A cura di Liliana Marchesi
Buongiorno Lettori
e benvenuti al primo appuntamento con la rubrica Lettori Divergenti. Ho pensato a lungo su come aprire le danze e, alla fine, ho deciso di partire dalle basi, per dare a tutti voi le giuste armi per intraprendere questo viaggio insieme a me.
Direi che è fondamentale partire dalla parola DISTOPIA.
Cosa significa?
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Vi evito il passaggio su Google e vi trascrivo qui la definizione data dal noto amico Wikipedia.
“Per Distopia si intende una immaginaria società o comunità altamente indesiderabile o spaventosa. Il termine, da pronunciarsi “distopìa“, è stato coniato in contrapposizione a utopia ed è utilizzato soprattutto per descrivere un’ipotetica società (spesso collocata nel futuro) nella quale alcune tendenze sociali, politiche e tecnologiche percepite come negative o pericolose sono portate al loro limite estremo.”
Tutto chiaro suppongo.
Io, però, voglio essere sicura che abbiate capito, quindi accomodatevi e immaginatevi di essere seduti insieme a me a un caffè parigino posto all’ombra della Tour Eiffel (ho un’inspiegabile fissa per questo monumento, quindi non fate domande sulla location…). Mentre sorseggiamo i nostri caffè (facendo finta che siano buoni dato che a Parigi non lo sono per niente), proverò a darvi un’ulteriore spiegazione su cosa è Distopico.
Immaginate il mondo come un’enorme discarica. Potrei dire supermercato o dispensa, ma la parola discarica aiuta a farvi entrare nell’atmosfera giusta. Dicevo, immaginate il mondo come fosse una grande discarica di problemi. Sceglietene uno, gonfiatelo all’ennesima potenza e otterrete un palloncino pieno di Distopia.
Un esempio pratico?
Il problema dell’inquinamento è a livelli già esorbitanti, ma se noi, nella nostra testa, lo portassimo al limite più estremo cosa otterremmo?
Un futuro in cui l’aria è praticamente irrespirabile per via delle tossine rilasciate dalle fabbriche che ventiquattrore su ventiquattro lavorano per smaltire e rigenerare la plastica che ormai ha sommerso il pianeta. Tutti gli altri materiali non esisterebbero più. Si avrebbe solo ed esclusivamente plastica. Vi immaginate? Vestiti di plastica?
Per darvi un’idea più chiara ho fatto un salto nel futuro con la mia Distopic Machine e ho scattato queste diapositive per voi. (P.s. Poi dicono che la Distopia è fantascienza, ma di questo parleremo più avanti)
Forse qualche maschietto potrebbe non essere poi così dispiaciuto riguardo ai vestiti di plastica, ma sappiate che non sono tutti trasparenti.
A questo punto credo di avervi illuminato a sufficienza sul termine Distopia.
Vi assicuro però che siamo solo agli inizi.
Ora, dato che dalla regia mi fanno segno di tagliare, mi limiterò a citarvi alcuni titoli classici del genere. Forse qualcuno di voi li avrà letti a scuola, senza sapere di avere in mano libri di grande valore, ma se avete tempo, vi suggerisco di leggerli ora che siete adulti e che potete constatare con i vostri occhi quanto la nostra realtà attuale si sposa con l’immaginario degli autori del passato.
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Il primo titolo che dovete conoscere è senza dubbio “1984” diGeorge Orwell che proprio quest’anno festeggia il settantesimo anniversario dalla pubblicazione.
Il secondo titolo è “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury.
Questi due romanzi rientrano fra i classici del genere Distopico, insieme ad altre perle che potete trovare sul nostro blog (attenzione non sito, ma blogwww.leggeredistopico.wordpress.com) alla voce del menù Grandi Classici.
Direi che per oggi può bastare. Spero di avervi incuriosito e vi invito, se ne avete voglia, a lasciarmi i vostri commenti su quanto ho scritto.
Torno nel mio Bunker a pianificare il prossimo attacco.
Alla prossima!
A cura di
Liliana Marchesi