Recensione di Francesco Morra
Autore: Valentina Maini
Editore: Bollati Boringhieri
Genere: Narrativa
Pagine: 496
Anno di pubblicazione: 2020
Sinossi. Siamo nel 2007 in una Bilbao psichedelica, sfinita dagli ultimi fendenti del terrorismo basco. Gorane e Jokin hanno venticinque anni, sono gemelli e figli di due militanti dell’ETA. Cresciuti senza regole, prendono direzioni opposte e complementari: del tutto accondiscendente e passivo, Jokin, batterista eroinomane, sembra ricalcare le orme dei genitori, mentre Gorane, ambigua e introversa, prova a scostarsi dal loro insegnamento rifugiandosi in un mondo astratto che prosegue dentro di sé. A unirli però c’è un sentimento viscerale, anarchico, incomprimibile. Quando Jokin – che non regge più alla pressione – fugge e i genitori vengono coinvolti in una tragica vicenda, Gorane è preda di strane allucinazioni che la costringono ad andare da uno psichiatra. A Parigi Jokin conosce Germana, una splendida ragazza italofrancese con bizzarre manie da piromane, e inizia a suonare in giro per locali con un gruppo drum‘n‘bass. Eppure, nonostante la distanza fisica, le vite dei gemelli sembrano destinate a non separarsi mai. Sarà infatti il romanzo di uno scrittore francese a ricongiungerli. “La mischia” è un’opera polifonica, un mondo che collega la realtà ai nostri sogni più reconditi, un mondo dove l’unica forza trainante sembra essere quella cieca della violenza. Può la libertà – fragile e illusoria conquista del nostro tempo – rivelarsi uno strumento di tortura che occulta gabbie che non avevamo previsto?
Recensione
Mio fratello si chiama Jokin, sto andando a riprenderlo. Senza di me, si perde, senza di lui non vado da nessuna parte.
Durante il lockdown è uscito per Bollati Boringhieri nella collana Varianti, il romanzo d’esordio di Valentina Maini intitolato La mischia. Un libro di circa 500 pagine strutturato in tre parti. Il libro è straordinario per contenuti e stile. Si ravvisa una sperimentazione a tratti spaesante, principalmente nei capitoli della prima parte dal titolo Gorane e Arrautza.
I gemelli Jokin e Gorane sono figli di terroristi dell’ETA. Il maschio eroinomane e batterista scappa di casa e si rifugia a Parigi mentre la sorella ha una fragilità emotiva che sfocia in un disagio esistenziale.
Le pagine ci accompagnano alla scoperta del vissuto dei due ragazzi e il gioco narrativo ci fa ricredere su alcuni punti delle storie dei personaggi che vengono rivisitate con rivelazioni nel corso del progredire del narrato.
Jokin fugge e scappa, ha amori fugaci e si dedica ad un vivere perennemente in attesa dove gli altri sono comparse e tutto ciò che fanno gli scivola addosso.
Gorane impazzisce, vede i genitori defunti e delira, poi andrà alla ricerca di se stessa volendo scoprire dove si trova il fratello.
Entrambi i gemelli hanno la dipendenza come feticcio esterno, un bastone che li sorregge nel loro percorso quotidiano. La droga per lui, che diventa preponderante e ingloba in parte anche la musica. Lei ha nella ricerca del fratello e nel vedersi incompleta senza di lui, una vera e propria ossessione.
Essere basco significa essere unico, isolato,minore e speciale, la mia versione è che essere basco non significa niente.
Il terrorismo è una cornice che non ingombra e appesantisce la trama. Sì i genitori e l’ideologia del separatismo forma quella famiglia da cui provengono i Moraza, la distrugge frantumandola.Vengono denunciate fermamente le barbarie e gli attentati senza alcun cedimento retorico.
Il padre e la madre Moraza in un capitolo, quello intitolato Arrautza, parlano assieme fondendosi in una voce unica raccontando del loro amore e affetto verso i figli e di come li hanno educati,trattandoli sempre da adulti e fornendogli una vita senza regole e con ampie libertà. Questa assenza di recinti polverizzerà le esistenze dei due gemelli assieme al volerli rendere parte integrante della battaglia cruenta e sanguinaria del terrorismo basco.
Si fa fatica alle prime pagine, vi è disorientamento, ma proseguendo la trama è dirompente.
Un romanzo che distrugge e costruisce. L’indifferenza di Jokin e la voglia di ricostruirsi di Goranesono complementari. Sono un doppio, ma letti in un unico, ci regalano tra le storie più interessanti del panorama letterario italiano.
La gente è terrorizzata dal presente,perché nel presente siamo tutti vulnerabili, non abbiamo le armi del ricordo e delle aspettative, siamo nell’onda, un’onda che non riusciamo a vedere e che la maggior parte delle volte ci sovrasta. Ma è solo nel presente che possiamo essere invincibili.
Sapiente l’utilizzo di inserti quali i verbali di polizia e delle sedute dello psicologo.
In questo libro troviamo anche riflessioni su cosa sia amare e come si declini questo sentimento dall’affetto alla passione e attrazione sia mentale che fisica. Le riflessioni sull’editoria e la letteratura che fa l’editore del padre scrittore di Germana, personaggio secondario ma fondamentale, sono da leggere e rileggere. La Maini fa dire ad esempio a questo personaggio, che conta il passaparola e come la critica a volte si arrende nell’essere uno scambio di favori e pacche sulle spalle tra amici.
Si parla anche di psicologia e approcci terapeutici sperimentali. Si dosa sapientemente realtà e astrazione. La vita è una mischia pare voglia sottolineare la Maini. Entriamo in un mondo frutto deltalento della scrittrice naturale e non costruito. Questo è il suo primo romanzo che alimenta grandi aspettative per le prossime sue opere. Una folgorazione e una scrittura che cesella senza sbavature.
Abbiamo care le vite di Gorane e Jokin scopriamo con loro quanto l’esistenza gli riserva. Una lettura estremamente appagante che rinfranca e dimostra quanti ottimi scrittori italiani abbiamo e che bisogna solo leggere, per scoprire dei grandi romanzi. Tutti devono leggere e lasciarsi conquistare da questo romanzo. Facciamo passaparola.
Io non sopporto le mescolanze perché ci sono cresciuta nella mischia
A cura di Francesco Morra
Valentina Maini
è nata nel 1987 a Bologna. Ha conseguito un dottorato in Letterature comparate tra Bologna e Parigi e ha pubblicato racconti su «retabloid», «TerraNullius», «Atti Impuri», «Horizonte» e altre riviste. Alcuni suoi articoli sono comparsi su «Poetiche», «La Deleuziana», i «Classiques Garnier». Con la raccolta di poesie Casa rotta, (2016) ha vinto il premio letterario Anna Osti. Traduce dal francese e dall’inglese.
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