Tre gocce d’acqua




Recensione di Loredana Cescutti


Autore: Valentina D’Urbano

Editore: Mondadori

Genere: Narrativa

Pagine: 372 p., R

Anno di pubblicazione: 2021

 

 

 

 

 

Sinossi. Celeste e Nadir non sono fratelli, non sono nemmeno parenti, non hanno una goccia di sangue in comune, eppure sono i due punti estremi di un’equazione che li lega indissolubilmente. A tenerli uniti è Pietro, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Pietro, più grande di loro di quasi dieci anni, si divide tra le due famiglie ed entrambi i fratellini stravedono per lui. Celeste è con lui quando cade per la prima volta e, con un innocuo saltello dallo scivolo, si frattura un piede. Pochi mesi dopo è la volta di due dita, e poi di un polso. A otto anni scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro: un piccolo urto, uno spigolo, persino un abbraccio troppo stretto sono sufficienti a spezzarla. Ma a sconvolgere la sua infanzia sta per arrivare una seconda calamità: l’incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei è stato solo un nome, uno sconosciuto. Nadir è brutto, ruvido, indomabile, ha durezze che sembrano fatte apposta per ferirla. Tra i due bambini si scatena una gelosia feroce, una gara selvaggia per conquistare l’amore del fratello, che preso com’è dai suoi studi e dalla politica riserva loro un affetto distratto. Celeste capisce subito che Nadir è una minaccia, ma non può immaginare che quell’ostilità, crescendo, si trasformerà in una strana forma di attrazione e dipendenza reciproca, un legame vischioso e inconfessabile che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi. E quando Pietro, il loro primo amore, l’asse attorno a cui le loro vite continuano a ruotare, parte per uno dei suoi viaggi in Siria e scompare, la precaria architettura del loro rapporto rischia di crollare una volta per tutte.

Non mi guarda nessuno.

nessuno mi ha mai guardato, la mia fragilità è sempre stata interna e nascosta, il mio punto debole non era lo scheletro. Era lui, erano loro.”

 

Recensione

Io e la narrativa ci siamo perse di vista moltissimi anni fa per poi, complice l’ultimo anno e mezzo che definire strano è poco, ci siamo rincontrate, annusate, guardate con diffidenza da principio, provocate, fino a quando le mie resistenze hanno iniziato a cedere e piano piano, in punta di piediho cominciato a lasciarmi avvicinare da alcune letture.

E sì, sono stati i libri a sgomitare fra di loro per attirare la mia attenzione e non il contrario, sono stati loro a proporsi, ad incuriosirmi, insomma, a chiamarmi per farsi leggere.

“La maggior parte delle persone vive la propria vita facendosi attraversare.

Con “Tre gocce d’acqua” è accaduto proprio così nel fine settimana lungo dei Santi, complice il tempo uggioso, la non voglia di uscire, una sorta di pigrizia avvolgente e io lì, con un noir in mano ma, allo stesso tempo con la percezione che mi mancasse qualcosa, o meglio, la sensazione che qualcuno mi chiamasse.

Insomma, due giorni per leggerlo, e ancora ora, a distanza di una settimana una nostalgia infinita per le emozioni vissute.

Celeste, Pietro, Nadir.

Le tre gocce di questa storia.

Le tre anime che con attenzioni diverse si cercheranno, si feriranno, si perderanno e si ritroverannocontinuamente, o almeno fino a che la vita glielo concederà.

Devo dire che D’Urbano mi ha incantata e stregata con la sua gentile durezza, con le sue parole che ti attraversano da parte a parte senza limiti, senza una pausa che ti permetta di rifiatare.

Tre gocce d’acqua” è un romanzo che racconta la vita, il dolore, le fragilità più impensabili e che ti toglie ogni difesa, mettendo a nudo ogni emozione nascosta, facendo emergere ed esplodere la rabbia più stravolgente e inconfessabile, fino a condurti dove la penna dell’autrice aveva deciso di farti arrivare.

“In questa vita niente ci appartiene davvero, e arriva il momento in cui ognuno di noi deve restituire qualcosa al mondo.”

Un senso di abbandono ti avvolge quando giungi alla fine per l’umana difficoltà insita in noi quando si tratta di lasciar andare, ma allo stesso modo un piccolo sorriso in questo mare di sofferenza a volte non voluta, a volte addirittura quasi cercata, ti riscalda il cuore e ti fa sperare in un futuro più luminoso.

Da adesso in poi, per tutta la vita, ci sarà un prima e un dopo, quello che siamo stati e quello che saremo.”

Un libro di cui è difficile parlare, perché non vuole che si parli di lui e piuttosto, preferirebbe che lo lasciassimo entrare nelle nostre vite, dapprima in punta di piedi per poi, fargli prendere il controllo assoluto su di noi e le nostre emozioni.

Qui dentro troverete il tema della malattia trattato in modo diretto e consapevole ma anche, quello dei sentimenti e dei rapporti complicati affrontato con brutale sincerità.

Prima io e te.

È sempre stato così. Siamo la prima cosa. Questo nostro incessante perderci e ritrovarci.”

Un rapporto estenuante, un legame a tre incomprensibile, a meno di non esserci dentro per viverlo in modo totalizzante assieme a loro, ma anche un affetto insostituibile nella sua prepotenza, nella sua forza, nella sua fin asfissiante ed egoistica bramosia di cercare una collocazione, nel tentativo di non far male all’altro che sarà praticamente impossibile e una perenne rinuncia dolorosa e devastante, che si trasforma di volta in volta, in qualcosa di sempre più vischioso e lacerante.

Celeste, Pietro, Nadir.

Un legame violento, con orbite equidistanti ma anche respingenti.

Tre gocce che si attirano e allo stesso modo si allontanano senza mai realmente riuscire a separarsi, proprio come il mercurio, nel tentativo di non farsi del male, o almeno non troppo.

Tre lacrime che per riuscire a ritrovarsi saranno costrette alla prova più grande.

Faccio i miei complimenti a Valentina D’Urbano per questa storia e posso garantirle da subito, che ci vorrà un bel po’ prima che io riesca a scrollarmela di dosso. Che poi, a pensarci bene, non sono nemmeno sicura di averne la voglia, tanta è stata la potenza narrativa che ho percepito fra queste pagine.

Siamo tutti a casa, adesso. Da qualche parte, in questa lunga stringa di tempo che è la nostra storia, siamo ancora in tre.”

In bocca al lupo Riccio di mare!

 

 

 

Valentina D’Urbano


è una scrittrice e illustratrice per l’infanzia. Si è diplomata allo IED in illustrazione e animazione multimediale. Vive e lavora a Roma. Nel 2010 vince la prima edizione del torneo letterario IoScrittore organizzato dal Gruppo editoriale Mauri Spagnol. Longanesi ha pubblicato i suoi romanzi: Il rumore dei tuoi passi (2012); Acquanera (2013); Quella vita che ci manca (2014) con cui vince il premio Rapallo Carige nel 2015, “Alfredo” (2015); Non aspettare la notte (2016)“Tre gocce d’acqua” esce con Mondadori (2021).

 

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