Un altro eden




 UN ALTRO EDEN

di Paul Harding

Neri Pozza 2023

Massimo Ortelio (Traduttore)

narrativa, pag.224

Sinossi.Dalla fine del Settecento fino al 1912, l’isola di Malaga accolse una comunità di pescatori composta da afroamericani, bianchi poveri e altre etnie che avevano trovato rifugio su quel lembo di terra nel Golfo del Maine. Nel 1912, il governatore dello Stato decretò «lo sgombero dei quarantasette residenti e la traslazione delle salme dei loro defunti». Un atto che sancí con efferata violenza la fine di quella comunità. In Un altro Eden, con la grazia della sua impeccabile scrittura, Paul Harding ritorna su quella vicenda crudele per narrare una magnifica storia «fatta di poesia e luce solare», come ha scritto il New York Times.

Il romanzo si apre nel 1793 con l’arrivo ad Apple Island – cosí l’isola viene ribattezzata nella finzione letteraria – di Benjamin Honey, nero nato in schiavitú, e di sua moglie Patience, irlandese di Galway. Aspirante frutticultore, Benjamin Honey sbarca sull’isola con dodici sacchetti di iuta contenenti semi di diverse varietà di mele e, con ostinata pazienza, riesce a creare il suo piccolo Eden: un frutteto di trentadue meli. Piú di un secolo dopo, nel 1911, una manciata di esseri umani vive sull’isola: i discendenti di Benjamin e Patience Honey, innanzi tutto, Esther Honey e suo figlio Eha, i figli di Eha; le sorelle McDermott, che passano le giornate a lavare i panni e ad accudire tre orfani; i fratellastri Lark, abili pescatori dai capelli e dagli occhi incolori, ereditati da padri africani, mamme irlandesi e nonni svedesi, e i loro quattro figli, vaganti per l’isola come spettri gentili e affamati; la vecchia Annie Parker e Zachary Hand to God Proverbs che vive in un albero cavo. Gli abitanti di Apple Island conducono un’esistenza semplice e povera nel loro piccolo Eden, in cui ciascuno è libero di prendersi cura delle proprie ore e dei propri giorni. Ignorano, dunque, che qualcun altro possa decidere del loro tempo e decretarne addirittura la fine. Ignorano anche i tormenti di Matthew Diamond, il missionario bianco che ogni mattina rema fino all’isola per predicare e insegnare tutto lo scibile ai bambini. Fermamente convinto che ogni uomo è suo fratello, Matthew Diamond non può, tuttavia, fare a meno di provare un istintivo e viscerale senso di repulsione ogni volta che si trova, come afferma con candore in una lettera, «alla presenza di un negro». Angustiato dal senso di colpa, si rivela non soltanto impotente dinanzi alla distruzione della piccola comunità di Apple Island, decretata dai deliri eugenetici e razzisti dell’epoca, ma anche incapace di scorgere in quel lembo di terra un’antica verità della sua fede: che l’Eden è dei poveri e dei semplici.

 Recensione di Ilaria Bagnati

“Ed erano tutti lì gli Honey, la quarta, la quinta e la sesta generazione, distillato di padri angolani e nonni scozzesi, madri irlandesi e nonne congolesi, zii di Capo Verde e zie penobscot, con cugini a Dingle, Glasgow e Montserrat…”

Nell’isola di Malaga, nel Golfo del Maine, dalla fine del Settecento al 1912 visse una comunità di pescatori discendente da varie etnie: afroamericani, irlandesi, scozzesi e altre etnie. Esther Honey discende direttamente dai capostipiti, da coloro che per primi toccarono il suolo dell’isola.

Noè aveva l’arca. Gli Honey avevano Apple Island.

La piccola comunità di Apple Island (così ribattezzata) è costituita dai membri di un’unica famiglia, qui i padri si sono uniti alle figlie, i fratelli alle sorelle e così via. Questa è una delle accuse rivolta loro dal governatore dello Stato che nel 1912 sancí lo sgombero dell’isola e la fine della comunità.

Le idee suprematiste e razziste dell’epoca hanno portato allo sradicamento di una comunità che sí viveva poveramente, spesso senza un’istruzione, una sana igiene personale però viveva perlopiù serenamente. Apple Island per loro è sinonimo di casa anche se sanno che al di là dell’isola probabilmente c’è una vita migliore, più “facile”.

Un altro Eden è un romanzo ma può essere la storia di molti uomini, donne e bambini sradicati dalle loro terre, fatti schiavi, internati in manicomio perché non soddisfano le leggi dell’uomo bianco, istruito e timorato di Dio.

Harding ha avuto la grande capacità di scrivere un romanzo potente, capace di smuovere le coscienze, di indignarci.
La sua scrittura è lirica, poetica, umana senza mai essere pesante. 

Consiglio la lettura di Un altro Eden a chi ama la storia e le vicende che arrivano dritte al cuore.

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Paul Harding


ha insegnato scrittura creativa a Harvard e all’Università dello Iowa, ed è stato batterista in un gruppo rock con cui ha registrato due album e girato l’Europa in tour. Oggi vive a Georgetown, nel Massachusetts, con la moglie e i figli. Pubblicato negli Stati Uniti nel 2009 da una casa editrice indipendente, la piccola Bellevue Literary Press, L’ultimo inverno ha vinto nella sorpresa generale il premio Pulitzer 2010 e ha scalato le classifiche dei bestseller. Nel 2013 esce Enon, pubblicato in Italia dalle edizioni Neri Pozza.