Irishman




Recensione di Salvatore Argiolas


Autore: Charles Brandt

Traduzione: Giuliano Bottali e Simonetta Levantini

Editore: Fazi Editore

Genere: Biografia, saggio

Pagine: 470

Anno di pubblicazione: 2019

Sinossi. La scomparsa di Jimmy Hoffa, leggendario leader sindacale, definito «l’uomo più potente degli Stati Uniti dopo il presidente» dal suo oppositore Robert Kennedy, è uno dei più grandi misteri della storia americana e ha ossessionato l’opinione pubblica del paese per decenni. Arrivato talmente in alto da intrattenere rapporti con la mafia e con le più importanti cariche dello Stato, Hoffa era un personaggio scomodo a molti uomini, politici e criminali. Fu visto l’ultima volta il 30 luglio 1975 e il suo corpo non fu mai ritrovato. Frank Sheeran, detto l’Irlandese – uno degli unici due non italiani nella lista dei ventisei personaggi di maggior spicco della criminalità organizzata americana stilata da Rudy Giuliani –, prima di morire chiede di confessare tutti i suoi crimini. Nel corso di svariati anni di interviste rilasciate a Charles Brandt, noto procuratore che ha condotto innumerevoli inchieste sulla malavita americana, l’Irlandese rivela il suo coinvolgimento in più di venticinque omicidi, tra cui quello di Jimmy Hoffa. Racconta anche la storia della sua vita: figlio della Grande Depressione, fu soldato in Italia durante la seconda guerra mondiale e, una volta tornato in patria, divenne uno dei più fidati sicari della Cupola di Cosa Nostra. Basandosi sulle sue parole, la penna di Brandt dà vita a un racconto epico, che si conclude con delle scottanti rivelazioni inedite sul coinvolgimento della mafia nell’assassinio dei Kennedy. Narrazione di grande potenza, The Irishman è un viaggio monumentale attraverso i corridoi nascosti del crimine organizzato, le sue dinamiche interne, le rivalità e le connessioni con le alte sfere della politica: un grande classico della letteratura americana sulla mafia.

Recensione

L’ottimo film di Martin Scorsese “The Irishman” ha riportato al centro dell’attenzione il libro omonimo che l’ha ispirato.

Scritto dall’ex viceprocuratore distrettuale ed avvocato Charles Brandt il saggio presenta alla perfezione l’ambientazione criminale preferita da Scorsese e racconta l’educazione criminale e la vita “impegnativa” di Frank “The Irishman” Sheeran, tipico scherano mafioso anche se eccezionalmente non di origine italiana ma irlandese.

“The Irishman” non è un romanzo ma una lunga intervista poi modellata da Brandt come una biografia, sollecitata da Sheeran per “sbiancarsi” la reputazione ma poi diventata la confessione di una lunga catena di crimini.

Nato nel 1920 nei pressi di Philadelphia Sheran si dimostrò da subito un personaggio instabile e rissoso e in breve tempo strinse amicizia con il boss Rosario “Russell” Bufalino e con Jimmy Hoffa, il capo dell’International Brotherhood of Teamster, influentissimo sindacato dei camionisti americani,  di cui divenne amico intimo e braccio destro.

Tutto il “cursus honorum” di Sheeran compresi i lavoretti mortali o come li chiama lui “imbiancamenti”, (termine che ha dato il titolo al libro inglese  “I Heard You Paint Houses” “Ho sentito che imbianchi case”) è raccontato nei dettagli compreso un caso che fece scalpore, la misteriosa scomparsa di Jimmy Hoffa nel 1975 che è uno dei più scandagliati casi criminali americani e di cui “The Irishman” offre un’incredibile soluzione.

Frank Sheeran infatti confessa nel libro di essere il responsabile dell’omicidio del capo dei Teamster e di tanti altri omicidi compreso quello del capomafia “Crazy Joe” Gallo.

Sheeran dichiara di aver ucciso Hoffa perché intendeva ricandidarsi alla presidenza del sindacato da cui era stato estromesso dopo la condanna per corruzione mentre i capi di Cosa Nostra intendevano gestire in prima persona il sindacato e i soprattutto i soldi del fondo pensione .

L’irlandese racconta un periodo torbido della storia americana dal suo punto di vista di mafioso e svela retroscena clamorosi sulla tentata invasione di Cuba, naufragata alla Baia dei Porci, che sarebbe stata organizzata dalla criminalità organizzata e dalla CIA  e sull’omicidio di John Fitzgerald Kennedy che sarebbe stato deciso dalla Cupola mafiosa per vendicarsi di Robert Kennedy, indefesso nemico della Commissione.

Lo stesso Robert Kennedy definì Jimmy Hoffa come “L’uomo più potente degli Stati Uniti dopo il Presidente” e Hoffa era davvero potentissimo, l’unico personaggio che poteva permettersi di sfidare le istituzioni potendo sempre minacciare un blocco dei trasporti che sarebbe stato catastrofico.

Quando non bastavano le minacce le controversie venivano risolte utilizzando i “mobster” forniti dai gangster mafiosi.

Questo scellerato ambiente viene descritto da Sheeran nei dettagli più efferati e significativi ma qualcosa non torna.

Dan Moldea, lo storico più autorevole su Hoffa e sulle indagini sulla sua scomparsa e autore del saggio “The Hoffa Wars- The Rise and Fall of Jimmy Hoffa” smentisce molte delle rivelazioni dell’Irlandese basandosi anche sul fatto che nel supposto luogo del delitto non si siano trovate tracce del sangue di Hoffa e anche tenendo conto che Sheeran non dice esplicitamente di aver ucciso il sindacalista ma come scrive Brandt “Jimmy Hoffa fu colpito due volte dietro la testa, sopra l’orecchio destro, dalla distanza giusta, altrimenti la “pittura” ti schizza addosso. Il mio amico non ha sofferto”.

Non c’è solo questa omissione che rende dubbia la testimonianza ma sono presenti tante altre imprecisioni e attribuzioni di fatti delittuosi ormai risolti e inoltre è indicativo il fatto che nonostante ci siano stati tantissimi pentiti ed infiltrati nessuno ha mai denunciato Sheeran come il responsabile della sparizione di Jimmy Hoffa.

Diversi critici credono che “l’Irlandese”, che nel libro dichiara ripetutamente di non essere un traditore e che non avrebbe mai rivelato nulla sugli affari di Cosa Nostra, abbia voluto con questo libro stipulare una polizza sulla vita essendo malato, destinando i soldi ricavati dalla vendita del libro ai parenti e allo stesso tempo coprire con le sue rivelazioni i veri responsabili come anche nel caso dell’omicidio di Crazy Joe che i testimoni attribuiscono ad una persona di altezza normale e dall’aspetto mediterraneo mentre The Irishman era alto quasi due metri ed era biondo con fattezze anglosassoni.

Quale che sia la verità, anche se non è una testimonianza attendibile, il libro rivela un mondo criminale con ricchezza di dettagli e si legge come un romanzo e forse lo è proprio.

Charles Brandt


È nato a New York. Già insegnante d’inglese, dal 1976 lavora come avvocato e investigatore privato. Considerato tra i più brillanti legali d’America, è stato procuratore generale dello Stato del Delaware. È spesso richiesto il suo intervento per interrogare criminali particolarmente reticenti, ed è autore di diversi libri nati dalla sua esperienza professionale.

 

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