Voci nel silenzio




 Recensione di Sabrina De Bastiani


Autore: Bruno Morchio

Editore: Garzanti

Collana: Narratori moderni

Anno edizione: 2020

Pagine: 192 p., Brossura

Con Voci nel silenzio Bruno Morchio scava nell’intimo del suo personaggio più amato, l’investigatore dei carruggi Bacci Pagano. Presente e passato si intrecciano magistralmente a disegnare il ritratto, lucido e spietato, non solo di alcune pagine mai dimenticate della storia del nostro paese, ma soprattutto di chi, con quei giorni, non è riuscito a fare pace.

«L’investigatore che ha conquistato i lettori italiani» – Il Secolo XIX

«Bruno Morchio, giallista dalle atmosfere investigative d’antan» – La Gazzetta del Mezzogiorno

Sinossi. Aprile 2020: l’Italia è immersa nel silenzio agghiacciante del coprifuoco sanitario decretato dal governo per contrastare la diffusione della pandemia. All’improvviso, il trillo del telefono sorprende Bacci Pagano e una telefonata inaspettata lo fa ripiombare negli anni più bui della sua esistenza: quelli trascorsi in carcere a seguito di un’ingiusta condanna per terrorismo. A cercarlo è la figlia di un ex brigatista, Beppe Bortoli, che l’investigatore genovese anni prima ha scagionato dall’accusa di omicidio. Di lì a poco, la ragazza gli fa pervenire in busta chiusa una lettera del padre, di cui ignora il contenuto, e sulla quale gli chiede di investigare. E mentre la vecchia indagine riprende vita, una nuova ne scaturisce, improbabile perché condotta senza uscire di casa (o quasi). Ad aiutare Bacci, con informazioni e consigli, le voci degli amici di sempre – il vicequestore in pensione Totò Pertusiello e l’ex guardia carceraria Virgilio Loi – e della sua nuova fiamma, la maestra elementare Giulia Corsini. Ma un silenzio ancora più inquietante lo attende: quello esalato da una memoria frammentata e confusa, popolata dagli spettri del passato. Le losche macchinazioni di un presunto rivoluzionario che a Pagano è sempre sembrato un baro, un «uomo mediocre», l’epifania d’una breve storia d’amore consumata in una piantagione di Cuba, le ferite d’un passato a cui neanche l’oblio può recare sollievo, porteranno l’investigatore a misurarsi con un tragico dilemma: raccontare quello che ha scoperto, e liberarsene, o reggere fino in fondo l’insostenibile peso della verità?

Recensione


Sono i sussulti dell’anima”, ha ribattuto. “Quello che mi hai raccontato scuoterebbe il tronco di una quercia, ti sei infilato in una casa infestata dagli spettri.” 

Tanto, tantissimo, del nuovo Bacci Pagano di Bruno Morchio, sta nei due termini ossimoro che compongono il titolo: voci e silenzio.

Complice il lockdown che ci ha sigillato in spazi ben confinati e ci ha, inevitabilmente, elargito tempo da spendere con noi stessi.

Condizioni ideali, seppur  in vitro,  per dare suono alle voci che ci portiamo dentro e che nel silenzio si fanno urlo.

Soprattutto se la voce nel silenzio è quella di Bacci Pagano.

Personaggio iconico ed amatissimo, reale e mutevole, mai uguale a se stesso  eppure coerente nei  propri moti.

Animo ondivago, dall’apparenza quieta di lago e dalle profondità tumultuose.

Un mix letale, la collisione  tra  l’investigatore, confinato tra le mura domestiche, e un caso freddo, che lo riguarda molto, fin troppo, da vicino, sul quale indagare.

(…) Non era difficile, bastava accampare la scusa più ovvia: condurre un’indagine senza uscire di casa era un’impresa impossibile. Mi ero ripromesso di non avere più niente a che fare con quell’uomo, il suo ricordo mi faceva ripiombare nell’inferno degli anni Settanta, quelli che si erano ingoiati un pezzo della mia giovinezza. E, tuttavia, qualcosa mi tratteneva.

Se questa volta, per irruzione del reale nella narrazione, non percorriamo con Pagano i carruggi genovesi, non respiriamo mugugno e salmastro, è pur sempre un viaggio quello che affrontiamo nelle pagine.

Un viaggio nei ricordi di un passato che lungi dall’essere cristallizzato è entità in divenire, tassello dopo tassello

Non dirmi che ti sei lasciato fregare dalla nostalgia.”

“Tutto il contrario: è il desiderio di rimettere a posto le cose.  La nostalgia è una sorta di smalto che tiriamo sul passato per renderlo allettante e coprirne le ferite. Qui è pieno di spine, sottintesi e nodi in sospeso. C’è di che affogare nella merda.”

fino a ricomporsi in un finale che è un peana del Noir, un finale di verità che si realizza nella capacità di saperla (sop)portare, questa verità, con la  dignità di chi indossa un abito sgualcito come fosse il migliore.

 

 

Bruno Morchio


Laureato in Lettere, psicologo e psicoterapeuta. Ha pubblicato articoli su riviste di letteratura, psicologia e psicoanalisi ed è autore di numerosi romanzi (definiti di genere «noir mediterraneo»), che hanno due protagonisti: l’investigatore privato Bacci Pagano (il «detective dei carruggi») e Genova, l’amata città d’origine di Morchio. Tra gli scritti apparsi in edizione Garzanti ricordiamo: Con la morte non si tratta (2006), Le cose che non ti ho detto (2007), Rossoamaro (2008), Colpi di coda (2010), Il profumo delle bugie (2012, finalista del Premio Bancarella 2013), Lo spaventapasseri (2013, con il quale vince il Premio Lomellina in Giallo del 2014), Un conto aperto con la morte (2014), Il profumo delle bugie (2015), Fragili verità. Il ritorno di Bacci Pagano (2016), Con la morte non si tratta (2018), Uno sporco lavoro (2018) e Le sigarette del manager (2019). Del 2014 è anche I semi del male (Rizzoli), raccolta di cinque racconti a cura dello stesso Morchio, di Carlo Bonini, Sandrone Dazieri, Giancarlo De Cataldo, Marcello Fois ed Enrico Pandiani. Nel 2015 è uscito, sempre per Rizzoli, Il testamento del Greco, e nel 2017 il noir Un piede in due scarpe.

 

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