Un tempo ingiusto




Recensione di Stefania Ceteroni


Autore: Gertrud Tinning

Traduttore: Bruno Berni

Editore: Mondadori

Genere: narrativa storica

Pagine: 384

Anno di pubblicazione: 2020

Sinossi. Copenaghen, 1885. Nelly Hansen e sua cognata Marie lavorano duramente tra le grandi macchine della Manifattura tessile Ruben a Frederiksberg. Quando un giorno Marie rimane vittima di un tremendo incidente, Nelly cerca inutilmente aiuto per portarla in ospedale, ottenendo solo resistenza e indifferenza da parte dei responsabili. Si rende conto sempre di più che la condizione di vita in fabbrica è disumana e vuole portare alla luce questa tremenda situazione. Una decisione coraggiosa che mette purtroppo in pericolo la sua vita e quella del suo vicino di casa Johannes, il giovane figlio di un fattore dello Jutland, da cui è molto attratta. Nel frattempo nella fattoria di Uldum Anna, la sorella di Johannes, deve fare una scelta che segnerà per sempre il corso della sua vita. La famiglia vuole che sposi Peder, ricco proprietario di una fattoria vicina, ma la ragazza ha altri piani. Quando viene a sapere che Johannes ha bisogno di aiuto, parte senza indugio per Copenaghen. Resta sconvolta e inorridita dalle ingiuste condizioni di vita degli operai nella grande città, e decide di iniziare una lotta per cambiare le cose. Lotta che costituirà una pietra miliare nella storia della Danimarca. Ambientato alla fine dell’Ottocento, nel periodo che ha preceduto il primo sciopero femminile al mondo e l’ascesa dei sindacati, Un tempo ingiusto è un romanzo commovente e realistico che, attraverso la storia di due giovani donne coraggiose che combattono per la giustizia, l’uguaglianza e la libertà, racconta un’epoca in cui in pochissimi godevano dei diritti civili che conosciamo oggi.

Recensione

Un tempo ingiusto è un romanzo che prende le mosse da vicende storiche reali.

La manifattura tessile Ruben – ambientazione principale della storia – è davvero esistita ed è stata, dal 1857 al 1927, uno dei più grandi luoghi di lavoro dell’epoca con manodopera femminile.

Così come erano reali le condizioni di lavoro misere, i pericoli sul lavoro tra quelle mura, per quelle donne che si chinavano sui telai o mettevano in ammollo le mani nella candeggina per strizzare i filati.

Ed altrettanto vero è che proprio da lì, da quell’azienda, prese le mosse il primo sciopero femminile in Danimarca con a capo una donna di cui si hanno scarse informazioni ma che riuscì a smuovere le coscienze e ad aprire una nuova epoca. E che, seppur con un nome inventato, ritroviamo nel romanzo. E’ lei la grande protagonista.

Nel leggere questo romanzo ho provato tante emozioni. Ho anche pensato che la narrazione stesse rallentando, ad un certo punto, per poi accorgermi che era tutto necessario per arrivare al fulcro del racconto.

L’autrice è abile nel proporre una storia importante prendendo anche in contropiede il lettore perché i personaggi che si immagina possano essere protagonisti nel leggere la prima parte cederanno poi il passo ad altri. Una sorpresa, questa scelta, che ho gradito. Sarebbe stato tutto troppo scontato altrimenti.

Molto efficaci le descrizioni degli ambienti, delle situazioni: ho avuto l’impressione di essere perennemente al freddo, al buio e tra odori molto particolari (quelli della fabbrica, dei vicoli, delle bettole, delle camere, della prigione) che quasi ho avuto la sensazione di sentire davvero.

Molto efficace anche la descrizione dei personaggi sia dal punto di vista fisico che umano. Dico “umano” perché li ho visti come persone, prima di tutto, non come operaie, contadini, accattoni, prigionieri. Mi è arrivato il lato umano di ognuno: le loro aspettative, le loro ambizioni ma anche il loro dolore e lo smarrimento davanti a situazioni inaspettate e del tutto diverse da quanto si potesse immaginare.

L’ambientazione storica mi ha fatto pensare a quanto studiato sui libri: la rivoluzione industriale, la necessità di produrre sempre di più e a prezzi sempre più bassi, il bisogno di lavorare anche a condizioni indecenti pur di potare a casa un tozzo di pane per famiglie numerose, il dover stare sempre a testa bassa per non rischiare una detrazione sulla paga o addirittura il licenziamento.

Le figure femminili sono dominanti. Si incrociano le vite di donne coraggiose, di donne capaci di lottare e di affrontare i problemi (piccoli o grandi che siano) a testa alta, anche a costo di perdere tutto.

Quelle maschili passano decisamente in secondo piano ma sono perfettamente in linea con la situazione dell’epoca: un padre attento ad un matrimonio favorevole della propria figlia pur di sollevare le proprie sorti (…ma che c’entra l’amore?), un uomo certo di poter sposare una donna solo perché povera e perché lui potrebbe rappresentare la svolta, un datore di lavoro che non compare mai in prima persona ma che si affida a persone fidate e senza scrupoli, forze dell’ordine (uomini) attente a tutto meno che a fare giustizia in nome di interessi superiori…

Ci sono anche personaggi maschili positivi: Johannes che mi ha fatto tanta compassione e un giornalista che avrà un ruolo importante in tutta la vicenda. Su tutti, però, dominano le donne. Le loro convinzioni, le loro scelte, il loro modo di combattere che non ha nulla da invidiare a coloro che, per antonomasia, portano i pantaloni.

Bel libro. L’ho letto con piacere pur avendo sofferto molto per quanto accaduto. Mi sono sentita piccola piccola, impotente. Ammetto di aver anche pensato di essere fortunata ad essere nata qui e ora.

A cura di Stefania Ceteroni

https://libri-stefania.blogspot.com

 

Gertrud Tinning


Gertrud Tinning ha lavorato per le Nazioni Unite in Kenya e Sri Lanka. Oggi insegna all’International College di Helsingør. “Un tempo ingiusto” è il suo secondo libro.

 

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