Un albero





Recensione di Fiorella Carta


Autrice: Betty Smith

Traduttrice: Antonella Pietribiasi

Genere: Narrativa

Pagine: 561

Editore: Neri Pozza

Anno: 2011

Sinossi.  È l’estate del 1912 a Brooklyn. I raggi obliqui del sole illuminano il cortile della casa dove abita Francie Nolan, riscaldano la vecchia palizzata consunta e le chiome dell’albero che, come grandi ombrelli verdi, riparano la dimora dei Nolan. Alcuni a Brooklyn lo chiamano l’Albero del Paradiso perché è l’unica pianta che germogli sul cemento e cresca rigoglioso nei quartieri popolari. Quando nuovi stranieri poveri arrivano a Brooklyn e, in un cortile di vecchie e tranquille case di pietra rossa, i materassi di piume fanno la loro comparsa sui davanzali delle finestre, si può essere certi che lì, dal cemento, sbucherà prima o poi un Albero del Paradiso. Francie, seduta sulla scala antincendio, lo guarda contenta, poiché oggi è sabato, ed è un bel giorno a Brooklyn. Il sabato gli uomini ricevono la paga e possono andare a bere e azzuffarsi in santa pace. Il sabato lei, bambina irlandese di undici anni, come tutti i bambini del suo quartiere, fa un salto dallo straccivendolo. Insieme a suo fratello Neeley, Francie raccoglie pezzi di stagnola che si trovano nei pacchetti di sigarette e nelle gomme da masticare, stracci, carta, pezzi di metallo e li vende in cambio di qualche cent. Coi suoi coetanei con i calzoni lunghi e i berretti con la visiera, le mani in tasca, le spalle curve, i capelli così corti da lasciare scoperto il cuoio capelluto, Francie se ne andrà tra un po’ a zonzo per Brooklyn. Attraverserà prima Manhattan Avenue, e poi Johnson Avenue, dove si sono stabiliti gli italiani, e infine il quartiere ebraico fino a Broadway, dove guarderà eccitata i piccoli carretti che riempiono la strada, gli uomini barbuti con gli zucchetti di alpaca, i vestiti orientali dai colori vivaci posti ad asciugare sulle scale antincendio e i bambini seminudi che giocano in mezzo ai rigagnoli. Poi tornerà a casa, dove forse troverà sua madre, rientrata dal lavoro. Lungo il tragitto forse qualcuno le ricorderà che è un peccato che una donna così graziosa come sua madre, ventinove anni, capelli neri e occhi scuri, debba lavare i pavimenti per mantenere lei e gli altri piccoli Nolan. Qualcun altro magari le parlerà di Johnny, suo padre, il ragazzo più bello e più attaccato alla bottiglia del vicinato, qualcuno infine le sussurrerà mezze parole sull’allegro comportamento di sua zia Sissy con gli uomini. Francie ascolterà e ogni parola sarà per lei una pugnalata al cuore, ma troverà, come sempre, la forza per reagire, poiché lei è una bambina destinata a diventare una donna sensibile e vera, forte come l’albero che, stretto fra il cemento di Brooklyn, alza rami sempre più alti al cielo.

Recensione

Una storia arriva a toccare le corde del nostro background in maniera soggettiva, così sotto gli occhi di ciascun lettore assume forma e dimensione differente, un prisma di emozioni che varia la visuale e il colore.

La storia di Francie che parte a Brooklyn nel 1912, è un’autobiografia travestita da romanzo di formazione, per alcuni versi è come per alcune leggi della matematica: il risultato non cambia.

Così con lei rivivo la povertà, la voglia di studiare, leggere, capire, mi rispecchio in quell’adolescenza scomoda ( per chi non lo è stata? ), tocco i sogni con un dito e capisco che, a volte, sono fatti di una sostanza che accompagna i sacrifici al dolore.

In questa vita fatta di stenti, Francie ha in sé quel valore che solo i poveri, ricchi di speranza, possiedono: la capacità di tenere stretta a sé una realtà fatta di contrapposizioni e la dolcezza dei piccoli gesti, delle piccole conquiste che profumano di gioia pura, di appagamento.

Una storia che tracima in molte altre, che ha con sé la paura di una guerra imminente, di un femminismo che prova a urlare nelle sue fastidiose cuciture del conformismo.

Un romanzo da rileggere perché Francie seduta sulla scala antincendio con un libro in mano, le caramelle bianche e rosa dentro la tazza sbeccata e un cuscino alle spalle sotto l’ombra di quell’albero imperterrito, è una scena che trasuda pace, ferma il tempo in un momento da rivivere all’infinito.

 

Betty Smith


Betty Smith, pseudonimo di Elisabeth Lillian Werner, nasce nel 1896 a Brooklyn da genitori figli di immigrati tedeschi. Scrittrice soprattutto di teatro, nel 1943 pubblica Un albero cresce a Brooklyn,  cui seguiranno Tomorrow will be better (1947), Maggie-Now (1958) e Joy in the morning (1963). Muore nel 1972.

 

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