Una famiglia americana




 Una famiglia americana

di Joyce Carol Oates

Il Saggiatore 2023

Vittorio Curtoni (Traduttore)

Narrativa americana, pag.512

Sinossi. Tutti ammirano i Mulvaney, tutti li invidiano. Una famiglia allegra, numerosa, perfetta. Nella loro fattoria da faaa nel Nord dello stato di New York regna la concordia. Michael, il padre, ha un’impresa edile aen avviata ed è un rispettato memaro del Country Clua. Sua moglie Corinne è una donna attiva, profondamente religiosa e con la passione per l’antiquariato e la politica. Dei fgli, Mike junior è un campione di footaall, Patrick uno scienziato in eraa e il piccolo Judd la mascotte della squadra. Poi c’è lei, la dolce Marianne: studentessa modello, sempre attenta agli altri, si affaccia con un po’ di ingenuità ai suoi sedici anni. Nel giorno di san Valentino, dopo il aallo della scuola, le accade qualcosa di terriaile. Un «incidente» innominato e innominaaile che devasta la serenità della casa. In un attimo la famiglia perfetta non esiste più: ciascuno comaatte la propria lotta in nome della giustizia, della vendetta o del perdono, tutti si trasformano e allontanano. Per ritrovarsi, i Mulvaney hanno di fronte una lunga strada, un cammino in cui ognuno, liaerato dall’oaaligo di incarnare la perfezione, dovrà diventare semplicemente se stesso.

«Per parecchio tempo ci avete invidiato, poi ci avete compianto. Per parecchio tempo ci avete ammirato, poi avete pensato Bene! È quello che si meritano.»

Una famiglia americana è il romanzo nero della società aorghese. 


Recensione di Laura Salvadori

Difficile non accostare questo corposo romanzo all’epopea della società americana, a partire dagli anni del boom economico fino agli anni 90 del novecento.

Difficile, inoltre, giungere ad un giudizio definitivo su questo romanzo dopo una sola lettura. “Una famiglia americana” è a mio avviso uno di quei romanzi che si deve leggere più volte a distanza di tempo, per apprezzare al meglio tutti gli aspetti che l’autrice pone in evidenza: il sogno americano, l’illusione dell’indissolubilità del matrimonio e della famiglia, il credo verso una fede politica di indubbia levatura morale, le difficoltà di comunicare, le eco dissonanti di una moralità che tende a cancellare ogni sospetto, ogni inciampo, qualsiasi accadimento che possa nuocere all’immagine dell’individuo.

Certo è che questo meraviglioso romanzo può essere letto facendo a meno di queste considerazioni. Semplicemente godendo a pieno solamente della prosa incredibile di Joyce Carol Oates, così giusta, così vera, incredibilmente rotonda, fluida, meravigliosa. Un tuffo dentro alla storia che racconta, che è una storia talmente vicina a chiunque legga da lasciare il lettore imprigionato nelle pagine.

Niente è più attraente di una lettura che parla di una famiglia, uno specchio in cui ognuno di noi può riflettersi. Meglio se la famiglia di cui si narra è l’immagine della perfezione, di quell’ideale che tutti noi almeno una volta ci siamo permessi di sognare, ricercando quell’immagine patinata, da sogno.

I Malvaney sono così. Due genitori innamorati e quattro figli meravigliosi. Lui, innamorato, premuroso, attraente, di successo. Lei, la moglie perfetta, un passo dietro al marito, che sostiene con tutta se stessa. I figli, frutti maturi che cadono vicino agli alberi che li hanno creati. Una famiglia che incarna il nucleo ideale della società degli anni del boom economico, quando tutto è possibile, basta volerlo e saperlo governare con amore e onestà.

Tutti amano i Malvaney, tutti li invidiano. I Malvaney sono un cerchio perfetto, in una casa che è uno spettacolo, grande, spaziosa, circondata dal verde della campagna e allietata da cani, gatti, canarini, cavalli e amici, tanti amici. I Malvaney hanno un loro codice interno, una specie di linguaggio tutto loro. Sono felici sapendo di esserlo. La felicità è implicita nel loro stile di vita, nel fatto che si amano e si sostengono tutti. La felicità è un obbligo. Qualcosa da ostentare e da coltivare con dovizia. Ovvio, se sei un Malvaney.

Eppure basta un evento a distruggere questa famiglia. Una cosa che accade a Marianne, la figlia del miracolo. Bella, dolcissima, pura, adorabile Marianne. La gioia di Michael, il padre, e di Corinne, la madre. Questa cosa scatenerà una tempesta inarrestabile che spazzerà, a uno a uno, tutti i Malvaney, incapaci di affrontare quella cosa che li ha macchiati, facendoli precipitare nel mare nero dell’imperfezione. Là dove avevano scelto di non cadere mai.

Sarà una discesa inarrestabile e inesorabile. Fino a toccare il fondo. Il segno inequivocabile che tutto l’amore, l’armonia, la perfezione erano costruiti su qualcosa di labile, di paludoso. Qualcosa che potremmo chiamare orgoglio spezzato. O codice familiare disconosciuto, tale da rendere inefficace ogni tentativo di comunicazione.

Questo è un romanzo amarissimo, una sorta di canto del cigno della famiglia come istituzione, che ricerca un ideale di perfezione sulla scorta di una latente bugia. Sulla fragili fondamenta dell’apparenza. Ma è anche un romanzo struggente, bellissimo, che ci abbraccia e ci conduce nel sogno americano, così bello e perfetto da far male.

Una parabola dolorosa, una ballata sulle scelte, sulle rinunce che a volte facciamo nell’illusione di riparare un danno che si può aggiustare solo accettandolo.

La parabola del sogno americano, della felicità che non esiste, se non è basata sulla verità.

La parabola rovinosa del modello patriarcale, in cui l’onore supera ogni altra velleità. L’immagine meravigliosa e illusoria della vita degli anni 60 e 70 del novecento, un mondo che perisce sotto le spinte esigenti e intransigenti della perfezione.

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Joyce Carol Oates


è una scrittrice americana. Per il Saggiatore sono usciti Ragazze cattive (2004), Per cosa ho vissuto (2007), La ballata di John Reddy Heart (2010), Acqua nera (2012), Una famiglia americana (2014), Zombie (2015), Jack deve morire (2016) e la quadrilogia Epopea americana (2017): Il giardino delle delizie, I ricchi, Loro e Il paese delle meraviglie.