Un po’ meno di niente




Recensione di Francesca Marchesani


Autore: Vanni Sbragia

Editore: Fernandel

Genere: Thriller

Pagine: 184

Pubblicazione: Gennaio 2021

 

 

 

 

 

Sinossi. Vanni Sbragia è un dirigente di successo e uno scrittore di thriller e noir di media popolarità. Vive una vita in perenne equilibrio fra l’immagine ufficiale di marito fedele e padre di famiglia e la reale natura di fedifrago professionista e sessuomane incallito, capace di gestire un numero imprecisato di relazioni clandestine. Ma il fragile bastione che ha costruito a difesa della sua esistenza bipolare crolla nel momento in cui una delle sue amanti, l’editrice Vittoria Ravaglia, viene trovata uccisa da quindici coltellate nella sua casa torinese. Sbragia viene interrogato dalla polizia a causa di certi messaggi espliciti rinvenuti sul telefono della vittima. A nulla servirà l’alibi che lo scagiona da ogni sospetto: la notizia della sua relazione è ormai di pubblico dominio e la sua vita è destinata a cambiare per sempre. Nel disperato tentativo di salvare il salvabile tenterà di barattare il silenzio di una giornalista di gossip con alcune piccanti rivelazioni sul mondo dell’editoria. Sarà il suicidio definitivo che sancirà la sua trasformazione in una persona da evitare con cura per coloro che gli si professavano amici. Ma alla separazione da moglie e figlia, al pubblico ludibrio, all’esclusione dal giro degli autori che contano, farà da contraltare l’inatteso successo del suo nuovo libro, alimentato proprio dall’aura di scandalo che oramai si porta appresso, abilmente cavalcata da una editor senza scrupoli. Per Vanni Sbragia, solo contro tutti, libero da ogni condizionamento e senza più nulla da perdere, è arrivato il momento di fare i conti con se stesso e di scegliere cosa fare da grande. E forse troverà anche il modo per togliersi l’ennesima soddisfazione: quella di scoprire chi ha ucciso Vittoria Ravaglia.

 

Recensione

Vanni Sbragia è sia autore che protagonista del suo romanzo. Ed è proprio in queste pagine che dà il meglio (che poi è anche il peggio) di sé. Una critica spietata sul mondo dell’editoria che, per chi come me c’è dentro un minimo, non è così lontana dalla realtà. Non per forza il mondo dei libri deve essere qualcosa di romantico e poetico come pensiamo tutti.

Le case editrici, per quanto producano storie bellissime, sono pur sempre aziende, e le aziende devono pensare solamente a una cosa: fatturare.
Quindi si dà il benvenuto a libri di Youtuber e influencer, si scartano talenti che potrebbero essere promettenti ma che non farebbero vendere nulla perché troppo fuori dall’ordinario.

Sbragia dice la sua anche sul self publishing, i blogger e l’editoria a pagamento. Racconta situazioni in cui non è difficile trovarsi al giorno d’oggi.
Non è un personaggio per nulla empatico o che ti faccia venire voglia di essere suo amico. È duro e crudo ed è per questo che il lettore non si dispiace particolarmente quando gli succedono cose brutte, come di essere sospettato di omicidio.

Io non so chi si nasconda dietro questo pseudonimo, ma gli sono comunque grata per avermi fatto esplorare un mondo di cui spero di far parte, nonostante tutto il marcio che possa esserci intorno.

Mi ha fatto sorridere che, fra molti dei personaggi citati come suoi amici e colleghi, ci siano persone con cui ho contatti sui social.

Una lente d’ingrandimento per i profani dell’editoria ma anche un promemoria per chi già c’è dentro con un piede. Il tutto condito con un assassinio che ci sta sempre, come il prezzemolo.

 

 

Vanni Sbragia


Dietro allo pseudonimo di Vanni Sbragia si nasconde un autore italiano che da oltre dieci anni pubblica i suoi romanzi di genere Crime con alcuni fra i maggiori editori nazionali. Vincitore di premi prestigiosi e tradotto all’estero, con Un po’ meno di niente firma una satira ironica e feroce di un ambiente, quello dell’editoria italiana di genere, fatto di ipocrisie, spregiudicati calcoli commerciali, false amicizie, vizi privati e pubbliche virtù. Sbragia lo racconta in modo divertente e spietato, senza risparmiare l’autocritica e prendendo di mira quelli che considera i difetti più gravi di un sistema malato e sempre a un passo dal baratro.

 

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