Un gelido inverno




Un gelido inverno per Pike

Recensione di Alessio Balzaretti


Autore:​ Benjamin Whitmer

Editore:​ Elliot

Traduzione:Marco Piva

Genere: Romanzo Noir

Pagine: 224

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Dopo aver scontato le sue colpe di gioventù, Douglas Pike è tornato nella città natale sui monti Appalachi, dove, insieme al giovane socio Rory, fa del suo meglio per condurre una vita dignitosa. Ma il precario equilibrio esistenziale di Pike si interrompe quando la notizia della morte della figlia arriva insieme a una nipote di dodici anni di cui prendersi cura. Entrare nella parte del nonno non è facile per un uomo che non è mai stato capace di pensare ad altri che a se stesso. Eppure, davanti all’ambiguo interesse per la bambina da parte di Derrick Krieger (poliziotto corrotto in fuga da Cincinnati), in Pike si risvegliano un inaspettato sentimento di protezione e il desiderio di saperne di più sulla figlia e sulla sua morte. In una giungla urbana popolata da emarginati e senzatetto, si scatena una violenta caccia senza prede ma con tre predatori, Krieger da una parte e Pike e Rorydall’altra, protagonisti di un noir «di incredibile oscurità, violenza, bellezza e forza».

Recensione

Finalmente Noir! Era molto tempo che non mi rilassavo nelle atmosfere ovattate, da bar fumosi di periferia, tra sguardi pungenti e attese infinite, circondato da quella sensazione di qualcosa che deve accadere da un momento all’altro, che solo il noir sa regalare.

Un gelido inverno per Pike è lo spaccato di una vita controversa e di un personaggio che non vuole spiegare se stesso agli altri e non chiede pareri.

Un tipo per cui le emozioni vagano, senza vie di mezzo, tra un tiro di sigaretta e gli incontri di pugilato del suo amico Rory che lo accompagna quasi venerandolo solo per il fatto di essere un uomo che nella vita ha potuto decidere per se.

C’è però qualcosa, o meglio qualcuno, che spezza la quiete nell’inverno dell’esistenza di Pike e questa è Wendy, la nipote sbucata dal nulla, sempre che tra i nulla della vita ci si voglia mettere anche una figlia sconosciuta e abbandonata.

La morte di Sarah gli concede un’eredità che sa di fregatura, soprattutto quando il passato sembra sepolto sotto la cenere di una gioventù bruciata nei sobborghi di Cincinnati.

Pike non cerca redenzione e forse non è nemmeno pentito fino in fondo di ciò che ha fatto, tuttavia, possiede un senso di onore e giustizia talmente solidi da andare oltre qualsiasi naturale limite che possa sentirsi addosso chi ha già fatto il suo tempo.

Parte così la caccia a chi ha ucciso Sarah e a chi sta applicando la legge in maniera indegna. Una rincorsa che è un crescendo, come una canzone fischiettata nella nebbia che arriva ad essere gridata a squarciagola.

Più che un testo è uno spartito, dove le pause hanno egual valore, se non superiore, rispetto alle note.

Ci sono amore e sentimenti in questa vicenda intrisa di violenza? Forse si, ma bisogna cercarliall’orizzonte, proprio come fa Pike quando, nel finale, attraversando il Texas, scruta in lontananza dove l’alba sa di libertà e di vita nuova, non per lui, ma per Wendy.

Benjamin Whitmer ci regala un romanzo vellutato e gelido al tempo stesso, con uno stile di scrittura risoluto e molto americano, pieno di paragoni stupendi e termini fuori vocabolario, con cui ci trasmette le sensazioni fisiche provate dai personaggi.

I dialoghi sono essenziali e asciutti ma, quelle poche parole, ci raccontano una marea di stati d’animo che diversamente sarebbe impossibile descrivere.

Quando si parla di noir, spesso, si accosta questo genere a romanzi potenzialmente, per lunghi tratti, noiosi. Personalmente, trovo che mai come in un romanzo di questo tipo, i momenti di quiete siano in realtà il combustibile pronto ad esplodere alla prima scintilla e il rumore delle sparatorie arriva più forte di quel che si possa pensare.

Il mio voto su quest’opera è ottimo e vorrei che risuonasse come un appello a leggere molto di più questo genere letterario che sta diventando, purtroppo, di nicchia ma che merita considerazione altissima.

     

 

Benjamin Whitmer


è nato e cresciuto in territori di controcultura che vanno dall’Ohio meridionale allo stato di New York. Uno dei suoi primi e più felici ricordi è di essere rimasto sul ciglio di una strada di campagna con sua madre, facendo l’autostop verso luoghi sconosciuti. Da allora è stato un operaio in fabbrica, un venditore di aspirapolveri, un convalescente, uno studente laureato, un caricatore di camion, un attivista, un armaiolo da cucina, uno squatter, un professore universitario, un lavapiatti, uno scrittore e un ladro. Vive con i suoi due figli in Colorado, dove trascorre la maggior parte del suo tempo libero narrando le storie locali e infestando le librerie, i tabaccai e i poligoni di tiro di Denver. Il suo primo romanzo, Pike, è stato pubblicato negli Stati Uniti nel 2010 da PM Press e in Francia nel 2012 da Éditions Gallmeister. Satan is Real: The Ballad of the Louvin Brothers , un libro di memorie scritto in collaborazione con Charlie Louvin, è stato pubblicato da Igniter Books nel 2012. Il suo ultimo romanzo, Cry Father , è stato pubblicato con grande successo di critica.

 

 

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